Archivio Tag: Antifascismo

Spazi pubblici “solo a chi condanna fascismo e comunismo”. Polemica per la mozione del comune leghista di Dalmine. Anpi: “Offensiva”

Da oggi a Dalmine, comune della Bergamasca, chi vorrà usare uno spazio pubblico dovrà non solo “condannare regimi e ideologie ispirate al nazismo e al fascismo” ma anche al “comunismo nonché ai radicalismi religiosi”. Lo ha stabilito il consiglio comunale approvando la mozione proposta dalla maggioranza di centrodestra formata da Lega e liste civiche. Una decisione che, stando ai promotori, vuole recepire la risoluzione europea del 2019 in materia, ma che nei fatti si spinge più in là. Non si condannano solo i regimi, come previsto nella risoluzione, ma anche l’ideologia.

“Non limitiamo solo l’apologia del regime totalitario – spiega al telefono il vice sindaco Gianluca Iodice, che ha difeso la mozione durante la seduta del consiglio comunale, interamente in videoconferenza, di lunedì sera – ma vorremmo evitare che si diffondesse una cultura di supporto ai regimi. Ci ricordiamo tutti gli anni di piombo”. Una decisione che ha suscitato l’immediata reazione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia: “Questa mozione svilisce e calpesta la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza – scrive in una nota l’Anpi di Bergamo e Dalmine – alla quale hanno partecipato migliaia di comunisti e offende, inoltre, la memoria dei partigiani dalminesi”.

Albino Previtali era uno di loro. Nome di battaglia: Lucio. Guidò la resistenza nella fabbrica della Dalmine ed è morto l’anno scorso all’età di 95 anni. “Era comunista, ha combattuto per la libertà, è stato catturato in montagna, ha avuto amici fucilati e dopo la guerra ha sempre lottato da comunista per chi non aveva diritti” racconta la figlia Marina. Sta preparando una mostra sulla vita di “Lucio” che si dovrebbe tenere in una sala comunale, ma annuncia di non voler firmare una dichiarazione contro l’ideale in cui credeva suo padre. Quando ha letto il testo della mozione ha subito pensato che si trattasse di una “provocazione e di un modo per riabilitare il fascismo e appiattire la storia”. E non è l’unica. “Si calpesta la memoria dei nostri partigiani” racconta Alessandro Betelli, parente di Natale, operaio comunista della Dalmine ucciso dai fascisti nel marzo del 1945 e insignito della medaglia d’oro al merito civile. “La storia di Dalmine ha potuto godere di questa libertà per il sacrificio di tanti operai e partigiani che si dichiaravano comunisti e adesso la si cancella con questa mozione”. Ma l’ondata di critiche non ha fermato la mozione che è stata approvata senza modifiche dalla maggioranza. L’Anpi ha organizzato un presidio per sabato prossimo e minaccia “azioni legali nei confronti di un’amministrazione comunale che ha deciso, deliberatamente, di non rispettare la Costituzione Italiana nata dalla Resistenza antifascista”.

L’articolo Spazi pubblici “solo a chi condanna fascismo e comunismo”. Polemica per la mozione del comune leghista di Dalmine. Anpi: “Offensiva” proviene da Il Fatto Quotidiano.

 – Leggi

Sardine, il rischio è proporre un programma reazionario

Sono passati ormai molti giorni dalla manifestazione delle Sardine a piazza San Giovanni e si può provare a ragionare, con gli strumenti concettuali della filosofia, su un movimento che, piaccia o no, rappresenta una grande novità nel panorama politico italiano.

San Giovanni era piena. E piena era l’agorà di tante altre città: ma cosa sta accadendo davvero (dopo anni di passività) nelle piazze d’Italia che improvvisamente si riempiono di cittadini attivi protagonisti della vita politica? Provo a capirlo con l’aiuto di un classico della filosofia: Critica della ragione dialettica.

Il testo di Jean Paul Sartre è illuminante. I cittadini che manifestano nelle piazze d’Italia con questo strano simbolo ittico, prima di essere movimento/gruppo erano, per usare le parole della Critica, “una pluralità di solitudini irrelate”.

Non spaventi il linguaggio. La riflessione di Sartre si fa gradualmente lucida e chiara: il movimento è l’uscita dalla serialità-inerte, in nome della responsabilità, di un pericolo comune (in Italia: la destra, Matteo Salvini), di un bisogno: “il gruppo si costituisce per l’oggetto comune che determina la sua praxis” (Cr, II, p.16).

