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Germania, terapie intensive al limite: pronto l’intervento di 12mila soldati. Venerdì nel distretto di Berlino erano rimasti 7 posti liberi

L’incidenza settimanale in Germania è salita a 277,4 casi ogni 100mila abitanti, con 228 morti in 24 ore. In diverse circoscrizioni del Paese le terapie intensive sono al limite. L’esercito pianifica di mobilitare 12mila soldati di supporto. I militari, secondo quanto riporta Der Spiegel, dovranno sostenere gli ospedali, le cliniche e gli enti sanitari sovraccarichi, oltre a mettersi a disposizione anche per la terza dose di vaccino e i test rapidi nelle case per anziani. La cancelliera Angela Merkel ha diffuso un appello ai tedeschi a vaccinarsi: “Vi prego partecipate e cercate di convincere anche parenti ed amici”. Chiunque ha bisogno di un ricovero d’emergenza deve poterlo ottenere, ha detto Merkel, “ma proprio questo nelle circoscrizioni più colpite dal Covid non è più possibile. Le corsie sono piene, i pazienti devono essere spostati. Le operazioni pianificate vengono cancellate. Medici ed assistenti, che sentono ancora lo scorso inverno di pandemia nelle ossa, sono già al limite”.

I 16 Länder sono divisi in un sistema a gruppi, formati ciascuno da cinque distretti ospedalieri che inizialmente si devono aiutare a vicenda. Sassonia, Turingia, Berlino, Sassonia-Anhalt e Brandeburgo costituiscono uno dei distretti ospedalieri sovra-regionali. La Sassonia-Anhalt è al limite delle capacità di accettazione, Berlino venerdì aveva appena 7 posti di terapia intensiva liberi, la Sassonia ha la più alta incidenza settimanale e con il 22,1% è il secondo Land per percentuale di posti letto occupati da pazienti Covid in terapia intensiva: dispone ancora solo di 174 letti liberi su 1.336, appena il 13%. In Turingia, che è al secondo posto per incidenza settimanale, la situazione è ancora più drammatica, in percentuale ha il più alto numero di pazienti Covid in terapia intensiva – 152 malati pari al 23,9% – e solo 82 posti liberi su 637 a disposizione. Come sfogo resta per ora solo il Brandeburgo che ha però solo il 17,4% di posti liberi nelle terapie intensive. In questa situazione la clinica universitaria di Lipsia (Sassonia) ha già cancellato il 30% degli interventi non assolutamente urgenti e la Charité a Berlino si avvia a fare lo stesso.

Anche nel sud della Germania le terapie intensive sono quasi esaurite: in Baviera e Baden-Württemberg ci sono già trasferimenti giornalieri di pazienti. Sabato pomeriggio in 50 delle 96 circoscrizione locali della Baviera c’erano meno del 10% dei posti di terapia intensiva liberi e in 22 addirittura non ce n’era più nessuno. A Monaco su 452 posti, sabato ne erano disponibili solamente 16. Secondo i dati dell’Associazione interdisciplinare tedesca per la medicina intensiva e d’urgenza (DIVI), già venerdì in tutta la Baviera erano liberi solo 282 posti di terapia intensiva su 3.104, mentre in Assia erano 144 su 1.788, rispettivamente il 9,1 e l’8,1% delle capacità totali. Molti sanitari che lavorano per quattro o cinque ore consecutive indossando soffocanti strati di camici di sicurezza, sono allo stremo. A questo si aggiungono aggressioni di no-vax che sputano addosso ai medici o cercano di strappare loro le maschere, come ha dichiarato al BR24 il dottor Jens Deerberg Wittram, direttore delle cliniche RoMed di Rosenheim.

L’età dei pazienti in terapia intensiva per Covid si sta mediamente abbassando e la durata dei ricoveri in parallelo allungando. I posti letto sono diminuiti per mancanza di personale, ha evidenziato il professor Lothar Wieler, presidente del Robert Koch Institut. Il ministro della Sanità, Jens Spahn (Cdu), ha spiegato ai giornalisti venerdì che le assunzioni di nuovi assistenti di terapia intensiva ed il rifinanziamento attraverso le casse previdenziali sono state già decise da tempo, ma l’istruzione di personale di questo tipo richiede 5 anni. Per il presidente del Robert Koch Institut degli oltre 50mila nuovi casi indicati giovedì prevedibilmente almeno 3mila finiranno in ospedale, 350 in terapie intensiva e 200 moriranno.

Solo il 67,4% dei tedeschi è già completamente vaccinato (in Spagna invece sono arrivati al 92%) e un po’ più del 10% degli over sessanta (il 20% a Berlino) ha ricevuto una terza dose. Se si giungerà al 90% il virus si potrà controllare, ha dichiarato il professore Wieler, ma non sparirà e resterà potenziale causa di morte come altre malattie. È cambiato ed è più aggressivo, non si può ormai più sradicare e non si raggiungerà mai l’immunità di gregge, resterà endemico. La vaccinazione resta molto efficace e se anche i richiami da soli non porteranno più al raggiungimento di un’immunità di massa, ridurranno però la carica virale in circolazione.

