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Il Mes è il prestito di tuo suocero, i coronabond sono i soldi che ti regala tuo padre

Il “banchese”, ancor più del “politichese”, è un linguaggio difficile da comprendere. Criptico, talvolta subdolo, è utilizzato dal popolo dei banchieri/bancari per confondere i cittadini italiani che, comunque, hanno la corresponsabilità di essere gli ultimi in Europa in termini di cultura ed educazione finanziaria. Una miscela esplosiva che spesso viene sottovalutata anche dai media che riportano frasi, dichiarazioni e interviste di addetti ai lavori nella piena consapevolezza che non solo non saranno capite dai lettori, ma probabilmente neanche da chi le pubblica senza le opportune didascalie e i relativi “sottotitoli”.

Prendiamo ad esempio l’intervista rilasciata da Antonio Patuelli, presidente dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana) per il Dubbio. Cosa ha voluto dire? Quali messaggi ha lanciato?
Cercheremo di decriptarli. In sostanza si tratta di 7.500 battute utilizzate per affermare solo due concetti. Il resto è fuffa.

Innanzitutto Patuelli ha ribadito che la crisi post-pandemia sarà finanziata con una iniezione di liquidità che le banche metteranno in circolo solo dietro garanzia “piena” dello Stato. In altri termini se il governo ha deciso di aiutare anche chi, secondo gli schemi bancari, non è meritevole di credito deve assumersi l’onere di restituire quanto ottenuto dal singolo cittadino (lavoratore autonomo o dipendente) o dalla impresa “a prima chiamata”, cioè dietro semplice richiesta della banca anche dopo il mancato pagamento di una sola rata di rimborso del prestito.

Solo per inciso occorre ricordare che il “merito del credito”, attualmente stabilito dal sistema bancario secondo l’accordo interbancario di Basilea, è abbastanza rigido e prevede che un cittadino o impresa non possa accedere ad alcun finanziamento anche se non ha pagato una sola rata del prestito, ottenuto magari per pagare il materasso acquistato da Mastrota in tv.

In secondo luogo Patuelli esprime la sua opinione sulla classica domanda che in questi giorni si sta ponendo una percentuale molto bassa del popolo italiano: Mes o euro(corona)bond? Da dove prenderanno i soldi i paesi dell’Eurozona per sostenere le misure straordinarie di sostegno dovute alla pandemia? Io credo che agli italiani, sempre poco attenti alle dinamiche finanziarie, interessi poco. È importante che quei soldi arrivino. E in fretta. Il resto non conta.

Ad ogni modo Patuelli dà una sua affermazione (“…se un privato fa i debiti, non può scaricarli sulla comunità. Vale anche per gli Stati…”) lascia percepire che il suo orientamento è pro Mes. Vogliamo rendere quanto più semplici, se non semplicistici, questi concetti? Volendo esasperare il pensiero, possiamo dire che la differenza tra le due forme di assistenza è quella che passa tra i soldi prestati da tuo suocero e quelli che ti regala tuo padre.

Il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) nasce nel 2010-2011 quando alcuni paesi Ue si trovarono sull’orlo del fallimento finanziario. All’epoca ci si scontrava con l’art. 123 dei Trattati Europei che vieta agli stati membri (e alla Bce) di ‘salvare’ paesi in difficoltà basandosi sulla logica che gli stati membri non devono essere incentivati a indebitarsi nella convinzione che altri paesi correranno in loro soccorso.

Ma i tempi erano eccezionali e la crisi mordeva l’economia reale e tagliava posti di lavoro. Da qui l’aggiramento dell’art. 123 prima con un fondo temporaneo (l’Efsf che aveva già concesso 175 miliardi di euro di prestiti a Irlanda, Portogallo e Grecia) e poi con uno permanente, il Mes, peraltro, ricordiamolo, dietro forte richiesta dell’Italia che rischiava di non avere ancore di salvezza europee nel caso i suoi titoli del debito pubblico (Bot, Btp, Cct) non venissero più sottoscritti.

Il Mes (o Fondo Salva Stati) ha un capitale di 700 miliardi di euro a cui gli stati membri contribuiscono pro-quota con la Germania come primo contributore (quasi il 27%) e l’Italia con il 18%. Il Mes può concedere prestiti ai paesi in difficoltà – e lo ha fatto finora con Cipro (€ 6,3 miliardi), Grecia (€ 61,9 miliardi) e Spagna (€ 41,3 miliardi) – ma a fronte di una rigida condizionalità. In pratica chi riceve i prestiti si obbliga ad approvare un memorandum d’intesa (MoU) che definisce con precisione e rigore quali misure si impegna a prendere in termini di tagli al deficit/debito e di riforme strutturali. Chi prende i soldi diventa schiavo. Soprattutto della Germania, azionista di maggioranza del Fondo.

