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Bergamo, omicidio in strada: al diciannovenne arrestato contestata l’aggravante di futili motivi

Omicidio aggravato da motivi futili o abietti: questa l’accusa rivolta dalla Procura al diciannovenne di Bergamo in carcere per l’omicidio di Tayari Marouan, 34 anni, tunisino accoltellato al petto l’8 agosto davanti alla moglie e alle figlie di 12 d 2 anni per strada.

Incensurato, l’accusato ha risposto a parte delle domande del pm Paolo Mandurino e ha in seguito scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Stando a quanto ha riferito, si sarebbe difeso da Tayari dopo che quest’ultimo lo aveva insultato per aver urtato la figlia dodicenne. Ha riferito anche di essere stato minacciato con una bottiglia rotta. Alla base dell’aggressione uno scontro involontario avvenuto sul marciapiede: la vittima avrebbe chiesto al giovane di muoversi con maggiore attenzione dopo che quest’ultimo aveva urtato la ragazza dodicenne. La lite è in seguito degenerata – dice una nota dell’Arma – ed entrambi sono finiti a terra. Marouan è stato in seguito colpito da alcune coltellate.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, il fatto si è verificato intorno alle 13 in Via Novelli. La vittima, con precedenti per spaccio, lesioni e maltrattamenti, era in compagnia della famiglia e stava pranzando seduto ai bordi del marciapiede. Poco dopo la discussione, il giovane è rientrato in casa ed è uscito di nuovo: a quel punto si è verificata l’aggressione. Il diciannovenne ha però detto al pm di essere rientrato in casa per recuperare il casco che aveva dimenticato, nessuna arma.

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Nembro, un anno fa lo stop alle campane: “Troppi morti”. Ora i rintocchi tornano per ricordare chi non c’è più: “Comunità più unita”

Un anno fa a Nembro le campane smisero di suonare “a morto” per i troppi defunti. In questo comune della Val Seriana si arrivavano a celebrare anche quindici funerali al giorno. E così, come era già accaduto in passato con altre epidemie, si era deciso di “non accrescere il clima di angoscia che era diventato insostenibile”. Dodici mesi dopo, le campane sono tornate a suonare. Ieri sera in tutta la provincia si sono susseguiti i rintocchi per ricordare tutte le vittime del Covid. Da Bergamo fino all’alta Val Seriana. “Abbiamo suonato perché i morti sono stati tanti e vogliamo ricordarli tutti”, spiega Nicola Persico, della Federazione Campanari Bergamaschi.

A Nembro, il curato don Matteo Cella si commuove quando ripensa a quei momenti. “La nostra è una comunità che porta ancora delle ferite tanto che ci sono percorsi di accompagnamento per l’elaborazione del lutto”. Durante la pandemia, il curato insieme a tanti cittadini e giovani dell’oratorio si sono impegnati per dare una mano ai propri concittadini. C’è chi ha cucito mascherine, chi ha portato la spesa agli anziani. “Abbiamo imparato ad essere uniti e solidali e questo è un tesoro da non perdere – spiega il curato – è una comunità che ha capito il valore delle azioni di aiuto al prossimo e che non ha più voglia di accettare la confusione, la mediocrità e l’inadeguatezza di chi non sa prendere provvedimenti e questa è una richiesta che va consegnata a chi tiene le redini della gestione collettiva”.

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Lombardia, l’attuale direttore dell’Ats di Bergamo e la condanna della Corte dei Conti: “Inettitudine dirigenziale”