Gli imprenditori ed i sindacati tedeschi sono d’accordo nell’applicare il 3G al lavoro (il green pass come in Italia), ma per il resto si valuta una stretta. Governo uscente, futura coalizione Spd-Verdi-Fpd e Länder dovranno decidere se passare al 2G+ nelle manifestazioni pubbliche: l’ingresso solo a vaccinati e guariti con test negativo effettuato massimo 24 ore prima. Intanto il Meclemburgo-Pomerania si aggiunge ai Länder in cui si applica già il 2G (ingresso consentito solo a vaccinati e guariti). Per Il professor Wieler però non basterà più neanche la regola 2G. Nelle grosse occasioni di raduno occorrerà limitare pure i partecipanti, o cancellare del tutto gli eventi, così come chiudere i bar e i club. In Baviera sono già stati sospesi tutti i mercatini di Natale e Wieler ha sconsigliato apertamente anche i party di Capodanno. In piena contraddizione per il carnevale si sono però riversate a Colonia circa 50mila persone, delle quali 11mila hanno comprato un biglietto per la grande manifestazione nel Heumarkt: dovevano essere vaccinate o guarite, ma nessuno ha dovuto presentare un tampone negativo.

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I Länder tedeschi tolgono l’obbligo di mascherina in classe. Pediatri favorevoli, virologi contrari: “Decisione prematura”

Quattro Länder tedeschi – Brema, Turingia, Sassonia Anhalt e Meclemburgo Pomerania – hanno già deciso di eliminare l’obbligo delle mascherine in classe. Da questa settimana si aggiungono anche la Baviera, Saarland e Berlino, ma l’ipotesi è stata presa in considerazione per il futuro pure da Nord-Reno Vestfalia e Baden Württemberg. Gli allievi di Monaco, Berlino e Saarbrücken, da lunedì 4 ottobre saranno tenuti ad indossare la mascherina solo durante gli spostamenti negli edifici scolastici, ma non una volta giunti al posto in classe.

Per la maggior parte dei medici tedeschi si tratta di una misura pienamente giustificata: il dottor Thomas Fischbach, presidente dell’associazione degli specialisti in pediatria, ha dichiarato alla tedesca ZdF di ritenere “inadeguato un prolungamento del dovere di indossare le mascherine per gli allievi” e che “la società non può aspettarsi che siano loro a dover continuare a prendere precauzioni per coloro che rifiutano di vaccinarsi”. Tra i bambini il Covid ha un decorso più leggero, le ospedalizzazioni nella fascia tra i 5 ed i 14 anni sono appena lo 0.48% del totale. Per questo, dicono i favorevoli, non si può poi costringere i ragazzi ad indossare la mascherina in aula se ai fratelli maggiori è consentito non farlo stando a ben più stretto contatto in discoteca. Anche il presidente dell’Ordine dei medici, Klaus Reinhardt, in un’intervista televisiva al secondo canale tedesco, ha accolto con estremo favore il provvedimento, visto che agli adulti al ristorante, cinema e anche al lavoro, una volta al posto è già permesso togliersi la mascherina.

La fin qui prudente Baviera ha deciso il passo verso la normalità, d’altronde, alla luce del suo affidamento sui tamponi. Il Ministro della sanità della Baviera Klaus Holetschek (Csu) ha rimarcato ai microfoni della tv pubblica che gli allievi sono sistematicamente sottoposti a test e le rilevazioni saranno ancora intensificate, così come nelle scuole saranno installati sistemi di areazione e pulizia dell’aria.

Per molti virologi, tuttavia, il provvedimento viene preso troppo presto. La quarta ondata è appena iniziata e con l’inverno avrà un’impennata: un aumento già si è registrato a partire dal rientro a scuola. La professoressa Melanie Brinkmann dell’Helmholtz-Zentrum für Infektionsforschung di Braunschweig ha avuto parole ancora più chiare in una dichiarazione ripresa dai media tedeschi: “Dall’alto numero dei non vaccinati, e tra questi contano soprattutto i bambini, ritengo questa decisone prematura e francamente anche piuttosto sciocca”. Se si considera l’intera popolazione tedesca, senza cioè distinzione di età, solo il 64,6% in Germania è già completamente vaccinato, ma tra i 12-16enni lo è appena circa un terzo. In questa fascia di età si registra conseguentemente anche il maggior numero di nuove infezioni, la cosiddetta incidenza settimanale è la più elevata con un indice di 152,5 casi. Facendo un paragone, tra gli ultraottantenni è pari al 27,1. Anche il virologo Martin Stürmann della clinica universitaria di Francoforte, che è stato egli stesso positivo al Covid, ha dichiarato alla ZdF: “Temo che nelle scuole ora ci saranno esplosioni di contagi rinunciando alle mascherine durante le lezioni, proprio perché ancora non possiamo garantire una difesa attiva ai bambini sotto i dodici anni con una vaccinazione”.

Non tutti però sono così pessimisti. Per il direttore dell’istituto di virologia di medicina universitaria di Magonza, Bodo Plachter – citato dalla ZdF – “i bambini, soprattutto i più giovani, hanno probabilità molto basse di un decorso grave o di conseguenze di lunga durata e il dato non è cambiato neppure con la variante Delta”, (quella emersa in India dall’ottobre 2020). Una spiegazione si deve ricondurre al fatto che nel corpo dei bambini ci sono meno recettori del tipo ACE-2 ai quali si possono agganciare le cellule virali.

