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“Un ricovero al minuto per il Covid”: l’allarme del ministro della Salute francese. Nuova stretta: discoteche chiuse per 4 settimane

In Francia ogni minuto viene ricoverato un paziente a causa del coronavirus. È l’allarmante dato sulla diffusione del Covid 19 reso noto dal ministro della Salute Olivier Véran durante l’ultima conferenza stampa sulla pandemia, al termine del Consiglio di Difesa. Il ministro ha fatto sapere che la “variante Omicron è molto più contagiosa della Delta”, anche per questo la circolazione del virus risulta essere superiore al picco registrato durante la terza ondata.

Anche per questi numeri la Francia ha quindi deciso di correre ai ripari annunciando una nuova stratta. Il primo ministro Jean Castex ha fatto sapere che le discoteche saranno chiuse per quattro settimane a partire da venerdì. Il premier ha anche auspicato un rafforzamento del telelavoro nelle imprese private, da praticarsi due-tre giorni a settimana nel privato e tre giorni nel pubblico e ha invitato a limitare la convivialità nella vita privata e a rinunciare a festività natalizie, seminari e feste di pensionamento al lavoro. Alle scuole elementari si passa al livello 3 del protocollo, con mascherine anche a ricreazione e misure per evitare affollamenti a mensa.

Secondo Véran ora è necessario “frenare, frenare, frenare” la diffusione della variante Omicron, a oggi identificata in 25 casi in Francia, di cui 21 importati soprattutto dall’Africa australe e quattro trasmessi sul suolo francese. La facilità di diffusione della variante, infatti, “potrebbe causare un’ondata dentro un’ondata”. Tuttavia, per il momento, “nulla ci dice” che la variante “sia più pericolosa”, quindi, al momento, “nulla giustifica un cambiamento nella strategia vaccinale”. Entro il 15 dicembre, ha fatto sapere ancora il ministro, più di 15 milioni di francesi avranno avuto la terza dose del vaccino anti-Covid.

Per quanto riguarda il vaccino ai bambini, il primo ministro ha fatto sapere che la campagna partirà il 15 dicembre per gli under 11 a rischio, mentre per gli altri si partirà attorno al 20 dicembre. Al momento, ha fatto sapere Veran, ci sono ottanta bambini ricoverati per conseguenze del coronavirus, di cui 15 in terapia intensiva.

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Usa, la Casa Bianca annuncia il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi di Pechino 2022

È arrivata la comunicazione ufficiale, dopo ripetuti annunci e avvisi. La Casa Bianca ha annunciato che nessun rappresentante dell’amministrazione statunitense sarà presente ai Giochi Invernali di Pechino 2022: un boicottaggio diplomatico, che non coinvolgerà gli sportivi. Si punta a mandare alla Cina un messaggio in merito alla difesa dei diritti umani nel Tibet a Hong Kong e nello Xinjiang. Pechino è infatti accusata di soffocare la voce degli oppositori e di violare le libertà delle minoranze religiose come quella degli uiguri, perseguitata e oggetto di torture e violenze. Una situazione, quest’ultima, che la Casa Bianca ha definito senza giri di parole “genocidio”. La decisione di Joe Biden potrebbe indurne altre, simili, da parte di alcuni Paesi. Fra questi Australia e Regno Unito.

Poco prima dell’annuncio ufficiale il ministero degli Esteri cinese si era fatto sentire: “Se gli Stati Uniti insistono nell’andare sulla propria strada adotteremo sicuramente contromisure risolute. Le Olimpiadi Invernali non possono essere il palcoscenico per una provocazione politica”, queste le parole del portavoce Zaho Lijian. “Sarebbe una grave macchia per lo spirito della Carta Olimpica e una grave offesa per un miliardo e mezzo di cinesi”.