Inettitudine dirigenziale”, “mala gestio”, “reiterata violazione delle norme sugli incarichi”. Questo ha scritto la Corte dei conti in una recente sentenza con cui ha condannato alcuni dirigenti nell’orbita di Regione Lombardia, che ora dovranno risarcire in tutto 290mila euro per danno erariale per fatti legati al dissesto dell’Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro (Arifl), poi assorbita in Polis Lombardia. I fatti risalgono al 2005, ma benché datati gettano nuove ombre sulla gestione lombarda della sanità. Perché tra i condannati c’è Massimo Giupponi, da inizio 2019 direttore generale dell’Ats di Bergamo, cioè l’azienda sanitaria di uno dei territori più colpiti della prima ondata di Covid, sulla cui gestione la procura bergamasca ha aperto un’inchiesta (Giupponi non è indagato). Il caso è finito anche sul tavolo di Attilio Fontana: al governatore a fine ottobre è stata indirizzata una lettera anonima con in calce la firma di non meglio identificati “lavoratori di Ats Bergamo”. Oltre a citare la condanna di Giupponi, esponente di Comunione e liberazione in passato considerato in quota Ncd, la lettera esprime dure critiche verso una serie di scelte gestionali dell’Ats, alcune delle quali già oggetto di scontri con l’ordine dei medici e con la Cgil. Secondo i suoi detrattori, tali scelte hanno causato da un lato l’uscita dall’Ats di diverse figure dirigenziali, lasciando così scoperti ruoli chiave proprio nel corso dell’emergenza, dall’altro hanno portato a incarichi di dubbia opportunità.

Ma partiamo dalla sentenza dei giudici contabili. Giupponi, alla guida dell’Arifl dal 2000 al 2006, è stato condannato in appello insieme ad altri tre dirigenti, dopo che il giudizio di primo grado, pur rilevando una “grave mala gestio” e una “approssimativa e quasi ‘familiare’ conduzione di importanti progetti”, aveva ritenuto il danno erariale non provato. Ora invece Giupponi dovrà risarcire quasi 133mila euro per una serie di incarichi conferiti a consulenti e collaboratori esterni senza rispettare norme, requisiti e procedure comparative. Incarichi di cui la Corte dei conti ritiene non sia provata l’utilità e che hanno avuto “effetti disastrosi”, contribuendo al dissesto dell’Arifl, che nel 2007 registrava un disavanzo di oltre 3 milioni di euro poi ripianato dalla Regione. Tra i contratti per cui Giupponi è stato condannato, ce n’è uno affidato a un consulente senza laurea che ha percepito un compenso di 9.800 euro al mese, ben superiore – notano i giudici – a quanto previsto per i dirigenti pubblici con laurea.

“Vogliamo ancora mantenere a carico dei cittadini direttori di tale specie?”, si chiede chi ha scritto la lettera anonima, che oltre a Fontana è stata recapitata al presidente e ai consiglieri della commissione Sanità del Pirellone, all’ordine dei medici, a Cgil e Cisl, al sindaco Giorgio Gori e al comitato Noi denunceremo dei parenti delle vittime bergamasche del Covid. La lettera ne segue un’altra arrivata in Regione a fine luglio con in calce una firma analoga, “lavoratori anonimi dell’Ats Bergano”. Entrambe le missive ripercorrono alcune scelte gestionali di Giupponi che secondo chi scrive hanno portato ad avere ruoli importanti scoperti in questi mesi critici. Tra i casi segnalati quello della revoca a giugno dell’incarico a Roberto Moretti, responsabile del settore Cure primarie, da cui dipende il coordinamento dei medici di base. Revoca rientrata solo dopo un duro scontro della direzione dell’Ats con l’ordine dei medici di Bergamo e il sindacato Anaao. Sotto accusa anche la scelta, presa a fine marzo quando il direttore sanitario si è ammalato di Covid, di affidare le sue funzioni di coordinamento dei dipartimenti di area medica al responsabile del dipartimento veterinario, Antonio Sorice, affidando dunque funzioni mediche a un veterinario.

