Coronavirus, carceri in rivolta, altri 3 detenuti morti a Rieti. Nuove proteste a Siracusa e Caserta, a Milano salgono sui tetti. A Foggia evasione di massa: 23 ancora ricercati

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Continuano le proteste nelle carceri: a Rieti tre detenuti sono morti dopo aver assunto farmaci rubati dall’infermeria. Ieri la sommossa è andata avanti per ore: cinquanta detenuti circa hanno saccheggiato l’infermeria e sono saliti sul tetto. Altri 8 sono stati trasportati in ospedale, di questi 3 sono attualmente ricoverati in terapia intensiva, mentre un altro detenuto, più grave, è stato trasferito in elicottero a Roma.Altre 7 persone erano già morte, dopo i disordini nel carcere di Modena: secondo le prime indagini, avevano assunto psicofarmaci rubati dal cassetto delle medicine dopo l’assalto all’infermeria del carcere. I quattro reclusi sono morti nelle carceri di Verona, Parma, Ascoli Piceno e Alessandria, dove erano stati trasferiti in seguito alla sommossa.

Dopo i disordini di domenica e lunedì in 22 istituti in tutt’Italia, da Modena a Palermo, nella notte nuove rivolte si sono verificate a Siracusa, nel carcere di Cavadonna, dove settanta detenuti hanno dato alle fiamme le lenzuola e hanno danneggiato versi arredi. Ad Aversa, nel Casertano, durante il cambio di turno di mezzanotte, i detenuti hanno protestato rumorosamente sbattendo oggetti contro le inferriate e bruciando pezzi di carta nelle loro celle. I motivi, in tutti gli istituti, sono gli stessi: molti chiedono l’amnistia, lamentando la paura del contagio del coronavirus. Altri hanno protestato perché le misure varate dal governo per combattere l’emergenza comprendono anche una serie di restrizioni ai colloqui con i parenti.

A Foggia continuano le ricerche di 23 evasi: tra cui persone legate alla mafia garganica e un condannato per omicidio, Cristoforo Aghilar, il 36enne che il 28 ottobre scorso ha ucciso ad Orta Nova Filomena Bruno, 53 anni, mamma della sua ex fidanzata. Ieri, approfittando dei disordini, 77 detenuti sono riusciti a fuggire: 54 sono stati già catturati, tra cui due persone che hanno scelto di costituirsi. Al momento per tutti l’accusa è di evasione, e successivamente sarà analizzata la posizione di ogni singolo detenuto.

Situazione rientrata alla normalità a Melfi (Potenza) dove, dopo circa dieci ore di proteste, sono stati liberati i nove ostaggi – quattro agenti della polizia penitenziaria e cinque operatori sanitari – e i detenuti sono rientrati nelle sezioni. Situazione sotto controllo anche ad Alessandria.

La situazione ha provocato reazioni da parte della politica: l’opposizione hanno auspicato l’intervento dell’esercito, mentre i renziani hanno chiesto al ministro della giustizia Alfonso Bonafede di riferire il Parlamento. L’informativa del guardasigilli è stata fissata per mercoledì 11 marzo alle ore 17. In serata, a leggere il bilancio del Dipartimento della amministrazione penitenziaria, in molti istituti la situazione non è ancora rientrata e i disordini sono ancora in corso.

Il riassunto di una giornata di rivolta – Le proteste sono iniziate domenica, a Frosinone e a Modena, dove la sommossa si è conclusa con 7 detenuti morti. Detenuti in rivolta a Piacenza, Ferrara, Reggio Emilia e Bologna. Disordini a San Vittore a Milano e a Rebibbia a Roma, con le infermerie assaltate: fuori dal carcere romano si sono radunati i familiari dei detenuti, che per qualche ora hanno bloccato la via Tiburtina. Situazione tornata alla normalità a Regina Coeli, dopo i roghi appiccati per protesta. A Pavia due poliziotti tratti in ostaggio poi sono stati liberati. Analoghe scene di protesta a Napoli e Salerno, a Torino e Alessandria. Le agitazioni e le rivolte delle scorse ore hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine anche a Frosinone, Alessandria, Lecce, Bari e Vercelli. Caos anche a Prato. Danneggiato l’istituto penitenziario di Salerno, dove la rivolta è terminata ieri, mentre proseguono le proteste a Poggioreale, con danneggiamenti, ad Ariano Irpino e a Santa Maria Capua Vetere dove c’è stata una vera e propria rivolta. Numerosi i danni a Frosinone e a Cassino, dove si sono registrati numerosi danneggiamenti, ma prosegue quella all’Ucciardone a Palermo.