Una scelta forse simbolica che però rischia di mettere fine al tentativo di disgelo avviato settimane fa nel corso del summit virtuale fra Biden e Xi Jinping. Il no alle Olimpiadi di Pechino da parte degli Usa, pur salvaguardando la partecipazione degli atleti americani, si andrebbe infatti ad aggiungere alle tensioni legate alla questione Taiwan. Con quest’ultima, a differenza della Cina, invitata alla Conferenza per la democrazia convocata da Biden per i prossimi giorni. Decisiva verso il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022 sarebbe stata la vicenda della star cinese del tennis Peng Shuai, per tre settimane sparita dalla scena pubblica dopo aver denunciato di aver subito violenze sessuali da parte di un ex alto responsabile del Partito Comunista.

La presa di posizione di Washington era nell’aria da tempo, viste le pressioni di molti ambienti fuori e dentro il Congresso. Per tornare a situazioni di boicottaggio olimpico bisogna risalire al 1980, quando l’amministrazione di Jimmy Carter guidò oltre 60 Paesi che non parteciparono ai Giochi di Mosca per protesta re contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Come rappresaglia quattro anni più tardi quindici Paesi insieme all’Unione Sovietica boicottarono i Giochi di Los Angeles.

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Malcolm X, la figlia Malikah Shabbaz trovata morta in casa. La polizia: “Cause naturali”

E’ stata trovata morta dalla figlia, nella loro casa di Brooklyn, a New York. È quello che è successo a Malikah Shabazz, la figlia di Malcolm X. Lo ha reso noto il dipartimento di polizia di New York alla Cnn, specificando che la donna, 56 anni, è stata trovata priva di sensi e che le forze dell’ordine hanno parlato di una morte che sembra dovuta a cause naturali.

Quando il leader per i diritti degli afroamericani fu assassinato nel 1965 a New York, la moglie Betty Shabaz era incinta proprio di Malikah, la più giovane delle sei figlie di Malcolm X, ha ricordato Bernice King, figlia di Martin Luther King Jr., in un post su Twitter: “Sono profondamente rattristata dalla morte di Malikah Shabazz. Il mio pensiero va alla sua famiglia, i discendenti della dottoressa Betty Shabazz e Malcolm X. Riposa in pace, Malikah“. Solo pochi giorni fa la Corte suprema di New York aveva scagionato Muhammad A. Aziz, 83 anni, e il defunto Khalil Islam, due delle tre persone condannate per l’assassinio dell’uomo simbolo dei diritti civili. L’omicidio avvenne dopo l’accusa pubblica di infedeltà rivolta da Malcolm X al fondatore della Nation of Islam, Elijah Muhammad, quando lasciò l’associazione musulmana nel 1964.

(Nella foto Malikah è a sinistra, a destra la sorella Ilyasah)

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Il coprifuoco in Olanda, il lockdown per i non vaccinati in Austria: l’Italia apripista sul green pass, ora in Ue arrivano norme più rigide

L’Europa ha di nuovo paura della pandemia. E per contenere una nuova impennata di contagi e decessi, un ritorno a restrizioni dure non è più considerato un tabù nemmeno dal suo Paese più popoloso e centrale, la Germania. A Berlino studiano le soluzioni che sono già state adottate in Austria, dove sono scattate le prime restrizioni per i non vaccinati e a breve si arriverà al lockdown per i no vax. Oppure in Olanda, dove tornerà il coprifuoco. L’Italia, dopo essere stata apripista nell’introduzione del green pass e in particolare nella sua estensione ai luoghi di lavoro, è ancora tra i pochissimi Paesi a “bassa preoccupazione”, secondo l’Ecdc. Ma anche Roma si deve preparare ad affrontare la quarta ondata e il governo sta valutando come aggiustare in corsa i provvedimenti. Se si riuscirà a contenere il rialzo dei contagi, resteranno le misure attuali. Intanto però, nei Paesi dove ad oggi il virus corre più veloce, le restrizioni sono già diventate più rigide. La pandemia, d’altronde, ha insegnato che rincorrere è molto peggio che prevenire.