Sull’ultima lettera anonima è intervenuta la Rsu dell’Ats di Bergamo, prendendo le distanze perché “le modalità utilizzate non appartengono né agli operatori né ai sindacati dell’Ats Bergamo, capaci di confronti duri, serrati ma trasparenti, e sempre nell’ambito del leale confronto tra le parti”. La rappresentanza sindacale non è però entrata nel merito dei contenuti “in quanto non ascrivibili a soggetti identificabili con cui aprire un contradditorio”. Ma tali contenuti vengono ritenuti veritieri dal segretario generale di Bergamo del sindacato Funzione pubblica della Cgil, Roberto Rossi, che al di là del dissociarsi anche lui dalle modalità di una lettera anonima dice: “Le accuse mosse sono tutte condivisibili. Un numero elevato di professionisti, dirigenti di qualità riconosciuta, ha scelto di andare in pensione in anticipo o di dimettersi a causa dei contrasti con la direzione. C’è poi il tema della mala gestione della sicurezza nel corso della prima ondata, su cui abbiamo fatto ricorso al tribunale del lavoro”.

Contattato da ilfattoquotidiano.it, Giupponi contesta la sentenza della Corte dei conti: “È iniqua e affetta da errori in fatto, motivo per il quale la stessa sarà oggetto di ricorso per revocazione. In tale sede i miei legali avranno modo di confutare tutto ciò che è stato contestato a mio carico”. Sulle accuse alle sue scelte gestionali che, secondo le lettere arrivate in Regione, hanno portato l’Ats ad avere ruoli chiave scoperti nel corso dell’emergenza e a incarichi di dubbia opportunità, il direttore generale dice: “Per tutti gli incarichi da me conferiti, da quando ricopro questa carica, sono state seguite le procedure di legge all’uopo previste”.

@gigi_gno

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Coronavirus, il coro dei volontari alla fine dei lavori per il nuovo ospedale di Bergamo: “La gente come noi non molla mai”

Hanno lavorato gratis per dieci giorni e in dieci giorni hanno tirato su, dal nulla, il nuovo ospedale in Fiera. I volontari (alpini, tifosi della curva Nord dell’Atalanta e artigiani) hanno festeggiato ieri la fine dei lavori per la struttura che dovrebbe entrare in funzione lunedì prossimo. “La gente come noi non molla mai”, hanno cantato.

Video Facebook/Confartigianato Bergamo

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Coronavirus, il fruttivendolo egiziano del Bergamasco: “Frutta gratis a chi ne ha bisogno. Così ringrazio chi mi ha accolto 10 anni fa”

Dieci anni fa mi avete accolto, ora voglio dirvi grazie. Se avete bisogno prendete gratis la frutta e la verdura che trovate su questo tavolo”. Sameh, egiziano di 34 anni, fruttivendolo a Canonica d’Adda, nel Bergamasco, ha scelto questo modo per ringraziare il Paese che lo ha accolto dieci anni fa. “Questo cartello significa grazie Italia, voglio sentirmi a posto col mio cuore, bisogna aiutare la gente. Prendo questa frutta dal mercato – continua – e voglio aiutare in questo modo la gente che ha bisogno”.

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Coronavirus, Giuseppe e Rosella coniugi morti a distanza di due settimane. Erano sposati da 50 anni

A chi ha ancora negli occhi il corteo delle bare portate via da Bergamo e la sua provincia forse non basta sapere che nella zona ci sono oltre 7mila contagiati e quasi 1000 morti. Numeri che raccontano poco la sofferenza di famiglie che hanno perso anche due componenti a distanza di pochi giorni. Come è accaduto a Villa d’Almè e come raccontato dall’Eco di Bergamo. In poco più di due settimane Sars Cov 2 si è portato via una coppia di coniugi.

Giuseppe Albani Rocchetti, 73 anni e Rosella Peroni, 72. I figli Thomas e Luca hanno perso i genitori così e le due nipotine i nonni. Domenica pomeriggio 8 Marzo è deceduto lui, nella sua casa in via Aldo Moro, da alcuni giorni aveva qualche linea di febbre ma verso sera è stato stroncato da un malore. Lunedì scorso 23 marzo è morta lei. Era ricoverata da una settimana all’ospedale Papa Giovanni XXIII con tutta probabilità affetta da Covid-19.