Scetticismo è stato manifestato tuttavia anche dal presidente della associazione degli insegnanti, Heinz-Peter Meidinger, che ha ammonito: “È il momento sbagliato, i virologi avvisano di una quarta ondata che si rafforzerà e disporre adesso la rinuncia all’obbligo di indossare la mascherina è prematuro”. Per gli insegnanti non si ha ancora piena coscienza di quelle che saranno le conseguenze del long covid in questa generazione. Seppure i casi di sindrome di infiammazione multi-sistemica pediatrica (Pims) che si può manifestare dopo settimane in associazione ad un contagio Sars-CoV2 sono rari, e tra gli adolescenti in tutta la Germania ad agosto se ne registravano solo poco più di 400, non è escluso che – per quanto meno degli adulti – anche i bambini possano soffrire del cosiddetto long covid e avere disagi di lungo termine contraendo il virus per via del calo delle restrizioni.

Il presidente dell’associazione degli istituti scolastici della capitale bavarese, Florian Huber, è tuttavia convinto dalla decisione di togliere l’obbligo della mascherina in classe. In un’intervista diffusa dal notiziario Heute Journal ha sottolineato come per gli allievi nelle prime elementari l’incontro degli insegnanti con il volto semicoperto risulti molto difficile. Conoscersi e guadagnare fiducia per gli stessi docenti è molto più faticoso – ha sostenuto Huber – e ad esempio quando si impara una lingua straniera e si deve fare attenzione alla pronuncia. Molti allievi sono contenti dal non dovere più seguire le lezioni con la mascherina, specie tra i maturandi, visto che molti sono vaccinati. Ma altri non si fanno illusioni, il ministero bavarese d’altronde ha già dichiarato che l’obbligo potrebbe essere reintrodotto in ogni momento se si dimostrerà necessario.

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Elezioni Germania, chiunque vinca non abbandonerà l’eredità politica di Angela Merkel

Chiunque vincerà le elezioni in Germania e qualsiasi coalizione governerà il paese lo farà senza abbandonare l’eredità politica di Angela Merkel. L’impronta della cancelliera, che per 16 anni ha guidato la nazione più popolosa e più ricca d’Europa, sulla Germania e sull’Unione Europea, se non è permanente, è sicuramente profonda. Tre sono i solchi che ha scavato e che la prossima leadership continuerà a percorrere: l’indipendenza della Germania e dell’Unione dai capricci di Washington; l’apertura di Berlino ad est, alla Russia e alla Cina; la politica monetaria “accomodante” della Banca centrale europea. Nel 2005, quando la relativamente sconosciuta Angela Merkel ascese al potere, nessuno di questi tracciati esisteva.

La Merkel è stata criticata per la mancanza di visione, di lei si è detto che ha navigato a vista al timone di una nazione e di un continente che si è trovato costantemente in acque tumultuose: crisi finanziarie, crisi politiche ed umanitarie, terrorismo islamico, la Brexit, la cancelliera ne ha viste di tutti i colori e ciononostante ha mantenuto la calma evitando più volte il naufragio. Ma non ha mai indicato la meta, non ci ha mai detto dove voleva portare la nave. La verità è che ciò di cui l’Unione e la Germania avevano bisogno non era una meta finale, ma un metodo di navigazione. Entrambe sono espressioni politiche ancora in fasce, hanno bisogno di crescere, di formarsi. La cancelliera lo ha capito.

Il suo è stato un modo di far politica pragmatico e moderno, che ben si adatta ai bisogni del presente. Negli ultimi 16 anni l’Unione europea e anche la Germania sono cambiate, sono cresciute, si sono incamminate verso un’indipendenza politica ed economica che nel 2005 sembrava impossibile. È stata una fortuna che in questo percorso al timone ci fosse una donna intelligentissima, scaltra, pragmatica e anche visionaria, che però ha lavorato sempre in sordina, senza sfarzo e pubblicità.

A differenza della signora Thatcher, prima donna a capo di un governo di peso europeo, che ha governato sotto i riflettori della stampa mondiale, la Merkel è riuscita a fare il suo lavoro come un dirigente della pubblica amministrazione, lontano dai riflettori ed esclusivamente al servizio dello stato. E questo le ha permesso di mantenere la fiducia dell’elettorato e il rispetto dei colleghi per 16 anni. Se ne va di sua propria volontà, senza una sconfitta elettorale dopo aver tracciato con costanza e determinazione i nuovi sentieri politici europei.

Ascesa al potere con una visione positiva dell’alleanza atlantica e dello stretto rapporto che correva tra Germania, Europa da una parte e Stati Uniti dall’altra, la Merkel ha cambiato progressivamente idea. Ha capito prima degli altri che Washington guardava sempre più al Pacifico e sempre meno all’Atlantico, è rimasta delusa da tutti gli uomini politici alla guida del paese, secondo i suoi assistenti considerava Obama verboso e poco solido, ha apertamente detestato Trump e ha duramente criticato Biden per il modo in cui ha ritirato le truppe dall’Afghanistan. Ha resistito alle ingerenze americane nelle questioni politiche tedesche ed europee, dall’isolamento della Russia alla politica apertamente antagonista con Pechino.