Il provvedimento che impone il lockdown alle persone non vaccinate sta acquisendo consenso in Austria, dove la maggioranza dei governi regionali si sta schierando a sostegno della misura. Sabato pomeriggio è fissato un vertice tra il cancelliere Alexander Schallenberg, il ministro della Salute Wolfgang Mueckstein e i leader dei 9 stati federati per stabilire le regole del provvedimento, che verrebbe poi approvato dal Parlamento in serata. L’accelerazione arriva mentre il Paese ha fatto registrare altri 13mila contagi nelle ultime 24 ore, con un’incidenza settimanale di nuovi casi ogni 100mila abitanti salita a 814,6. Nei giorni scorsi erano già state irrigidite le misure restrittive, con il divieto di accesso a gran parte dei luoghi pubblici per le persone non ancora vaccinate. L’ulteriore giro di vite potrebbe scattare già lunedì, come a Salisburgo ed Alta Austria, le prime regioni a partire. I non vaccinati potranno uscire di casa solo per il lavoro, acquisti di prima necessità e per fare due passi.

Chiudere in casa i no vax è una scelta indubbiamente non facile per le autorità (l’Ue stessa ha ribadito che tali decisioni spettano ai singoli Stati), ma dà il senso di quanto sia alto il rischio in tutta l’Europa che vengano vanificati gli sforzi condotti in questi due anni di emergenza sanitaria. In Austria la percentuale degli immunizzati è inferiore rispetto alla media dei Paesi virtuosi (circa il 64% della popolazione), ma l’allarme arriva anche dalla Germania, che invece ha un tasso di vaccinazione tra i più alti, seppure inferiore all’Italia. “La situazione è seria e vi chiedo di prenderla sul serio”, è l’appello ai tedeschi del ministro della salute Jens Spahn. Alcuni Länder tedeschi hanno già introdotto la regola 2G, ovvero la chiusura della maggior parte dei luoghi pubblici (bar, ristoranti, cinema, stadi, ecc) a chi non è vaccinato o guarito. In Baviera oltre ai divieti per i non vaccinati è scattato da martedì scorso anche l’obbligo di green pass per lavorare. Sempre il governo bavarese ha anche sospeso tutti i mercatini di Natale. La coalizione che sta portando avanti le trattative per la formazione del nuovo governo (Spd. Verdi e Liberali) penso però perfino a una regola 2G plus: luoghi pubblici aperti solo a vaccinati e guariti, che però devono comunque fare un tampone. Senza provvedimenti, ha avvertito intanto Spahn, “l’incidenza raddoppierà ogni due settimane“.

Lo sanno bene in Belgio, dove in appena 7 giorni i contagi sono schizzati del 42% (+20% dei ricoveri). Infatti la vicina Olanda ha deciso di rispondere in modo drastico al nuovo picco di contagi e all’aumento di ricoveri registrato questa settimana. Torna un lockdown parziale di tre settimane. Tra le misure messe in campo la chiusura di bar e ristoranti alle 20 e dei negozi di beni non essenziali alle 18. Il provvedimento, annunciato dal premier Mark Rutte, è significativo, perché si tratta del primo Paese europeo a tornare a restrizioni così dure dopo mesi di relativa libertà di movimento. Ma il “virus è ovunque”, ha avvertito. Intanto anche la Norvegia, proprio per evitare un ritorno al lockdown, ha appena deciso di reintrodurre il pass per eventi, luoghi pubblici e locali notturni. Inoltre, il governo di Oslo accelera anche sulla terza dose e la offrirà fin da subito a tutti i maggiori di 18 anni.

Due mesi dopo aver sollevato tutte le restrizioni, anche la Danimarca è tornata a imporre il green pass per frenare i contagi. A partire da venerdì il passaporto verde è nuovamente necessario per entrare in bar, ristoranti e discoteche, ma anche per partecipare a grandi eventi. Il governo danese aveva sollevato tutte le restrizioni contro il covid, compreso l’obbligo di mascherina, il 10 settembre, confidando sull’alto tasso di vaccinazione e la bassa circolazione del virus. Ma a metà ottobre i casi hanno ripreso a risalire e negli ultimi giorni il bollettino giornaliero ha superato il record di contagi dell’anno scorso. L’annuncio del ritorno al Green pass ha intanto fatto salire il numero dei nuovi vaccinati. La Croazia invece lo ha reso obbligatorio solo negli enti pubblici.