“Le mafie dietro le rivolte” – “È nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri e i provvedimenti presi hanno proprio la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria, ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”, ha detto il ministro della Giustizia. Da segnalare il commento di Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, che sottolinea come le proteste siano cominciate contemporaneamente in tutto il Paese: “La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo – ha detto Pianese – C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata. È in atto, infatti una evidente strategia che tenta di approfittare delle difficoltà causate dell’emergenza Coronavirus“.

A Foggia evasioni di massa – La situazione peggiore si è registrata a Foggia, con oltre 70 detenuti detenuti evasi: 23 sono ancora in fuga, 2 si sono costituiti e gli altri sono stati catturati nella giornata di ieri. In un caso i fuggitivi hanno rapinato un meccanico di auto e attrezzi nella zona del Villaggio Artigiani, l’area nella quale si trova il carcere. Alcuni esercizi commerciali hanno affisso all’ingresso dei cartelli di avviso ai clienti nei quali si spiegava che, per motivi di sicurezza, rimangono momentaneamente chiusi. Quattro detenuti evasi sono stati fermati sulla tangenziale di Bari: avevano appena rubato un’auto, intercettata grazie al numero di targa. Nel frattempo il penitenziario foggiano, secondo alcune fonti della polizia, era finito completamente in mano ai rivoltosi, che hanno rotto le finestre e divelto un cancello della block house, la zona che li separa dalla strada. All’ingresso della casa circondariale è stato appiccato un incendio. I carcerati hanno gridato: “Vogliamo l’indulto e l’amnistia, non possiamo stare così con il rischio del Corinavirus. Noi viviamo peggio di voi, viviamo nell’inferno”. Nella casa circondariale attualmente ci sono 608 detenuti, numero al di sopra della capienza ottimale che sarebbe di 365. “La situazione è critica, gli assistenti che non vogliono lavorare, ci tengono chiusi 24 ore su 24. Ci trattano come animali”, ha detto un giovane detenuto che durante la protesta è rimasto ferito al capo. All’esterno dell’istituto anche i parenti di alcuni detenuti che, prima di essere allontanati, hanno cercato di far ragionare i carcerati per riportarli alla calma: “Se fate così è peggio, dovete stare tranquilli”. Un agente di polizia penitenziaria ha raccontato di “scene apocalittiche“. “Non abbiamo il potere di niente, ci sono cordoni di forze dell’ordine ma non c’è più controllo – dice – Siamo tutti qua fuori, i detenuti hanno il controllo del carcere”.

A Milano detenuti sul tetto – Caos anche nel carcere di San Vittore, nel centro di Milano, dove la protesta è esplosa di prima mattina: i detenuti hanno preso il terzo o il quinto raggio, distruggendo gli ambulatori, dopo essersi impossessati di alcune chiavi di servizio. Dalla strada adiacente al carcere si vedevano carta e stracci, a cui è stato dato fuoco, attaccati alle grate di una finestra e getti d’acqua per contenere le fiamme. Almeno una quindicina di detenuti è salita sul tetto. Molti avevano il cappuccio della felpa alzato, o il volto nascosto da una sciarpa. “Libertà, vogliamo la libertà“, urlavano, alzando le braccia al cielo, invocando la scarcerazione immediata. “La situazione qui a San Vittore è grave e sta peggiorando. C’è fuoco nelle celle, nei corridoi, esce dalle grate, si vede il fumo nero. Con il personale all’interno non è possibile comunicare, la rivolta è ancora in atto e non si sa nemmeno se ci sono feriti, non ci sono dichiarazioni attendibili”, ha detto Alfonso Greco, segretario regionale del Sappe Lombardia. “Sappiamo solo che la situazione è grave – ha spiegato – ho 27 anni di servizio ed è la prima volta nella mia carriera che assisto ad una cosa del genere. I colleghi dentro hanno il cellulare spento, non sappiamo nemmeno come stanno. La rivolta si sta propagando e l’Amministrazione ora deve fare prevenzione in virtù di quello che sta succedendo”. Sul posto la pm Laura Nobili, il collega di turno Gaetano Ruta e il questore di Milano Sergio Bracco oltre al direttore del carcere che hanno fatto cessare le proteste. Per favorire le trattativa è stata usata anche una gru con cestello dei vigili del fuoco.

Palermo, strade bloccate – Momenti di tensione pure al carcere Ucciardone di Palermo, dove c’è stato anche un tentativo di evasione subito contenuto. Diversi detenuti hanno scavalcato i passeggi ma sono ancora all’interno della cinta muraria del carcere. Il carcere, che è nel centro città del capoluogo siciliano, è stato circondato da poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Tutte le vie di accesso sono state chiuse al traffico. Presenti anche dei familiari di detenuti che gridavano all’indirizzo dei loro congiunti. La situazione si è normalizzata dopo alcune ore.