Gli eurobond o coronabond sono, invece, un ipotetico (perché ancora mai attuato) meccanismo solidale di distribuzione dei debiti tra gli Stati dell’Eurozona, attraverso la creazione di obbligazioni del debito pubblico dei Paesi stessi. In parole povere, uno Stato membro chiede soldi in prestito per poter finanziare le proprie opere di intervento – quelle classiche (sanità, infrastrutture, spese militari, etc) e quelle straordinarie, non programmate, com’è appunto il caso dell’emergenza coronavirus – e il debito viene spartito tra tutti gli Stati membri.

Ed è per questo che la Germania, che è considerata virtuosa, per via dei suoi conti in ordine, rispetto a Paesi come l’Italia e più in generale i Paesi del Sud dell’Europa, ancora una volta frena su questo progetto.

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Salva Stati, Eurogruppo rinvia firma a gennaio 2020. Il presidente Centeno: “Raggiunto accordo di principio”

L’Eurogruppo ha raggiunto un accordo di principio su “tutti gli elementi della riforma” del Mes, incluse le “note esplicative” sulle clausole di azione collettiva (le cosiddette Cacs), su cui l’Italia si è battuta durante la riunione. A dirlo è stato lo stesso presidente, Mario Centeno, che ha così spiegato i motivi che porteranno a un rinvio del trattato: serve ancora lavoro tecnico su altri aspetti che sarà terminato nella riunione di gennaio. Dopodiché il testo sarà tradotto nelle diverse lingue nel corso del primo semestre 2020, e nel secondo semestre sarà ratificato.

Di fatto, quindi, i governi dell’area euro hanno trovato un accordo politico sul contenuto, ma servirà un piccolo rinvio ‘tecnico’. Il tutto mentre in Italia resta ancora infuocata la polemica politica sulla riforma. Anche in Francia, per la verità, c’è fibrillazione, con l’Eliseo che deve fare i conti con alcuni problemi con il valore legale del testo: da qui il sì convinto al rinvio, in modo da permettere un ulteriore lavoro tecnico. Non c’ ancora consenso, invece, sull’Unione bancaria, la cui discussione slitta assieme a gennaio.

Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno aveva già escluso la riapertura di una discussione sui contenuti, annunciando però che la firma del nuovo Mes avverrà nei primi mesi del 2020 e non nel summit di dicembre. Tempistica che darà modo anche ai Paesi di affrontare le loro discussioni parlamentari. Non è detto che all’Italia basti guadagnare un po’ più di tempo, ma comunque è un risultato per ora perché anche il summit dei leader Ue del 12-13 dicembre non dovrà prendere una decisione definitiva. “C’è una logica di pacchetto, rimaniamo vincolati a questa prospettiva”, ha ripetuto il premier Giuseppe Conte da Londra, rassicurando ancora una volta che difenderà gli interessi dell’Italia e ribadendo di non vedere rischi. Ma Matteo Salvini ha invece attaccato: “Da Bruxelles continuano a dire pacchetto chiuso. E Conte dice invece che è aperto. Non mi stupirebbe l’ennesima bugia, bisogna fermare la firma contro qualcosa che è contro l’interesse nazionale“.

Per il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, al suo primo Eurogruppo, il Mes non va ritardato. “È questo il momento giusto per fare passi avanti” sia sul fondo che sull’Unione bancaria, perché “abbiamo lasciato alle spalle il momento di crisi più difficile e non siamo certi di come si svilupperà la situazione economica nei prossimi anni”. E rassicura gli italiani sulla riforma che “non danneggia né l’Italia né nessuno”. Gentiloni ha messo però in guardia sul terzo e ultimo pilastro dell’Unione bancaria, lo schema di assicurazione dei depositi: “Mi auguro che l’avvio della discussione sui depositi bancari (Edis, ndr) sia fatto col piede giusto”. Al momento, infatti, sul tavolo c’è ancora la proposta tedesca che comprende una diversa valutazione del rischio dei titoli di Stato detenuti dalle banche. Anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco rassicura sulla riforma del Mes, perché introduce modifiche “di portata complessivamente limitata”. La riforma, ha insistito, non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani.