Per ora, lo hanno ribadito venerdì all’Ansa fonti dell’esecutivo, a Palazzo Chigi sono convinti che il ‘sistema Italia‘ stia tenendo, anche grazie a scelte più rigide rispetto ad altri Paesi europei. Le altre cancelliere continentali però stanno correndo ai ripari e alcune hanno deciso per interventi ancora più duri. Il governo per ora ha escluso che ci saranno lockdown per i non vaccinati sulla scia di quanto succede a Vienna e non solo. Ma un’altra stretta potrebbe arrivare, specialmente prima del periodo cruciale delle vacanze di Natale, quando sul tavolo dell’esecutivo arriverà anche la proroga dello stato d’emergenza. Per ora, nonostante gli ultimi dati dell’Iss sul calo dell’efficacia vaccinale dopo i 6 mesi, non si valuta una riduzione della durata del green pass per chi ha le due dosi. Secondo il Messaggero, però, il governo pensa a un modello simile al 2G tedesco: al ristorante, al cinema o allo stadio si andrà solo se vaccinati o guariti, mentre sul luogo di lavoro sarà sufficiente anche il tampone.

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Germania, terapie intensive al limite: pronto l’intervento di 12mila soldati. Venerdì nel distretto di Berlino erano rimasti 7 posti liberi

L’incidenza settimanale in Germania è salita a 277,4 casi ogni 100mila abitanti, con 228 morti in 24 ore. In diverse circoscrizioni del Paese le terapie intensive sono al limite. L’esercito pianifica di mobilitare 12mila soldati di supporto. I militari, secondo quanto riporta Der Spiegel, dovranno sostenere gli ospedali, le cliniche e gli enti sanitari sovraccarichi, oltre a mettersi a disposizione anche per la terza dose di vaccino e i test rapidi nelle case per anziani. La cancelliera Angela Merkel ha diffuso un appello ai tedeschi a vaccinarsi: “Vi prego partecipate e cercate di convincere anche parenti ed amici”. Chiunque ha bisogno di un ricovero d’emergenza deve poterlo ottenere, ha detto Merkel, “ma proprio questo nelle circoscrizioni più colpite dal Covid non è più possibile. Le corsie sono piene, i pazienti devono essere spostati. Le operazioni pianificate vengono cancellate. Medici ed assistenti, che sentono ancora lo scorso inverno di pandemia nelle ossa, sono già al limite”.

I 16 Länder sono divisi in un sistema a gruppi, formati ciascuno da cinque distretti ospedalieri che inizialmente si devono aiutare a vicenda. Sassonia, Turingia, Berlino, Sassonia-Anhalt e Brandeburgo costituiscono uno dei distretti ospedalieri sovra-regionali. La Sassonia-Anhalt è al limite delle capacità di accettazione, Berlino venerdì aveva appena 7 posti di terapia intensiva liberi, la Sassonia ha la più alta incidenza settimanale e con il 22,1% è il secondo Land per percentuale di posti letto occupati da pazienti Covid in terapia intensiva: dispone ancora solo di 174 letti liberi su 1.336, appena il 13%. In Turingia, che è al secondo posto per incidenza settimanale, la situazione è ancora più drammatica, in percentuale ha il più alto numero di pazienti Covid in terapia intensiva – 152 malati pari al 23,9% – e solo 82 posti liberi su 637 a disposizione. Come sfogo resta per ora solo il Brandeburgo che ha però solo il 17,4% di posti liberi nelle terapie intensive. In questa situazione la clinica universitaria di Lipsia (Sassonia) ha già cancellato il 30% degli interventi non assolutamente urgenti e la Charité a Berlino si avvia a fare lo stesso.