Roma, parenti detenuti bloccano Tiburtina – Alle 14, invece, diverse squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute all’interno del carcere di Rebibbia a Roma, visto che alcuni focolai sono divampati nei diversi bracci del penitenziario. Presenti sul posto insieme ai carabinieri le squadre di Nomentano, Rustica, Funzionario di Guardia, capo Turno provinciale con l’ausilio di un’autoscala, un’autobotte, il carro teli, il carro autoprotettori e i Carabinieri. La protesta è cominciata quando i detenuti hanno iniziato a battere i ferri sulle sbarre del reparto G11 nuovo complesso. Intanto i parenti dei carcerati, donne soprattutto con bambini al seguito, hanno bloccato la via Tiburtina solidali alla protesta. Fumo viene segnalato all’interno di Regina Coeli. Sul posto agenti delle forze dell’ordine. Proteste anche a Torino: i detenuti di quattro sezioni si sono barricati nel Padiglione B delle Vallette. Tensioni anche al don Soria di Alessandria, dove i detenuti hanno incendiato lenzuola.

“Bologna in mano ai detenuti”- Caos anche a Rieti, a Santa Maria Capua a Vetere, Trani e a Bologna. “I detenuti si sono ormai impossessati del carcere e il personale è fuori, con il supporto delle altre Forze dell’ordine”, ha fatto sapere il sindacato Sappe sulla situazione del carcere bolognese della Dozza. Nel carcere di Villa Andreino alla Spezia la direttrice Maria Cristina Biggi e alcuni operatori sono “asserragliati all’interno per cercare di riportare la situazione alla calma” ha raccontato un operatore, mentre alcuni detenuti sono saliti sul cornicione. Intorno alla struttura si sono dispiegate decine di auto delle forze dell’ordine per questioni di sicurezza ed evitare eventuali tentativi di evasione. Nel carcere spezzino ci sono 225 detenuti, per una capienza di 160.

A Modena sette morti – Ieri una serie di proteste erano scoppiate in numerosi penitenziari di tutta Italia. Quella più violenta nel carcere di Modena, dove sei detenuti sono morti. Il motivi del decessi, però, sono legati a overdose da psicofarmaci. Durante la rivolta infatti si è verificato un assalto all’infermeria, da cui erano stati prelevati diversi farmaci. Nel dettaglio un detenuto è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre un terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato. Oltre ai tre morti, altri detenuti sono stati portati in ospedale. Sei sono considerati più gravi, portati nei pronto soccorsi cittadini e di questi quattro sono in prognosi riservata, terapia intensiva. In tutto sono 18 i pazienti trattati, in gran parte per intossicazione. Ferite lievi anche per tre guardie e sette sanitari. Altri tre detenuti sono morti in altri penitenziari – Verona e Alessandria – ma provenivano sempre dal carcere di Modena. Anche un detenuto morto nel carcere di Parma proveniva da Modena. Il settimo morto è deceduto nel carcere di San Benedetto del Tronto.

A Pavia due agenti sequestrati – Rivolta nella serata di ieri anche in carcere a Reggio Emilia: l’agitazione dei detenuti è iniziata nel pomeriggio e si è conclusa intorno alle 23. È stata coinvolta anche l’infermeria, ma non si ha notizia di feriti. Manifestazioni si sono registrate anche nei penitenziari di Frosinone, Poggioreale, e Pavia, dove i carcerati hanno preso in ostaggio due agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere lombardo sono arrivati alcuni agenti di rinforzo, partiti dalle carceri milanesi di San Vittore e Opera. Solo a tarda notte i detenuti sono rientrati nelle celle, dopo essere scesi dai tetti e dai camminamenti dove si erano asserragliati, dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti.

A Melfi sequestrati 4 agenti di polizia penitenziaria e 5 operatori sanitari – Nove persone sono state tenute in ostaggio dai detenuti che si sono rivoltati nel carcere di Melfi (Potenza) per protestare contro le restrizioni decise per il coronavirus. Secondo quanto si è appreso, si trattava di quattro agenti della polizia penitenziaria e cinque operatori sanitari che sono stati liberati nella notte. I rivoltosi controllavano la zona del carcere in cui si trova l’infermeria. Altri reclusi invece hanno cercato di sfondare per salire sul tetto: è lo scenario descritto da Giuseppe Cappiello, vicesegretario del sindacato di polizia penitenziaria Osapp in Basilicata. “È l’unico carcere di massima sicurezza in Italia oggi in rivolta. Da quello che ho saputo – ha raccontato il sindacalista – la situazione è complicata. All’esterno si trovano molti uomini di polizia e carabinieri. All’interno ci sono cento detenuti circa. Al primo piano si trovano la prima e la seconda sezione del carcere i cui detenuti non sono tornati nelle celle e tengono tre colleghi in ostaggio. Un’altra sezione – ha spiegato – pare stia provando a sfondare un cancello per arrivare sul tetto. Infine, c’è una quarta sezione che sembra non stia partecipando alla rivolta”.