È un punto importante. Nella fase aurorale – scrive Sartre – il movimento è inarrestabile, i cittadini ritrovano la capacità d’agire “secondo un fine”, di farsi protagonisti della storia: “la parola d’ordine non è obbedisci! Chi mai obbedirebbe?” (Cr, II, p. 42). Nessuno ordina e nessuno esegue, “tutti sono nello stesso tempo sovrani e gregari” (è accaduto a Roma: “Va ripensato il decreto sicurezza”, dice Mattia Santori. Dalla piazza lo correggono: “Non ripensare, abrogare”; e lui subito si adegua: “Sì, abrogare”).

Santori, “leader e gregario” insieme: “la reciprocità è mediata dal movimento”. Sartre parla di “gruppo in fusione”. La compattezza del movimento è data dal suo essere in atto: persone che s’identificano in piazza, tra loro, gruppo che si dà parole d’ordine aggreganti quali “non violenza, solidarietà, partecipazione, antifascismo, Costituzione.”

Poi, certo, occorre specificare e sorgono i problemi: “La violenza verbale sia equiparata a quella fisica”, legge Santori dal podio: è una tesi che “non resisterebbe – dice Barbara Spinelli – al giudizio di nessuna Corte internazionale, europea o nazionale”. È così. Ma al di là dei contenuti, molte sono le difficoltà che le Sardine hanno di fronte: “la tensione rivoluzionaria non dura in eterno”. Ecco una verità, presente nella Critica, con la quale il movimento dovrà fare i conti.

Insomma, le Sardine sono nate in Emilia in vista delle elezioni. E dopo? “Cade l’evidenza del telos comune – scrive Sartre – e il gruppo-movimento si dissolve”, o, se riesce, prova a salvare se stesso. Come? Il gruppo nato per un fine si proporrà come fine: il movimento si trasformerà in istituzione. L’alternativa e la dispersione. E l’irrilevanza.

Dall’assemblea romana le Sardine dicono: “niente liste elettorali”. Per quanto tempo ancora potranno affermarlo senza perdersi? I Girotondi (di Flores d’Arcais e Moretti) non si trasformarono in istituzione e finirono nel nulla. I 5 Stelle fecero un altro percorso, ma adesso inevitabilmente divengono (è cronaca di questi giorni) partito-istituzione con “18 dirigenti-facilitatori”. Il conflitto, direbbe Sartre, è tra libertà e necessità.

Tema delicato conciliare la libertà individuale (per esempio il diritto dell’onorevole Gianluigi Paragone di contestare il movimento) con la necessità, il rispetto delle regole, che l’organizzazione impone. Dice Sartre: l’organizzazione vede nei soggetti liberi da una parte il proprio strumento di esistenza, dall’altra un problema per la sua unità. Problema complesso. Ma non eludibile.

Istituzionalizzare il movimento attraverso una segreteria politica è per i 5 Stelle necessario ma rischioso (vale anche per le Sardine): l’esito dipende dai protagonisti. Se “istituzionalizzare la sovranità” (Cr, pp. 250-257) significherà soltanto aumentare la disciplina, il controllo, l’autorità, è la fine: in ciascuno prevarrà la paura “che il gruppo si dissolva, e che il gruppo lo dissolva”.
Sembra il destino dei “gruppi in fusione”: divenire strutture alienanti. È una costante della Storia.

Sartre la indica. Muoversi all’interno di essa, senza perdersi, dipende dalla capacità di leadership di chi coordina i movimenti e, naturalmente, dai contenuti proposti: quelli indicati dalle Sardine a San Giovanni lasciano perplessi per i motivi indicati nel lucido testo di Spinelli.

Dura è la strada dei movimenti. Devono:

1. istituzionalizzarsi per non disperdersi;
2. conservare il pathos e i valori delle origini;
3. riflettere di più sui contenuti (“La violenza verbale sia equiparata a quella fisica”. Candida ingenuità: chi decide sulla “violenza verbale” – dice Spinelli; è in pericolo la libertà d’informazione).

Ecco, bisogna ragionare di più quando si dà vita a un grande (e giusto) movimento come le Sardine. Studiare. Per evitare errori grossolani: “Il velo islamico può essere simbolo di libertà?” (Flores d’Arcais). Il rischio è proporre – nonostante le buone intenzioni – un programma reazionario.

L’articolo Sardine, il rischio è proporre un programma reazionario proviene da Il Fatto Quotidiano.

 – Leggi

Translate »