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“Ecco le riforme a costo zero che il governo Draghi deve approvare per proteggere i soldi del Recovery dalla criminalità organizzata”

Tre proposte di legge a costo zero. Tre grosse riforme che non pesano per un centesimo sulle casse dello Stato, ma che sono fondamentali per rendere più trasparenti le decisioni pubbliche. Soprattutto adesso che occorrerà decidere come spendere 209 miliardi di euro. “I fondi del Recovery fanno gola alla criminalità organizzata: solo con la trasparenza e il monitoraggio dal basso è possibile effettuare un controllo preciso e sistematico”, dice Federico Anghelé, direttore di The Good Lobby. L’organizzazione no profit, che ha raccolto l’eredità di Riparte il futuro, ha inviato tre proposte di legge al nuovo premier, Mario Draghi, impegnato in queste ore a comporre la sua squadra di governo. L’ex presidente della Bce, durante le sue consultazioni, ha dedicato un’intera giornata ai colloqui con le parti sociali e le associazioni.

Direttore Anghelé, vi aspettavate anche voi di essere convocati da Draghi?
Non avevo l’ambizione che invitasse The Good Lobby. Da una parte siamo contenti che un presidente incaricato abbia incontrato le organizzazioni della società civile. A noi risulta che lo avesse fatto solo Pierluigi Bersani nel 2013, quindi è un buon segno.

Ha detto “da una parte”. Dall’altra invece?
Il fatto che sia stato scelto un unico grosso argomento che è quello della transizione ecologica è una scelta, ma ci avrebbe fatto piacere che al tavolo della discussione con gli stakeholders ci fossero anche portatori di altri temi: dalla marginalità sociale alla trasparenza.

Insomma, avreste voluto anche voi incontre il premier. Per dirgli cosa?
Crediamo che dovrebbero essere sposate subito tre proposte, tre riforme che definirei procedurali e metodologiche rispetto alla fase in cui ci troviamo.

A che fase si riferisce? Il Recovery plan?
L’Europa sta per lanciare il più ambizioso programma di aiuti economici dalla Seconda Guerra Mondiale e non si può sbagliare. E per non sbagliare col Recovery occorre che ci sia piena trasperenza.

In che modo può esserci trasparenza sui fondi del Recovery, secondo voi?
Occorre un meccanismo per permettere alla società civile di monitorare l’avanzamento del lavoro. Capire chi sono i reali beneficiari dei fondi, come vengono usati, a che punto sono i progetti. Un monitoraggio che incentivi la collaborazione dal basso della società civile e quindi contribuisca a rendere più legittime le scelte che verranno fatte.

Nella prima bozza del Recovery plan del governo Conte era prevista la creazione di una piattaforma opendata che nei fatti doveva comunicare in tempo reale la destinazione dei fonti.
Sì, ma nella seconda bozza quella proposta è sparita. Quindi nel documento approvato dal Consiglio dei ministri quella piattaforma di monitoraggio non è più compresa. Noi abbiamo segnalato la cosa. Dal punto di vista della possibilità di prevenire un cattivo uso dei fondi quella piattaforma è requisito fondamentale. E d’altra parte da punto di vista economico uno strumento simile non costa quasi nulla.

Ha parlato di tre riforme procedurali e metodologiche: quale è la seconda?
Varare una legge sul conflitto d’interessi: questo Paese non può più davvero farne a meno.

In Parlamento è ferma una proposta di legge in questo senso.
Sì. c’è un testo base in commissione Affari costituzionali che mette insieme le proposte di M5s e Pd. Ma da ottobre non c’è stato alcun tipo di movimento sulla proposta, che non è mai approdata in aula alla Camera. In questa fase il conflitto d’interessi è un tema delicatissimo.

Per quale motivo?
Ci sono 209 miliardi da spendere e bisogna evitare a tutti i costi il rischio che il decisore pubblico faciliti l’amico, il datore di lavoro o magari qualcuno che un lavoro può assicurarglielo in futuro.

