By di Giampiero Falasca e Valentina Melis
Insultare il proprio capo o l’azienda su un social network aperto a tutti è più grave, dal punto di vista disciplinare, rispetto a una critica o a un insulto che avviene in una chat chiusa. Sembra una distinzione che si sta facendo largo nella giurisprudenza, sempre più spesso chiamata a valutare la rilevanza disciplinare dell’uso – a volte disinvolto – dei social media e a decidere sulla legittimità di licenziamenti inflitti per messaggi considerati lesivi delle aziende. La giurisprudenza recente, dunque, sta distinguendo i casi (si veda la sentenza del Tribunale di Firenze del 16 ottobre 2019) in base alla segue…
Source: Il Sole 24 Ore Homepage