“Quest’anno i miei genitori avrebbero festeggiato il cinquantesimo di matrimonio – racconta Thomas al quotidiano- era una coppia unita, dove andava uno c’era anche l’altro. A fine febbraio abbiamo festeggiato il compleanno di mio padre e lui stava bene, nessuno pensava che, praticamente 8 giorni dopo, ci avrebbe lasciato. La mamma ha sofferto molto per la perdita di nostro padre e forse colpita dal virus non ha avuto la forza di reagire”. Come capitato a molti chi ha visto entrare un caro in ospedale poi non ha avuto più possibilità di vederlo o salutarlo prima della fine.

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Coronavirus, il sindaco Gori “imita” Decaro e controlla le strade della città: Bergamo è deserta. “I cittadini hanno capito. Ci rialzeremo”

Una passeggiata per la città per scovare “qualcuno da spedire a casa”. Ma Bergamo è deserta. È quanto mostrato dal video pubblicato su Facebook dal primo cittadino di uno dei centri più colpiti dall’emergenza coronavirus, Giorgio Gori. “Avevo visto Antonio Decaro, il mio amico sindaco di Bari, farlo sul lungomare della sua città. Ma non ho trovato nessuno. I bergamaschi hanno capito”, spiega sul social il sindaco che sottolinea di aver visto persone fare la spesa in modo ordinato e di aver scoperto edicolanti senza mascherine, ma di “aver trovato il modo di fargliele avere”. “Questa è Bergamo all’inizio della primavera, in questo 2020 che non potremo mai scordare. Una città silenziosa e sofferente, ma composta, in attesa che il brutto passi. In cui ognuno fa il suo pezzo di dovere”, continua Gori. E conclude: “In queste ore siamo uniti da questo dolore, tutti noi bergamaschi. Ma siamo forti. Ci rialzeremo”.

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Coronavirus, da Sala a Gori: “Servono segnali di positività, riapriamo i musei”. Il governatore del Piemonte: “Chiedo ritorno a normalità”

I sindaci della Lombardia chiedono “segnali di positività”. Il Piemonte vuole un “graduale ritorno alla normalità”. Il Nord produttivo, in ansia per i segnali che lancia l’economia dopo le misure restrittive per contenere il contagio del coronavirus, alza la voce e chiede di allentare la morsa quando mancano tre giorni dalla fine delle ordinanze che hanno disposto la serrata. Senza strappi, ma con un fermo garbo istituzionale, spetta al sindaco di Milano Beppe Sala aprire il fronte. Subito si accoda il primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori, mentre il governatore piemontese Alberto Cirio riunisce presidenti delle Province, sindaci e prefetti lanciando segnali al governo.

La mossa del sindaco di Milano è una telefonata al premier Giuseppe Conte. Nel giorno in cui in Lombardia riaprono i locali dopo le 18, Sala invita il presidente del Consiglio “a venire presto a Milano per rendersi conto della situazione”, spiega dopo aver incassato il rinvio del Salone del Mobile, spostato da aprile a metà giugno. “Alcuni cittadini mi chiedono come sono le giornate del sindaco al tempo del coronavirus – dice – Stamattina sono stato in due centri disabili perché è ai più deboli che dobbiamo pensare prima di tutto, ho lavorato per riprogrammare gli eventi che sono una caratteristica centrale della nostra città”.

Quindi la telefonata con Palazzo Chigi. E non solo. Sala ha spiegato di aver parlato anche con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: “Ho chiesto supporto e ho detto che un aiuto a Milano – ha concluso – è un buon investimento”. In concreto: “Ripartiamo dalla cultura, riapriamo qualcosa – dice il sindaco – possiamo cominciare dai musei o da altro, ma la cultura è vita”. Una proposta che trova la sponda bergamasca di Gori: “D’accordo con Beppe Sala: il primo segnale di reazione, positività e fiducia può venire dalla cultura. Senza abbandonare la prudenza. Riaprire i musei sarebbe un segnale importantissimo. Tanti sindaci la pensano così, spero anche Dario Franceschini”, dice.