A differenza degli altri leader europei, la Merkel ha capito subito che contrastare la Cina serviva a ben poco, meglio perseguire un atteggiamento conciliatorio. In realtà la cancelliera nutre ammirazione per Pechino, anche se il sistema è progressivamente sempre più totalitario a suo parere funziona, mentre nel mondo libero ascendono al potere individui sempre meno brillanti e sempre più mediocri. Non dimentichiamo che la Merkel è nata oltre cortina ed è cresciuta in un regime comunista.

Negli ultimi anni, di fronte alla minaccia della pandemia e alla necessità dei lockdown, la cancelliera ha abbandonato la politica di austerità fiscale tanto cara ai tedeschi e ha lasciato che la Banca centrale stampasse euro per sostenere l’economia dell’Unione. Questa è stato un cambiamento stoico, l’ultima, preziosa sua eredità.

Ci sono stati anche errori: la cancelliera non è riuscita a tenere a bada Orban, l’apertura delle frontiere ai profughi siriani ha portato il caos lungo i confini dell’Unione, e che dire dell’umiliazione della Grecia? Ma sulla bilancia della politica degli ultimi 16 anni pesano molto di più i successi in sordina di questa politica che ha incarnato il ruolo vero del leader, quello di essere un pubblico ufficiale al servizio della propria nazione. Auguriamoci che chi la rimpiazzerà non solo continui a percorrere i tracciati politici da lei creati, ma faccia suo questo principio comportamentale.

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In Germania legalizzazione di massa dei casinò online. Nel Paese almeno mezzo milione di ludopatici. Il problema? Mancano regole Ue

La Germania legalizza i casinò online su tutto il territorio, cedendo così al fatto che i divieti erano aggirati nella maggioranza dei Länder. Oltre 730 aziende offrono la possibilità di scommettere con slot machines via internet. Le più grandi non sono neppure in Germania: hanno sede a Malta, dove le imposte sono ridotte nell’ordine del 5 per cento all’anno e si garantisce comunque l’ingresso sul mercato europeo. L’Unione europea contava circa 500 aziende di gioco d’azzardo con sede nell’isola nel 2009; con le licenze si stima che Malta guadagni anche entrate erariali fino a circa il 12% del suo prodotto interno lordo.

Un giro d’affari, quello dei casinò on line, stimato intorno ai 40 miliardi di euro l’anno a livello mondiale e di quasi un miliardo nella sola Germania, che è considerata il mercato maggiore in Europa dopo il Regno Unito. Una piazza alimentata anche da un piccolo esercito di influencer che attraverso video su you tube e twitch, in cui offrono anche dei bonus di benvenuto, invogliano la loro community al gioco. Un nome noto per tutti in Germania è Jens Knosalla, o anche TheRealKnossi, che ha più di un milione di follower iscritti al proprio canale YouTube. Il trucco è che se anche nei video perdono, gli streamer guadagnano commissioni percentuali fino al 50 per cento per i nuovi clienti che procurano alle piattaforme di gioco. Così si creano sempre più scommettitori.

Con la concessione di licenze nazionali la Germania impone tuttavia anche regole di maggior controllo per tutelare gli utenti. La legge prevede limiti alla pubblicità del gioco online e soprattutto che per accedere ai siti sia obbligatorio creare un profilo anagrafico. L’identificazione unica nazionale dovrebbe essere idonea ad impedire l’accesso al gioco ai minori ed a soggetti già registrati come giocatori patologici. Sarà poi possibile caricare sul conto e scommettere solo un tetto di 1000 euro al mese.

Molti vedono però nelle nuove regole un’abdicazione dello Stato ad una piaga che produce danni per tutta la società. In Germania si contano già 430mila persone colpite dal vizio delle roulette on line e si paventa che il loro numero ora si moltiplicherà. La strada intrapresa dal legislatore tedesco è peraltro simile a quella già seguita in Italia. Da quando nel 2012 la gestione delle scommesse legali è in capo all’Agenzia delle Dogane i siti italiani del settore debbono avere la licenza ADM e l’utente vi si deve identificare con documento di identità, anche se può creare più account in casinò diversi. Tutti i flussi di denaro devono essere tracciabili. L’Italia, inoltre, per prima in Europa, ha introdotto il registro unico dei giocatori online auto esclusi, che permette ai ludopatici di escludersi su tutti i siti di offerta di gioco autorizzati. Anche se il decreto Dignità ha vietato la pubblicità del gioco d’azzardo, il gioco in rete anche in Italia aumenta costantemente. Secondo l’agenzia Adnkronos tra il gennaio 2019 ed il gennaio 2020 aveva registrato un aumento del 29 per cento.