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Fondo salva-Stati, nuovo scontro tra Pd e M5s. Domenica possibile vertice di governo. Conte: “Lunedì spazzerò via chiacchiere”

Il M5s vuole una “riflessione”, il Pd non vuole che le critiche portino a una “crisi di credibilità“, le opposizioni attaccano. La polemica sul Fondo Salva-Stati ha vissuto l’ennesima giornata di botta e risposta tra gli alleati di governo alla vigilia delle 48 ore contraddistinte da due appuntamenti che dovranno contribuire a sbrogliare la matassa tutta politica. Domenica sera, infatti, è previsto (ma ancora non fissato ufficialmente) un vertice di governo convocato appositamente per trovare una quadra sul tema, mentre lunedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte riferirà in Parlamento (alle 13 a Montecitorio e alle 15,30 al Senato). Con una promessa: “Spazzerò via tutte le fesserie che sono state dette”.

Le parole di Conte da Foggia: “Troppe fesserie, lunedì le spazzerò via” – Il premier ha parlato da Candela, in provincia di Foggia (dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria) e non le ha mandate a dire: “Dovete avere un po’ di pazienza, lunedì passerò in Parlamento e metteremo tutti i tasselli al loro posto e inizieremo a spazzare via tutte le fesserie che sono state dette, ne ho ascoltate tante”. Rispondendo ai giornalisti che, a proposito delle polemiche sul Mes, gli hanno fatto notare che Di Maio ha detto che l’Italia non può firmare al buio, Conte ha sottolineato che “ci confronteremo serenamente con il Parlamento come è giusto che sia, nel rispetto delle Istituzioni sovrane e dei cittadini. Ricordatevi sempre – ha concluso – che se la politica anziché con la ‘P’ maiuscola si comporta con la ‘P’ minuscola, poi cala la fiducia nella classe dirigente, nella classe politica”. Il riferimento, ha sottolineato Conte, “non riguarda solo la maggioranza ma anche le opposizioni. Alle opposizioni chiedo sempre di essere serie, dure anche, aspre con il Governo e con le forze di maggioranza, ma sempre di essere credibili. Quando ci sono menzogne – ha concluso riferendosi alle accuse di Salvini – queste fanno male a loro stesse e a tutta la politica, alla democrazia“.

Di Maio: “Serve riflessione sul Fondo Salva Stati” – Un tentativo di smorzare i toni tra gli alleati di governo quello di Conte, che ha assistito all’ennesima giornata di scontro tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Luigi Di Maio, capo politico del M5s, pensa ancora a un rinvio. “L’Italia non può pensare di firmare al buio. È bene che ci sia una riflessione – dice rispondendo a una domanda dei giornalisti presenti al Villaggio contadino di Natale allestito a Matera dalla Coldiretti -. Il MeS come tanti altri trattati, ha bisogno di tanti miglioramenti, è solo una parte: c’è l’Unione bancaria, c’è l’assicurazione sui depositi. Quando avremo letto tutto, potremo verificare se il pacchetto convenga all’Italia oppure no. Secondo me, è sano per l’Italia non accelerare in maniera incauta ma difendere i propri interessi, aspettando la fine dei negoziati anche su tutti gli altri aspetti di questo pacchetto”.

Il ministro degli Esteri in particolare dice di essere preoccupato dell’Unione bancaria: “Così com’è scritta, l’Unione bancaria mi preoccupa ancor più del Mes. L’assicurazione sui depositi va messa a posto: quindi ci sono dei negoziati in corso ed è bene che questi negoziati proseguano con il protagonismo dell’Italia che sicuramente negli ultimi mesi ha avuto difficoltà perché c’è stato un cambio di Governo. Visto e considerato che – ha aggiunto Di Maio – c’è stato un cambio di maggioranza in Parlamento, che il Parlamento non si è ancora espresso e che la nuova maggioranza non si è ancora espressa sul Mes, sull’Unione bancaria e sul deposito sulle assicurazioni, è bene che ci sia una riflessione”. Di Maio ha aggiunto che “anche il ministro Gualtieri lo ha detto: in questo momento il negoziato ha tutte le possibilità di poter migliorare questo trattato”.

La replica di Delrio: “Critiche legittime ma non crisi di credibilità” – Per il Pd però c’è una questione di credibilità da difendere: “Siccome non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità. Io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese. Questo sarebbe grave, per i cittadini e per la serietà con cui viene visto il nostro governo” ha detto Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera. Stesso tenore della riflessione di Dario Franceschini, ministro di Beni culturali: “Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese, l’andamento dello spread e dei mercati. Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti, perché ci sono anche i comportamenti in politica”.