È il fenomeno delle porte girevoli: oggi parlamentare, domani consultente di un grosso gruppo industriale. In mezzo un attività in Parlamento a favore dello stesso gruppo.
Esattamente, occorre una robusta normativa su quello che si chiama revolving doors. Serve non solo normare l’accesso alle cariche elettive ma anche l’uscita: bisogna definire cosa si può fare e cosa non si può fare dopo aver ricoperto un incarico pubblico.

Perché?
Un decisore pubblico potrebbe contribuire a spingere per indirizzare determinate risorse. Assegnarle a un determinato gruppo industriale, avendo poi rassicurazioni sul dopo, su dove andrà a lavorare quando il suo mandato elettivo sarà finito. Mi verrebbe da dire non solo dopo, anche durante, come il caso Padoan ci ha insegnato.

Cosa ci ha insegnato il caso dell’ex ministro dell’Economia del governo Renzi?
Che c’è chi lascia un incarico politico per approdare immediatamente a un incarico di alto livello nel settore privato. Portandosi dietro rapporti, relazioni e informazioni che sono cruciali per il settore pubblico.

Se la proposta di legge sul conflitto d’interessi ferma alla Camera fosse approvata sarebbe possibile per un ex premier e senatore in carica percepire uno stipendio da un ente di uno Stato estero? Mi riferisco, ovviamente, al caso di Matteo Renzi.
La proposta di legge dovrebbe essere integrata in questo senso per fare in modo che gli eletti non ricevano compensi o favori da Stati esteri. Naturalmente è una questione non ad personam ma è una questione di sicurezza personale.

Quale è la terza proposta di legge?
La nostra è una proposta organica, sistematica, in cui i tre elementi si alimentano a vicenda. La terza riforma necessaria è quella che normatizzi il lobbying, che è cruciale quando parliamo del Recovery. Come i decisori pubblici interagiscono con i portatori d’interesse? Con chi interagiscono? E quali portatori d’interesse vengono lasciati fuori?

Serve una legge per rispondere a queste domande?
Per noi è fondamentale sapere chi sono i portatori d’interesse, come le decisioni vengono prese e avere la possibilità di tracciarle. Naturalmente sono scelte che rimangono in capo alla politica, ma è importante sapere che il decisore pubblico consulta le società energetiche o non anche le associazioni ambientaliste. O che consulta solo certe categorie economiche, o determinati gruppi aziendali: sono chiare indicazioni che suggeriscono come le scelte fatte sono tutt’altro che trasparenti e inclusive.

Anche su questo fronte c’è già una proposta di legge in Parlamento.
Ce ne sono tre: una del Pd, una del M5s e una d’Italia viva. Sono buone proposte di legge su cui tutti gli auditi – società di lobbying e associazioni – hanno dato parere positivo. Ora si tratta di andare avanti e trasformarle in leggi dello Stato: il nuovo governo lo può fare in pochi giorni.

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M5s, online parte la campagna per il voto su Rousseau: i contrari organizzano V-Day. I governisti rispondono con il D-Day

In attesa che venga pubblicato il quesito per il voto sulla piattaforma Rousseau, parlamentari e attivisti M5s hanno iniziato campagne online pro o contro il sostegno al governo Draghi. Da una parte il V-Day per il No con “cittadini e portavoce”, organizzato dal facilitatore regionale in Campania Luca Di Giuseppe; dall’altra il fronte di ministri e parlamentari che ha deciso di organizzare una “controffensiva mediatica” con post e dichiarazioni che, stando a quanto anticipato dall’agenzia Adnkronos, è stata già battezzata “D-day” prendendo in prestito l’iniziale del nome dell’ex presidente della Bce.