Se la pandemia, infatti, ha contribuito in tutta Europa a far restare molti lontani dalle agenzie di scommesse, non ha frenato l’i-Gaming. Quest’ultimo rispondendo ai criteri di disponibilità e di accessibilità può però portare più facilmente un utente a diventare giocatore abituale. Manca ancora una normativa comunitaria unica. Il 23 marzo 2011 la Commissione Europea ha pubblicato un Libro Verde sul gioco d’azzardo on line nel mercato interno in cui, in base a dati relativi a sette Stati Europei, minimizza l’impatto dei casinò online stimando empiricamente il tasso di dipendenza probabile dal gioco d’azzardo come variabile tra lo 0,3% e il 3,1% dell’intera popolazione. Gli Stati membri d’altronde hanno bisogno di fonti di guadagno, tanto più per recuperare gli effetti del Covid, e ciò anche se i rischi del gioco patologico sono noti e tutti offrono parallelamente centri di aiuto contro la ludopatia. Per restare in Germania esiste un numero gratuito nazionale ed un sito, “Check dein spiel”, dove si può chiedere aiuto anche in via anonima.

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Germania, 29mila contagi in 24 ore. Il governo chiede ai Länder restrizioni immediate. “Non si può aspettare la prossima settimana”

Non si può più aspettare, nemmeno un giorno, occorre agire subito. Il governo tedesco lancia l’allarme per il nuovo picco di contagi registrato nelle ultime ore e chiede ai Länder di appoggiare immediatamente restrizioni più severe prima che il virus torni a circolare nel Paese in maniera incontrollabile. Una corsa contro il tempo, nonostante il 13 aprile il Consiglio dei ministri abbia approvato la modifica della legge sulla protezione della salute che permette all’esecutivo di applicare nuove misure senza dover passare dal consueto braccio di ferro con i governi regionali. Manca infatti l’approvazione del Parlamento, ma oggi il Paese conta 29mila contagi, mentre ieri erano stati oltre 21mila.

I numeri sono troppo alti e salgono ancora. In terapia intensiva aumentano quotidianamente”, ha detto il ministro della Salute, Jens Spahn, in conferenza stampa. “Non si può aspettare fino alla settimana prossima, quando si approverà la legge sul freno di emergenza. Il tempo stringe e non possiamo aspettare. Servono nuove misure restrittive”, ha aggiunto. Mentre il presidente del Robert Koch Institut ha affermato che “bisogna ridurre ulteriormente i contatti subito”.

Il governo tedesco si era già mosso in previsione di una possibile risalita dei contagi, viste le concessioni date nelle ultime settimane, dopo tre mesi in cui il Paese ha dovuto vivere in lockdown duro. Berlino ha infatti deciso che, nel caso in cui i contagi dovessero schizzare oltre la soglia dei 100 nuovi casi ogni 100mila abitanti in una settimana, la decisione di imporre la serrata generale può arrivare direttamente dal governo centrale, senza dover consultare i Länder e allungare così i tempi. Al di sotto della soglia di rischio individuata il governo dovrà invece decidere eventuali restrizioni come fatto fino ad oggi, trovando un accordo con i governi regionali.

L’esecutivo sta cercando di utilizzare procedure accelerate per far passare la proposta rapidamente in Parlamento, ma il ministro della Salute ha dovuto esporsi ugualmente perché il numero dei contagi è tornato su cifre preoccupanti. Le autorità sanitarie tedesche hanno segnalato 29.426 nuove infezioni in un giorno, circa 9mila in più rispetto a una settimana fa, con l’incidenza settimanale per 100mila abitanti salita a 160,1 casi, ben oltre la soglia di rischio individuata.

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Germania, registrati 306 morti e 20mila nuovi contagi in 24 ore. “Focolai a scuola, in famiglia e al lavoro”

Le nuove infezioni da Coronavirus registrate in Germania nelle ultime 24 ore sono state 20.407, più del doppio rispetto al giorno prima. E si sono contati altri 306 decessi. Ad annunciarlo è stato il Robert Koch Institut, che mercoledì aveva lanciato l’allarme sulla crescente diffusione del virus negli asili nido e nelle scuole. L’istituto ha spiegato inoltre che ora si registrano più focolai nelle famiglie e nell’ambiente professionale. Al contrario, è diminuito il numero di focolai nelle case di cura e di riposo per anziani. La cancelliera Angela Merkel ha auspicato un nuovo lockdown “breve ma uniforme”.

Una situazione che ha portato a un aumento dei ricoveri nella terapie intensive e che ha spinto la Cancelliera Angela Merkel a chiedere ai Lander di dare il via libera a “un breve e uniforme lockdown. L’attuale lockdown, che prevede la possibilità di allentare le restrizioni laddove l’incidenza settimanale scenda sotto i 100 casi per 100mila abitanti, non è infatti considerato sufficiente.

“Sarebbe importante adottare un approccio federale comune“, ha dichiarato il vice portavoce dell’esecutivo, Ulrike Demmer, facendo riferimento all’alto numero di pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva in Germania. I governatori dei Laender, responsabili per l’imposizione e la rimozione delle restrizioni, hanno adottato approcci diversi: alcuni sostengono passi limitati di riaperture, mentre altri sostengono una chiusura più rigida. Armin Laschet, governatore ma anche guida del partito di Merkel, chiede un “lockdown ponte” di 2-3 settimane per controllare i contagi mentre aumentano le vaccinazioni. Inoltre Laschet ha chiesto che nella prossima riunione fra Merkel e i governatori ci sia un coordinamento sulle restrizioni.

