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Blocco lotto AstraZeneca, a Cosenza vaccinazione sospesa mentre era in corso: l’annuncio dato alle persone in fila – Video

“L’Aifa ci ha comunicato di aver sospeso in via precauzionale la somministrazione di alcuni lotti di AstraZeneca. Le vaccinazioni sono momentaneamente sospese”, è l’annuncio dato oggi da un militare del centro vaccinale gestito dall’Esercito a Cosenza poco dopo aver saputo del blocco di un lotto (ABV2856) del vaccino Covid AstraZeneca disposto dall’Agenzia italiano del farmaco. In coda c’erano diverse persone che sono così state rimandate a casa in attesa di nuove disposizioni: “Disagi? Ci dispiace per quelli a cui è stato inoculato”, dicono dalla fila. Secondo quanto si apprende, sono 173 i pazienti a i quali è stato somministrato il vaccino appartenente al lotto bloccato che ora verranno seguiti tramite farmacovigilanza dall’Asp di Cosenza.

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Calabria, il caso dell’ospedale di Trebisacce: mai riaperto nonostante tre sentenze del Consiglio di Stato

“Da cinque anni qui non viene data esecuzione alle sentenze. A giorni, se non succede nulla, farò una denuncia per inosservanza del provvedimento dell’autorità giudiziaria. Oggi non c’è solo il Covid, ma si muore di infarto, di tumori e di altre malattie”. Nel mirino del sindaco di Trebisacce Franco Mundo c’è l’Asp di Cosenza, ma soprattutto il commissario ad acta Andrea Urbani – direttore generale per la programmazione del Ministero della Salute – nominato lo scorso gennaio dal Consiglio di Stato per far rispettare la sentenza con cui è stata stabilita la riapertura dell’ospedale, chiuso 10 anni fa con un decreto dell’allora presidente della giunta regionale Giuseppe Scopelliti in qualità di commissario per la sanità calabrese. Urbani, contattato da ilfattoquotidiano.it tramite il ministero della Salute, non ha voluto commentare.

All’epoca – era il 22 ottobre 2010 – l’ospedale “Guido Chidichimo”, che era un punto di riferimento per l’alto Jonio cosentino, con un tratto di penna è diventato una “casa della salute”. Con buona pace dei reparti di chirurgia, medicina, cardiologia e utic, ginecologia e ostetricia, il nido e la dialisi. Più di cento posti letto scomparsi e trasformati all’improvviso in lungodegenza che non è sufficiente per garantire le esigenze dell’intero territorio. La stessa fine l’ha fatta il pronto soccorso “trasformato in Punto di primo intervento rafforzato” dove il paziente riceve le prime cure e viene impacchettato per essere poi trasferito all’ospedale più vicino, quello di Corigliano, che però è a un’ora di distanza. Con il rischio che, nel frattempo, la gente muoia.

Il Comune di Trebisacce si era opposto sin da subito alla chiusura del “Chidichimo”, che ha una storia molto simile a quella del nosocomio di Praia a Mare sul Tirreno Cosentino. E un destino che nemmeno le sentenze dei giudici amministrativi al momento sono riuscite a cambiare. Già nel 2015 il Consiglio di Stato aveva scritto che, a causa del “deficit strutturale delle reti di trasporto nel territorio, l’orografia e i correlati tempi di accessibilità ai distretti di Corigliano Calabro e Rossano Calabro, prima ancora di quelli al centro Hub di Cosenza, rendono impossibile un efficace trattamento di una ‘emergenza sanitaria’ partendo da Trebisacce o dai Comuni del suo distretto”. In altre parole, da 10 anni ai cittadini di Trebisacce e dei paesi vicini, in caso di emergenza sanitaria non è garantita la possibilità di arrivare in tempo in ospedale. Entro “sessanta giorni”, quindi, la struttura doveva essere riaperta. Ma non è mai avvenuto, tanto che nel 2018 il Comune torna al Consiglio di Stato che gli dà nuovamente ragione e, “preso atto dell’inerzia delle amministrazioni intimate”, nomina un primo commissario ad acta con il solo compito di far rispettare quella sentenza. “Appare necessario – ribadivano i giudici amministrativi – assegnare al commissario e all’azienda un termine ultimo e inderogabile per completare il processo già avviato, inteso a riattivare l’ospedale di Trebisacce secondo uno standard minimo di efficienza che garantisca almeno un accettabile livello dei Lea nel territorio di interesse”.

Ancora una volta tutto rimane sulla carta: passano gli anni e quello che era un ospedale efficiente resta una casa della salute. Da qui l’ennesimo ricorso del Comune al Consiglio di Stato. Prima dell’emergenza Covid, il 7 gennaio 2020, i giudici amministrativi bacchettano per l’ennesima il commissario alla sanità calabrese Saverio Cotticelli (ora sostituito), rilevando che “nonostante i molti mesi trascorsi, a tutt’oggi non sembra avere posto in essere tutti gli interventi strutturali necessari alla immediata riattivazione dell’ospedale, quantomeno con riferimento al Pronto Soccorso”. Ecco perché, secondo il Consiglio di Stato si “deve procedere senza indugio alla nomina del commissario ad acta” che dovrà “dare completa e definitiva attuazione a quanto stabilito dalle sentenze del 2015 e del 2018”. Il nome individuato è quello del direttore generale per la programmazione del Ministero della Salute Andrea Urbani che la Calabria e la vicenda dell’ospedale di Trebisacce le conosce bene. Proprio lui è stato sub commissario alla sanità calabrese dal 2013 al 2017. Da gennaio ad oggi, però, con la pandemia nel mezzo, a sentire il sindaco della città Franco Mundo non è stato fatto nulla. Ecco perché il primo cittadino ha inviato una richiesta formale di incontro al neo commissario Guido Longo: “Devo informarlo dello stato dell’arte, – dice – portargli le carte e fargli vedere a che punto siamo. In sostanza al punto di partenza”.

