Il Covid ci ha aperto gli occhi sul clima? Ne parliamo a Bologna, ‘Mai sprecare una crisi’

Rahm Emmanuel, già Capo di Gabinetto del Presidente Usa Barack Obama, sosteneva che “non si dovrebbe sprecare una crisi” traendone le lezioni necessarie per non ripetere i medesimi errori. Con la crisi finanziaria mondiale del 2008, alla quale faceva riferimento Rahm Emmanuel, non ci siamo riusciti. Andrà diversamente con l’emergenza Covid? La paura che ha suscitato la pandemia ci ha aperto gli occhi sui pericoli del surriscaldamento globale? La capacità di adattamento dimostrata nell’accettare l’uso delle mascherine e il distanziamento sociale, la determinazione con cui si sono chiusi interi comparti produttivi nella fase acuta del contagio e del lockdown ci dicono che siamo pronti ad affrontare i cambiamenti imposti dalla transizione energetica zero-carbon in risposta all’emergenza climatica e ambientale? O la crisi economica e occupazionale post-chiusura spingerà a favore del ripristino dello status quo ante?

Se guardiamo ai risultati del sondaggio Ipsos su sostenibilità e ambiente – diffusi il 6 agosto scorso – si direbbe che la lezione a favore di una netta inversione di rotta è stata raccolta: il 72% degli italiani considera infatti il cambiamento climatico un problema più serio sul lungo periodo della pandemia Covid-19, e per oltre l’80% il governo Conte dovrebbe considerare il problema ambientale prioritario per il rilancio dell’economia.

Intorno alle lezioni da trarre dalla pandemia Covid 19 per affrontare l’emergenza climatica e alle misure indispensabili da prendere a livello della Regione Emilia-Romagna si dipanerà l’incontro pubblico “Mai sprecare una crisi. Dall’emergenza pandemica all’emergenza climatica” in programma il 9 ottobre (9.30 -13.00/ 14.00 – 17.00) nella Sala Multimediale dell’Assemblea legislativa in via Aldo Moro 50, Bologna (a questo link il programma e le modalità di iscrizione), che ho organizzato (e modererò) come contributo al percorso della Giunta regionale verso la definizione del nuovo Patto per il Lavoro e il Clima.

Le esperte e gli esperti che interverranno ci forniranno utili chiavi di lettura e informazioni sull’emergenza climatica a livello globale e regionale con l’obiettivo di individuare misure congrue in tema di mitigazione (ovvero riduzione delle emissioni climalteranti), adattamento al cambiamento climatico, anche al fine di cogliere le importanti opportunità dei fondi europei per avviare la transizione energetica dell’Emilia-Romagna.

Il nuovo target di riduzione del 55% di emissioni di CO2 al 2030 che la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha proposto, alza ulteriormente l’asticella della risposta da dare all’emergenza climatica. Una sfida che, associata ai fondi della Next Generation EU, offre enormi opportunità di accelerare la transizione energetica verso l’abbandono delle energie fossili, principali responsabili all’origine del surriscaldamento del pianeta.

Intervenendo ai recenti Colloqui di Dobbiaco (26-27 settembre), l’originale “pensatoio” a cui partecipano esperte/esperti di lingua italiana e tedesca, Stefano Caserini (Politecnico di Milano) ha sostenuto che “mentre l’emergenza corona virus è stata percepita, quella climatica non è ancora compresa nella sua drammaticità: entro il 2050 bisogna azzerare le emissioni di CO2 come stabilito a Parigi nel 2015, un compito immane per il quale abbiamo solo tre decenni a disposizione. La transizione è partita, ma prevale l’inerzia. Per questo – ha sottolineato – c’è bisogno di indirizzi politici coerenti e investimenti a tutti i livelli”.

Graeme Maxton, economista, già segretario generale del Club di Roma, si è concentrato sulla necessità di fare scelte radicali imposte dall’alto: “Il sistema economico oggi dominante si nutre del mito della crescita per ridurre le disuguaglianze che invece alimenta. E si alimenta di combustibili fossili: per questo non potrà mai curare il clima. Dobbiamo ridurre il Pil. L’epidemia ha mostrato che si possono chiudere le fabbriche e mettere i lavoratori in cassa integrazione. Colpendo l’economia, il virus ha svolto parte del nostro lavoro e può essere la porta verso il cambiamento”.

Meno apocalittico, Matthias Horx, direttore dell’Istituto per il Futuro di Vienna, ha delineato “la rivoluzione tecnologica che ci darà l’energia pulita di cui abbiamo bisogno, con impianti solari che sfruttano le radiazioni solari H24, impianti eolici senza pale, fino alle strade che ricaricano le auto elettriche, e alle opportunità dell’idrogeno”. Quanto alla pandemia, “ha fatto emergere la maggiore resilienza delle comunità solidali”.

Di resilienza ha parlato anche Enrico Giovannini, presidente di Asvis, l’Associazione italiana per lo sviluppo sostenibile, sottolineando la necessità che sia di tipo trasformativo, ossia non finalizzata a riportarci alla situazione di partenza. Con un altro punto fermo nel suo ragionamento: “Vanno difesi i lavoratori, non i posti di lavoro”. Condizione indispensabile, questa, per chiudere le produzioni inconciliabili con la transizione ecologica ed energetica, senza creare disoccupazione e disagio economico e sociale per chi sarà colpito dalla trasformazione.

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