Il capitano della flotta russa era severo e aitante come un personaggio dostoevskijano, compromesso dal male, deducevi, senza alcuna ragione realistica. Era una fantasia. Il male non era precisamente la perdizione, era soltanto un passaggio, dunque non è esatto chiamarlo “il male”, il male, vuoto noiosissimo nella crudeltà che replica se stessa, nell’ovvietà, era la prova dentro cui smarrirsi.
E poi c’era l’altro passaggio, il più commovente, la raggiera luminosa, dentro finiva a rifulgere ogni deviazione, trasformata in un fragilissimo ravvedimento, ma bastava a contemplare un fatto misterioso. L’uomo nella sua caduta era un fatto misterioso, quel che accadeva dopo ancora segue…
Source: Il Fatto Quotidiano