“Questi giorni ci hanno messo a dura prova – prosegue – Le notizie sulla diffusione del virus e le prescrizioni che a partire da domenica hanno limitato tanti aspetti della nostra vita hanno generato un clima di preoccupazione che è andato molto aldilà del necessario. È come se il nostro spirito attivo e positivo fosse improvvisamente spento e intimidito”. Bergamo, aggiunge il sindaco, “sembra sospesa”. Quindi dice di ritenere “giusto seguire le indicazioni, ma al tempo stesso dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso, senza allarmismi”.

Le stesse istanze arrivano anche dal Piemonte, dove in una settimana si è registrato un solo caso accertato di coronavirus. “Ci sono le condizioni per chiedere al governo un graduale ritorno alla normalità”, sottolinea il presidente Alberto Cirio dopo la notizia del risultato negativo sui due casi di Cumiana. “Le misure attualmente in vigore, per l’ordinanza adottata il 23 febbraio dalla Regione Piemonte, erano già meno restrittive rispetto a quelle previste da altre Regioni come la Lombardia, proprio alla luce della situazione piemontese decisamente più contenuta e circoscritta”, dice Cirio. E ora con l’ordinanza in scadenza sabato 29 e, visto il nuovo quadro sanitario, al fine di confrontarsi sull’opportunità di sospendere o rimodulare le misure per il contenimento del coronavirus in Piemonte ha convocato per il pomeriggio di giovedì a Torino, nella sede della Giunta regionale, i presidenti delle Province, i sindaci dei Comuni capoluogo e tutti i Prefetti del territorio.

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Meningite, assessore Gallera smentisce “ricerca del portatore sano” dopo i quattro decessi nella bergamasca

“La Regione Lombardia non ha avviato ricerche di portatori sani di meningococco“. L’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera smentisce le notizie che circolano in merito a una “caccia al portatore sano” dopo la morte di una paziente di 48 anni in ospedale a Brescia, l’ultimo di quattro decessi nella provincia di Bergamo. “Smentisco categoricamente che siano stati effettuati test con tamponi salivari negli ambulatori. Tale indagine – spiega l’assessore – non ha efficacia per contenere l’infezione”. Era infatti stata diffusa l’informazione – infondata – di 200 prelievi sulla popolazione di 8mila abitanti, tra Villongo e Sarnico, le due aree che avevano registrato i casi di meningite. E aggiunge: “L’unico intervento utile per prevenire i casi è la vaccinazione, di cui è in corso la campagna straordinaria”.

A seguito dei casi di infezione registrati nei giorni scorsi, Gallera ha dichiarato la volontà di mettere in campo “un’azione strategica articolata” insieme alle Ats di Bergamo e Brescia e alle Asst Bergamo Est e Franciacorta: “In primo luogo verrà ampliata l’offerta vaccinale gratuita per i cittadini fino a 60 anni. Poi verranno aperti ambulatori straordinari, oltre a quelli di Villongo e Sarnico, anche nei comuni di Predore, Credaro e Paratico, nelle sedi comunali o in luoghi che si stanno individuando in sinergia con le amministrazioni locali

Secondo i medici resta ancora da stabilire se nell’ultimo decesso, quello di una donna di 48 anni, si tratti di un’infezione del ceppo C, lo stesso dei tre residenti di Villongo. Intanto è stata avviata una “profilassi tra i familiari antibiotica precauzionale per tutti i familiari e le persone che sono state a contatto con la donna deceduta venerdì, ricostruendone ogni spostamento degli ultimi giorni”, come spiega l’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Non solo: “Verrà ampliata – continua l’assessore – l’offerta vaccinale gratuita per i cittadini fino a 60 anni”. In particolare: “Verranno aperti ambulatori straordinari, oltre a quelli di Villongo e Sarnico, anche nei comuni di Predore, Credaro e Paratico, nelle sedi comunali o in luoghi che si stanno individuando in sinergia con le amministrazioni locali. Ad oggi già vaccinate più di mille persone”.

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