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Chi dice che la Nazionale di Roberto Mancini ha risollevato le sorti del calcio italiano mette la polvere sotto il tappeto

È sempre la solita storia. Ce ne ricordiamo quando i nostri club rimediano figuracce su figuracce in Champions e non abbiamo nemmeno una squadra nelle prime otto in Europa: e allora giù paginate di giornali, dibattiti da bar e da salotto sui motivi del declino. Ma poi ce ne dimentichiamo alla prima vittoria della nazionale contro modesti avversari, celebrate come grandi imprese. Già si parla di “Rinascimento” del calcio italiano. Ma il movimento è in crisi e non sarà una vittoria di club o nazionale, che tutti ci auguriamo e potrebbe persino essere all’orizzonte, a cambiare la realtà.

La sosta delle nazionali ha messo in stand-by campionati e coppe, già concluso il dibattito che aveva suscitato la clamorosa eliminazione di Atalanta, Lazio e soprattutto Juventus dagli ottavi di Champions, peggior risultato per i nostri club degli ultimi cinque anni. Due settimane fa il calcio italiano sembrava morto, superato, finito. Con la nazionale riprende fiato. I meriti sono quasi tutti di Roberto Mancini. Il ct ha costruito un gruppo e ridato un’anima a questa squadra, ormai lo si ripete da tempo. È stato bravo ad individuare alcuni punti fermi (soprattutto in mezzo al campo, dove ad esempio l’esplosione di Barella e Chiesa è iniziata prima in nazionale che nei club). È stato anche agevolato dalla possibilità di ripartire da zero e ricostruire sulle macerie lasciate da Ventura, dopo di cui era davvero difficile far peggio.

Oggi l’Italia è una squadra vera, con uno spogliatoio coeso e un’identità di gioco precisa. In virtù di questo, si presenterà ai prossimi Europei se non come favorita, comunque come una delle possibili vincitrici finali. E dopo la mancata partecipazione ai Mondiali di Russia 2018 già questo è un successo. A guardarla da lontano sembra la fotografia di un movimento in salute, quantomeno in ripresa. Più ti avvicini, però, e più si notano le imperfezioni, i difetti. L’eliminazione dei club italiani, che in Europa non vincono per il loro provincialismo, la mancanza di personalità, struttura e ovviamente risorse, è una ferita aperta che non si può archiviare in un paio di settimane.

Poi c’è la nazionale, che vince e convince, ma quanto fino in fondo? È vero, è un momento un po’ strano per il calcio europeo. In giro per il continente non c’è molto di meglio. Ma nemmeno di peggio. A parte la Francia che in questo momento è di un altro pianeta, Spagna e Germania sono in crisi, però a differenza nostra hanno vinto tutto nell’ultimo decennio, una fase di transizione se la possono permettere, e soprattutto i tedeschi trainati dal Bayern hanno già iniziato la ricostruzione. Olanda, Portogallo non hanno il nostro stesso blasone. L’Inghilterra chissà se vincerà mai qualcosa d’importante, ma si consola col campionato più bello e ricco al mondo, che ha anche ripreso a sfornare talenti propri.

L’Italia invece cosa ha? Un gruppo unito che gioca bene, questo sì. E che vince con continuità, però fin qui solo contro avversari modesti: Bulgaria, Bosnia, Polonia, Estonia. Prima non vincevamo manco queste e dunque il passo avanti c’è, ma il salto di qualità è ancora da fare. In tre anni di era Mancini la vittoria di prestigio vero è una sola, l’1-0 in Nations League all’Olanda. A un certo punto però bisognerà confrontarsi anche con le big d’Europa, e chissà se per batterle basterà questo o ci vorrà qualcosa in più. La qualità che questa nazionale ha solo in parte: l’unico giocatore di fantasia è Insigne che non ha mai fatto la differenza a livello internazionale, come Immobile e Belotti, bomber da campionato domestico. Perso momentaneamente Zaniolo, non ci sono talenti nemmeno all’orizzonte, visto che l’Under 21 fatica nel suo Europeo di categoria, e non ha nessun gioiello da mettere in mostra (forse giusto Scamacca, che fa panchina al Genoa, e Tonali, bocciato al suo primo anno al Milan). Il calcio italiano oggi è un movimento che non produce realtà societarie sane da una parte, talenti e idee dall’altra. È vero che molto spesso non c’è correlazione fra l’andamento di club e nazionale, ma almeno in Italia sono due facce della stessa medaglia. Quindi godiamoci la nazionale di Mancini e speriamo negli Europei 2021. Sembra più azzurro il presente del futuro.