Incendi ad Alessandria, proteste a Ferrara – Rivolta anche nel carcere di San Michele, ad Alessandria. I detenuti hanno dato fuoco a due sezioni. Sul posto i vigili del fuoco e i sanitari del 118. Al momento non risultano feriti. Tensioni si sono registrate nelle scorse ore anche nella casa circondariale Don Soria, sempre ad Alessandria. Durante le proteste dei detenuti un assistente capo della polizia penitenziaria si è ferito ad una mano.

Nuova protesta anche nel carcere di Ferrara, dove già ieri un agente della polizia penitenziaria era stato strattonato dai detenuti che poi sono rientrati nelle loro celle solo in tarda serata. A quanto si apprende l’agitazione, sulla scia delle altre proteste in molte carceri italiane, è cominciata questa mattina ed è andata avanti fino a verso le 17 e si è conclusa solo grazie all’intervento del questore di Ferrara, Cesare Capocasa, che è entrato nel carcere e ha convinto i detenuti a cessare la protesta. I reclusi, un centinaio, hanno occupato per alcune ore una sezione del carcere, distruggendo sedie, letti e altri suppellettili. Oltre alla penitenziaria, sul posto sono arrivati in ausilio anche polizia e carabinieri. Al termine della lunga mediazione con il questore i detenuti sono rientrati nelle loro celle. Al momento non risultano feriti.

Bonafede: “Tutelare salute anche nelle carceri” – Le proteste nei penitenziari hanno provocato i commenti da parte della politica. “Sono perfettamente consapevole che un’emergenza come quella del coronavirus possa creare tensioni all’interno di un carcere ma deve essere chiaro l’intento delle misure che abbiamo preso: è nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive negli istituti penitenziari. Alcune norme previste nel decreto legge, come il limite ai colloqui fisici e la possibilità per i magistrati di sorveglianza di sospendere i permessi premio e la semilibertà – misure che valgono per i prossimi 15 giorni – hanno soltanto la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria”, ha detto il guardasigilli Bonafede. “Manterremo un dialogo costante – continua il ministro- nei dipartimenti di competenza sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture per la popolazione detenute e i lavoratori. Ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”.”Non possiamo voltarci dall’altra parte: dobbiamo intervenire rapidamente e con decisione per placare le rivolte, evitare che ci possano essere altre vittime, riportare alla calma la situazione e garantire ai detenuti quel trattamento di dignità che la stessa Costituzione richiama”, è il commento della ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova.

Pd: “Domiciliari per detenuti a fine pena”. Meloni: “Pugno di ferro” – “Il decreto che di fronte alla sospensione dei colloqui, resa necessaria dal Coronavirus, impone di consentire le comunicazioni a distanza coi parenti non basta. Serve subito affrontare il problema del sovraffollamento. Si mettano ai domiciliari tutti coloro che hanno pochi mesi ancora da scontare per arrivare a fine pena. Non si risolverebbe nulla se, come pensa qualcuno, si tornasse a chiudere le celle superando la vigilanza dinamica. Serve consentire ai direttori di poter lavorare ricostruendo un clima che il sovrappopolamento pregiudica”, scrive su Facebook il senatore del Pd Franco Mirabelli. “Gli agenti della Polizia Penitenziaria, in queste ore vivono momenti concitati, dovendo sedare le rivolte e trovandosi in perenne carenza di organico e dotazioni. Subito un tavolo di emergenza nazionale e interventi immediati, se è il caso anche con l’Esercito, per ripristinare le regole dello Stato e delle Istituzioni rappresentate anche dagli uomini e donne in divisa. Non c’è tempo da perdere”, dice la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

L’appello dei cappellani – Un appello ai detenuti, chiedendo loro un ”atto di responsabilità“, è stato lanciato da don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri. “Comprendo che la situazione è grave è che i detenuti si sentono ancora più isolati – spiega il cappellano- Ma se i contatti con l’esterno, i colloqui con i familiari sono stati temporaneamente sospesi è stato fatto per tutelare loro, la loro salute. Come succede anche fuori dalle carceri, il contagio avanza anche per l’irresponsabilità delle persone. Io chiedo ai detenuti di sentirsi responsabili perché nessuno li priva di un diritto ma sono decisioni necessarie e molto difficili anche per chi ha dovuto prenderle. Se all’interno di un carcere ci fossero contagi, sarebbe una situazione ingestibile, le violenze aumenterebbero”. “Togliete ai detenuti i colloqui familiari è togliere tutto io capisco umanamente, conosco gli umori di chi è detenuto ma la prima cosa è mantenere la calma”, sottolinea, e non nasconde il timore “che la situazione possa allargarsi, è un tam tam continuo”.

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