Non credo sia utile dare ultimatum nei confronti di nessuno, né ci sono bandierine da piantare. E dall’altro lato non dobbiamo dare l’idea ai partner europei che non siamo in grado di decidere. Si utilizzino tutte le ore a disposizione per migliorare il negoziato fatto nel passato, si mettano a tema i problemi che restano aperti ma si lavori insieme” dice Così il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, sulla questione del Mes, osservando che “lo spirito delle ultime parole di Di Maio mi pare sia quello giusto, che abbiamo richiesto, cioè sediamoci attorno al tavolo e vediamo quali sono i problemi: non serve lanciare ultimatum sui giornali, serve lavorare”. “Questo governo ha assunto sul Mes il quadro del lavoro svolto dal precedente governo – ha sottolineato Guerini, a margine dell’assemblea di Base Riformista, l’area del Pd dei cosiddetti ‘ex renziani’ -. Stiamo cercando di affrontare e risolvere anche i temi che sono stati lasciati sospesi o comunque non risolti fino in fondo dal precedente negoziato. Si tratta di mettersi al tavolo, ragionare, riflettere insieme, guardare quali possono essere i punti che necessitano di approfondimento e ulteriore lavoro.

La controreplica M5s: “Credibilità persa quando in passato abbiamo accontentato gli euroburocrati” – In serata è arrivata anche la controreplica del M5s. Chi sperava in un abbassamento dei toni è rimasto deluso: “Sul Mes nonostante la nostra contrarietà ai principi che caratterizzano quel fondo, il Movimento 5 Stelle sta cercando di avere un approccio costruttivo e volto a trovare una intesa” hanno spiegato i grillini in una nota ufficiale. Poi l’accusa al Partito democratico: “Ma se qualcuno vuole alzare i toni e metterla sul tema della credibilità, a noi sembra che la credibilità come Stato in tutti questi anni l’abbiamo persa proprio quando si firmava qualsiasi cosa per compiacere sempre qualche euro-burocrate, piuttosto che tutelare gli interessi dell’Italia e degli italiani. Bene, quell’epoca è finita – hanno concluso i rappresentanti del Movimento 5 Stelle – Consigliamo al Pd di lavorare con noi ad un punto di intesa. Tutti sanno che il Mes è modificabile ed emendabile. Quindi mettiamoci al lavoro, miglioriamo questa riforma e facciamoci rispettare in Europa”. Nonostante le accuse contenute al suo interno, quindi, la chiusura del comunicato suona come un appello ai dem per trovare una soluzione condivisa.

Vertice di governo: ci sarà ma non è stato ancora convocato – Il luogo deputato per l’intesa con tutta probabilità sarà il vertice di governo che dovrebbe tenersi domenica sera a Palazzo Chigi. Il condizionale è d’obbligo, perché nonostante varie fonti abbiamo confermato l’appuntamento, non c’è stata ancora nessuna convocazione ufficiale. A quanto pare si terrà all’ora di cena, tra le otto e le nove. Quel che appare certo, invece, è che le forze di maggioranza dovranno trovare una sintesi, alla vigilia delle comunicazioni di Conte alla Camera e al Senato in programma lunedì. Sull’ipotesi di tenere un vertice di maggioranza Luigi Di Maio è stato sibilllino: “Stiamo ancora sentendoci” ha detto all’Adnkronos durante la sua visita al villaggio Coldiretti di Matera.

Ancora accuse di Salvini a Conte: “Si dimetta” – In giornata è ritornato sul tema anche l’ex vicepremier, Matteo Salvini: “Il Mes ruba ai poveri per dare ai ricchi. Ruba i soldi ai risparmiatori italiani per finanziarie le banche tedesche. Sono i paesi che stanno meglio che dovrebbero aiutare quelli che stanno peggio. Vi ricordate il SalvaGrecia? Ci è costato 60 miliardi di euro – ha aggiunto Salvini -. Siamo andati a valutare con degli organismi internazionali quanti di quei soldi sono rimasti in Grecia: su 100 euro ne sono rimasti 5 perché gli altri 95 sono finiti alle banche francesi e tedesche che avevano fatto investimenti in Grecia. Non è normale”. Rassicurazioni arrivano dal premier: “Lunedì non ci sarà nessuna battaglia, è una informativa doverosa al Parlamento da parte del presidente del Consiglio che ogni volta che è stato chiamato, ogni volta che ha avuto e avrà la possibilità di informare, dialogare con i membri del parlamento lo fa. Come sapete – ha aggiunto Conte – la sovranità appartiene al popolo però i parlamentari rappresentano il popolo quindi dopodomani mi confronterò, informerò. Mi è stato chiesto e sarà sempre così. Il presidente del Consiglio quando c’è da chiarire, da dialogare, quando c’è da informare il parlamento – ha concluso – ci sarà sempre”.

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