Twitter: @lVendemiale

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Natale in Germania, il governo vuole ristoranti e alberghi chiusi. Braccio di ferro tra Merkel e Länder, che già premono per riaprire gli hotel

Le tensioni fra il governo tedesco e i Länder in vista del Natale non sono finite. Solo una settimana fa era stato raggiunto il faticoso accordo per prolungare il semi-lockdown fino al 20 dicembre e per allentare il divieto di contatto durante le feste, consentendo incontri fino a 10 persone. L’alleggerimento delle misure durante le festività però ha subito aperto un altro fronte: almeno 8 Länder infatti vogliono aprire gli alberghi dal 23 dicembre al primo gennaio per chi si sposta per visite di famiglia. Un annuncio che è stato fortemente criticato dalla cancelliera Angela Merkel: “Mi è mancata la fantasia per immaginare che proprio le regioni più colpite avessero intenzione di riaprire gli alberghi”, ha detto durante una riunione con il direttivo della Cdu. Mercoledì è previsto il vertice tra la cancelliera e il primo ministro federale per fare il punto sul coronavirus in Germania: sul tavolo non ci sono nuove misure, ma la discussione sarà anche sul Natale.

Nella risoluzione approvata la scorsa settimana ristoranti e alberghi non sono citati tra gli allentamenti previsti per Natale. Il governo federale vuole la linea dura: quindi le chiusure previste intanto fino al 20 dicembre dovrebbero valere anche per le festività. Nell’accordo è scritto: “Gli stati federali presumono che saranno necessarie ampie restrizioni anche oltre la fine dell’anno a causa dell’elevata incidenza di infezioni. Effettueranno un’altra revisione e valutazione prima di Natale“. Quindi nulla è ancora effettivamente decisivo e diversi Länder alla fine potrebbero decidere di allentare le misure in autonomia, non senza il fastidio del governo federale.

Che la situazione sia già tesa lo dimostra la questione degli hotel. Mentre ieri Merkel andava ripetendo che serve prudenza per evitare una terza ondata – “Questo inverno dovremo essere ancora molto molto attenti” – alcuni Stati federali annunciavano l’apertura degli hotel. Tra questi ci sono ad esempio Meclemburgo-Pomerania e Schleswig-Holstein, due zone dove il virus circola relativamente poco: l’incidenza è inferiore a 50 nuovi contagi ogni 100.000 abitanti in una settimana. Ma a far infuriare la cancelliera sono invece gli annunci arrivati da Berlino, una delle zone più colpite dalla pandemia. È alla Capitale che Merkel si riferisce quando dice che le mancava l’immaginazione per sospettare che i Länder particolarmente colpiti dal virus volessero aprire gli hotel.

Le aperture proposte dai governi federali per gli hotel non riguardano il turismo, ma solo i viaggi per i ricongiungimenti familiari durante le festività, quindi dal 23 dicembre al 1 gennaio. Ad oggi gli alberghi tedeschi sono già aperti, come in Italia, ma solo per viaggi di lavoro. “La regola è che vanno evitati tutti i viaggi che non sono assolutamente necessari. Questo include viaggi turistici. Visitare i parenti non è un viaggio turistico “, ha detto Melanie Reinsch, portavoce della Cancelleria del Senato di Berlino, al Tagesspiegel. Per Merkel però è già troppo. La cancelliera inoltre ha giustificato le sue critiche spiegando che non sarà possibile verificare se gli ospiti che hanno soggiornato in hotel abbiano effettivamente fatto visita a dei parenti.

Alla fine potrebbero essere gli stessi alberghi a decidere di restare chiusi, perché aprire per appena 10 giorni potrebbe risultare per molti economicamente dannoso, come ha spiegato la stessa associazione degli alberghi e ristoranti tedeschi (Dehoga). La questione è però una spia del fastidio della cancelliera. La stessa dialettica che in Italia vede di fronte il governo (sulla linea della cautela) e le Regioni (che invece spingono per riaprire) si ripropone anche in Germania. Ovviamente in tono minore, visto che (a parte Baden-Württemberg e Turingia) tutti i Länder sono amministrati da presidenti di Cdu o Spd, le due forze al governo del Paese. Merkel, però, guarda alla vicina Francia, dove un lockdown più duro ha permesso di abbassare più velocemente la curva dei contagi. La Germania invece, come già accaduto durante la prima ondato o a settembre con la scuola, rischia un Natale senza una chiusura ordinata, ma con regole diverse per ristoranti e locali da Land a Land.

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Coronavirus, per i Länder tedeschi Natale e Capodanno con massimo 10 persone. In Francia alleggerimento in tre fasi

L’accordo sarà discusso domani alla riunione con la cancelliera Angela Merkel. Ma intanto i ministri-presidenti dei Laender tedeschi hanno trovato un’intesa per le misure di contenimento per Natale e Capodanno: dal 23 dicembre al primo gennaio sarà possibile ritrovarsi con altri nuclei familiari o altri singoli per un massimo di 10 persone, esclusi i ragazzi al di sotto dei 14 anni, mentre si invitano tutti i cittadini ad una quarantena preventiva auto-imposta prima delle festività.

Un elemento contenuto nelle bozze del documento che sarà discusso mercoledì e che prevede anche l’intenzione dei Land di prolungare il lockdown-light fino al 20 dicembre. Intanto i casi in Germania aumentano: nelle ultime 24 ore si sono registrati 13.554 tamponi positivi e 249 decessi, mentre nel giorno precedente i contagi erano stati 10.864. Con gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Robert Koch, sale a 942.687 il numero totale dei casi in Germania ed a 14.361 quello dei decessi provocati dal Covid.