Mundo è esausto: “Io sono di solito equilibrato. Abbiamo raggiunto l’apice. Tutti ci rimandano al nuovo commissario Longo, ma noi abbiamo già un commissario ad acta per la sentenza che è Andrea Urbani. La sentenza è di gennaio, ma il commissario non ha fatto nulla. È questo che mi fa arrabbiare, perché nella sentenza viene espresso un ordine che non è stato rispettato. Io che devo fare: a giorni se non succede nulla farò una denuncia. L’attuazione della sentenza che riapre il nostro ospedale la deve fare Urbani perché è stato dotato di poteri sostitutivi a quelli dell’amministrazione rimasta inerme, cioè i commissari ad acta della sanità calabrese Massimo Scura e Saverio Cotticelli”. Ma cosa serve per riaprire il “Chidichimo”? “A parte le sale operatorie che sono state demolite e vanno ristrutturate, – spiega il sindaco Mundo – al momento all’ospedale di Trebisacce c’è la rete del pronto soccorso, gli ambulatori, la divisione di lungodegenza che deve essere convertita in medicina. Il personale c’è ma va integrato. Per rispettare la sentenza qualcuno deve bandire i concorsi e fare le assunzioni. Certamente il concorso non lo può fare il Comune”. Il primo cittadino è esausto: “Non è più tollerabile una situazione del genere e siamo fortemente indignati per l’inerzia degli organi competenti. Spero che l’emergenza coronavirus finisca subito, ma quando avverrà che cosa rimarrà dell’ospedale di Trebisacce? Il viceministro Sileri ci ha detto che l’ospedale riaprirà. La palla passa a Urbani. Prima hanno tagliato a più non posso, ma oggi ci siamo accorti che una rete ospedaliera capillare ha la sua importanza”.

La storia del “Chidichimo” non è troppo diversa da quella di altri presidi sanitari della Regione che negli anni sono stati spazzati via dai tagli e che ora sarebbero decisivi nella lotta alla pandemia. Lo ha ribadito in un’intervista a Repubblica anche Gino Strada, chiamato dal governo con la sua Emergency a supportare la Calabria attraverso la costruzione di ospedali da campo. “Ci sono ospedali come quello di Cariati – ha dichiarato Strada – che potrebbero riaprire in poche settimane. Altri come Gerace, costruiti e mai aperti. Emergency è pronta a prendere in carico una di queste strutture, naturalmente con tutte le questioni legali a posto”. A Trebisacce la situazione poteva essere risolta già cinque anni fa, se solo le sentenze del Consiglio di Stato avessero un valore pure in Calabria.

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Cosenza, si addestrava per fare attentati e costruire ordigni: un arresto per terrorismo

Partecipava a chat jihadiste, si addestrava per compiere attentati terroristici e stava studiando pure come realizzare ordigni esplosivi. Un cittadino italiano, residente in provincia di Cosenza, è stato arrestato su richiesta della Dda di Catanzaro con l’accusa di auto-addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Nel materiale informatico sequestrato, gli investigatori hanno trovato manuali di istruzioni sulla costruzione di bombe, tutorial sull’addestramento e la conduzione di operazioni terroristiche, nonché video ed immagini cruente di esecuzioni dell’Isis, riviste ufficiali delle agenzie mediatiche del sedicente Stato islamico, Al Qaeda e altri gruppi terroristici.

L’inchiesta, denominata “Miraggio”, è stata condotta dalla Digos distrettuale di Catanzaro e di Cosenza, dalla Polizia postale e dal Servizio per il Contrasto all’estremismo e terrorismo esterno della Dcpp/Ucigos, diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Catanzaro con il procuratore Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Graziella Viscomi. Gli accertamenti sono iniziati dopo che la presenza dell’indagato su piattaforme online in lingua araba di propaganda del terrorismo è stata segnalata ai magistrati grazie alla collaborazione internazionale con altre procure. Dalle intercettazioni è emerso che l’uomo disponeva di numerosi account su piattaforme social (Telegram, Rocket Chat, Riot) attraversocui partecipava a gruppi chiusi di connotazione jihadista per accedere ai quali bisognava essere accreditati e quindi ritenuti affidabili dagli amministratori dei canali.

Il quadro indiziario, secondo l’accusa, è stato confermato dalle risultanze delle intercettazioni ambientali e telefoniche oltre che dal contenuto del materiale sequestrato durante le indagini, dispositivi telefonici e informatici, memorie Usb, documenti e manoscritti. Dalle analisi dei dispositivi è emerso inoltre che l’indagato aveva seguito le regole suggerite dagli organi di propaganda del Califfato per mantenere anonime e sicure le informazioni e i materiali di cui era in possesso.

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