Sul fronte del No è molto attesa anche l’intervista che Alessandro Di Battista rilascerà ad Andrea Scanzi alle 18 in diretta Facebook. Proprio l’ex deputato 5 stelle, fin dall’inizio delle consultazioni, si è esposto perché il Movimento non entri nella prossima maggioranza: “Mai con Forza Italia”, ha ribadito più volte sulla sua pagina Fb. Sulle stesse posizioni si è schierata l’ex ministra Barbara Lezzi che invece parteciperà al V-Day per il No. Insieme a le anche altri esponenti M5s, tra cui: le senatrici Luisa Angrisani, Rosa Silvana Abate e Bianca Laura Granato, i senatori Elio Lannutti e Mattia Crucioli; le consigliere regionali Antonella Laricchia, Maria Muscarà, Francesca De Vito; il consigliere comunale Matteo Brambilla; i deputati Raphael Raduzzi, Andrea Colletti, Leda Volpi, Jessica Costanzo, Alvise Maniero, Paolo Giuliodori e Pino Cabras.

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Bongiorno (Lega) a La7: “Conte all’interno del governo Draghi? Sì, può dare grosso contributo”

“Conte con un ruolo all’interno del governo? Assolutamente sì, può fare parte e dare un grosso contributo a questo esecutivo“. Sono le parole della senatrice della Lega, Giulia Bongiorno, ospite di Tagadà, su La7, in riferimento al coinvolgimento di Giuseppe Conte nel governo guidato da Mario Draghi. “Il punto non sono i nomi”, ha aggiunto Bongiorno, “ma lo spirito con cui si lavora. Con Conte abbiamo avuto un’esperienza di governo, terminata perché la Lega vedeva che non si andava avanti. Ora, ovviamente, ci sarà la trazione di Draghi, che non credo sia un uomo che non farà andare avanti le cose. Conte ministro? Se vuole andare…”.

Video La7

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Effetto Draghi, spread ancora giù e sui minimi dal 2015. Piazza Affari più cauta e intorno alla parità

In attesa di sapere se il governo Draghi nascerà davvero i mercati proseguono la luna di miele con l’ex banchiere centrale. Lo spread, la differenza tra quanto rende un titolo di Stato decennale italiano e l’equivalente tedesco, scivola fino a 102 punti, su livelli che non si vedevano dalla fine del 2015. I Btp a dieci anni rendono lo 0,59%.

Più tiepida oggi la borsa con Milano allineata con le altre piazze europee in una giornata per ora senza particolari spunti ed indici intorno alla parità. A Piazza Affari svetta Pirelli (+ 4,6%), seguita da Finecobank (+ 3%) che oggi ha diffuso conti che evidenziano un balzo della raccolta netta a gennaio , e Cnh (+2,2%). Male viceversa le utilities A2A (- 1,6%) ed Hera (- 1,3%).

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Accordi&Disaccordi (Nove), Travaglio: “Salvini e Renzi vogliono ora Mario Draghi al posto di Conte? Irresponsabili e sciacalli”

“Siamo l’unico Paese nel quale, mentre in tutto il mondo il problema è il Coronavirus, per alcuni politici il problema è cambiare il presidente del Consiglio o cambiare il governo“. Nel suo intervento settimanale ad ‘Accordi&Disaccordi’, il talk politico condotto da Andrea Scanzi e Luca Sommi, in onda su Nove tutti i venerdì alle 22.45, Marco Travaglio commenta le dichiarazioni di Matteo Salvini e Matteo Renzi che, ieri, avevano fatto intendere di pensare a Mario Draghi come possibile successore di Giuseppe Conte in un governo di unità nazionale post emergenza. “Non credo che esista, forse in Macedonia, un dibattito su un cambio di governo durante un’emergenza di questo genere – spiega il direttore de Il Fatto Quotidiano – Stiamo parlando di due irresponsabili, due sciacalli, ma non è più nemmeno una novità. Ormai il loro è un rumore di fondo, un ronzio di sottofondo”, conclude il giornalista.

“Accordi&Disaccordi” è prodotto da Loft Produzioni per Discovery Italia ed è disponibile anche su Dplay (sul sito www.it.dplay.com – o scarica l’app su App Store o Google Play). Nove è visibile al canale 9 del Digitale Terrestre, Sky Canale 145 e Tivùsat Canale 9. Segui @aedtalkshow su Facebook, Twitter e Instagram.

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