La Francia invece, che ha annunciato la decisione sull’apertura o meno degli impianti sciistici entro 10 giorni, attende l’intervento del presidente Emmanuel Macron, in programma per questa sera alle 20. A tre settimane dall’entrata in vigore delle restrizioni, in mattinata il capo dello stato francese ha in programma di riunire un Consiglio di Difesa per fare il punto sulla situazione. Come per i suoi precedenti interventi pubblici, si prevedono alti indici di ascolto, anche se l’incertezza è meno forte questa volta e il quadro generale è stato anticipato. L’alleggerimento si farà in tre tappe, intorno al primo dicembre, prima di Natale e all’inizio del prossimo anno. Macron ha anticipato domenica di voler dare ‘chiarezza e coerenza” ma il premier Jean Castex – che descriverà le misure nel dettaglio giovedì pomeriggio – ha voluto sottolineare ieri sera che si va semplicemente verso un “leggero allentamento del confinamento”.

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Angela Merkel, una solida alternativa alla politica del testosterone

Nel 15esimo anniversario dell’elezione della cancelliera Angela Merkel vengono spontanee alcune considerazioni relative al suo ‘stile politico’. Per molti la Merkel oggi rappresenta l’antitesi del politico aggressivo al quale piace indossare la divisa del maschio alfa, si pensi a Trump o a Putin. Tuttavia questa dicotomia non è un fenomeno del presente.

Angela Merkel venne eletta cancelliera nel 2005, quando George W. Bush e Tony Blair giocavano alla guerra in Iraq insieme ai loro fedeli alleati, lo spagnolo Aznar e l’italiano Berlusconi. La Germania, non dimentichiamolo, si rifiutò di entrare a far parte della coalizione promossa da costoro, un fronte che oggi sappiamo fu costituito grazie alle menzogne fabbricate ad hoc dai neo-con e dal new-labour. Sono dunque 15 anni che la Merkel ha a che fare con questo tipo di politico e 15 anni che gli tiene testa.

La sua più grande vittoria non è l’essere sopravvissuta per così tanto tempo nel recinto del narcisismo politico, né l’essere diventata il leader politico tedesco post-bellico con la maggiore anzianità a pari-merito con Helmut Köhl, ma aver gestito mirabilmente la politica interna ed estera tedesca ed europea durante le frequenti ondate di testosterone lanciate dai suoi colleghi maschi. Come c’è riuscita? Di certo l’ha aiutata l’essere intelligente, colta e anche scaltra, ma il vero segreto del successo è l’istinto politico che questa donna ha sviluppato durante l’adolescenza e la giovinezza.

Angela Merkel è nata nel 1954 ad Amburgo ma è cresciuta oltre cortina poiché suo padre, un ministro protestante, decise di portare la famiglia a vivere nella Germania dell’Est. E’ dunque sotto il regime comunista che la giovane Merkel si è formata, ha fatto i suoi studi e ha imparato a navigare le tormentate acque della politica post-bellica. Senza quella palestra non sarebbe stata in grado di gestire crisi epocali come quella del debito sovrano o dei migranti. In entrambi i casi la Merkel prese decisioni in netto contrasto con i colleghi: si rifiutò di espellere la Grecia dall’euro e aprì le frontiere a milioni di rifugiati. Nonostante l’opposizione degli altri leader europei, la Merkel ebbe ragione, sorprendendo un po’ tutti, inclusi i suoi fan.

L’abilità politica di questa donna, che ha un dottorato in fisica quantistica e non ha studiato legge, politica o economia come gran parte dei politici, sta nello scegliere le battaglie che vale la pena combattere e vincere senza farsi influenzare dall’ideologia. Poche ma fondamentali: era questa l’unica tattica della sopravvivenza oltre cortina. Tra l’una e l’altra la migliore strategia è mantenere l’equilibrio usando la razionalità come bilancia. Ed ecco spiegato perché molti hanno considerato la Merkel un leader cauto, forse anche troppo, e perché decisioni come l’aperura delle frontiere ai migranti hanno suscitato sorpresa.

La storia però non la descriverà come cauta né imprevedibile, ma come una grande leader sempre in sintonia con la realtà, una cancelliera al sevizio del proprio popolo, che una volta abbandonata la scena politica si godrà una vecchiaia tranquilla, lontano dai riflettori. La storia la celebrerà anche per la gestione della pandemia, che coraggiosamente Merkel ha descritto come la crisi più seria per il paese dalla seconda guerra mondiale. Con razionalità, conoscenza scientifica e grande umiltà la cancelliera ha affrontato la minaccia del coronavirus, a differenza di altri politici non ha mai sminuito né ingigantito il problema, lo ha costantemente analizzato sviluppando strategie ad hoc.

Nell’era della politica-spettacolo, in cui tutto e tutti sono sempre sopra le righe, Angela Merkel offre non solo un’alternativa solida alla politica del testosterone, ma ci ricorda che la carriera politica è una vocazione, una scelta per mettersi al servizio della comunità, non un trampolino di lancio per celebrare se stessi, far soldi o assoggettare le masse.

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