Anche nel sud della Germania le terapie intensive sono quasi esaurite: in Baviera e Baden-Württemberg ci sono già trasferimenti giornalieri di pazienti. Sabato pomeriggio in 50 delle 96 circoscrizione locali della Baviera c’erano meno del 10% dei posti di terapia intensiva liberi e in 22 addirittura non ce n’era più nessuno. A Monaco su 452 posti, sabato ne erano disponibili solamente 16. Secondo i dati dell’Associazione interdisciplinare tedesca per la medicina intensiva e d’urgenza (DIVI), già venerdì in tutta la Baviera erano liberi solo 282 posti di terapia intensiva su 3.104, mentre in Assia erano 144 su 1.788, rispettivamente il 9,1 e l’8,1% delle capacità totali. Molti sanitari che lavorano per quattro o cinque ore consecutive indossando soffocanti strati di camici di sicurezza, sono allo stremo. A questo si aggiungono aggressioni di no-vax che sputano addosso ai medici o cercano di strappare loro le maschere, come ha dichiarato al BR24 il dottor Jens Deerberg Wittram, direttore delle cliniche RoMed di Rosenheim.

L’età dei pazienti in terapia intensiva per Covid si sta mediamente abbassando e la durata dei ricoveri in parallelo allungando. I posti letto sono diminuiti per mancanza di personale, ha evidenziato il professor Lothar Wieler, presidente del Robert Koch Institut. Il ministro della Sanità, Jens Spahn (Cdu), ha spiegato ai giornalisti venerdì che le assunzioni di nuovi assistenti di terapia intensiva ed il rifinanziamento attraverso le casse previdenziali sono state già decise da tempo, ma l’istruzione di personale di questo tipo richiede 5 anni. Per il presidente del Robert Koch Institut degli oltre 50mila nuovi casi indicati giovedì prevedibilmente almeno 3mila finiranno in ospedale, 350 in terapie intensiva e 200 moriranno.

Solo il 67,4% dei tedeschi è già completamente vaccinato (in Spagna invece sono arrivati al 92%) e un po’ più del 10% degli over sessanta (il 20% a Berlino) ha ricevuto una terza dose. Se si giungerà al 90% il virus si potrà controllare, ha dichiarato il professore Wieler, ma non sparirà e resterà potenziale causa di morte come altre malattie. È cambiato ed è più aggressivo, non si può ormai più sradicare e non si raggiungerà mai l’immunità di gregge, resterà endemico. La vaccinazione resta molto efficace e se anche i richiami da soli non porteranno più al raggiungimento di un’immunità di massa, ridurranno però la carica virale in circolazione.

Gli imprenditori ed i sindacati tedeschi sono d’accordo nell’applicare il 3G al lavoro (il green pass come in Italia), ma per il resto si valuta una stretta. Governo uscente, futura coalizione Spd-Verdi-Fpd e Länder dovranno decidere se passare al 2G+ nelle manifestazioni pubbliche: l’ingresso solo a vaccinati e guariti con test negativo effettuato massimo 24 ore prima. Intanto il Meclemburgo-Pomerania si aggiunge ai Länder in cui si applica già il 2G (ingresso consentito solo a vaccinati e guariti). Per Il professor Wieler però non basterà più neanche la regola 2G. Nelle grosse occasioni di raduno occorrerà limitare pure i partecipanti, o cancellare del tutto gli eventi, così come chiudere i bar e i club. In Baviera sono già stati sospesi tutti i mercatini di Natale e Wieler ha sconsigliato apertamente anche i party di Capodanno. In piena contraddizione per il carnevale si sono però riversate a Colonia circa 50mila persone, delle quali 11mila hanno comprato un biglietto per la grande manifestazione nel Heumarkt: dovevano essere vaccinate o guarite, ma nessuno ha dovuto presentare un tampone negativo.

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Usa, maxi risarcimento da 626 milioni alla popolazione di Flint per l’acqua contaminata: “Rischi ripetutamente ignorati”

Il giudice federale Judith Levy ha approvato un accordo da 626 milioni di dollari per le migliaia di vittime di intossicazione per via di acqua contaminata con piombo a Flint, nello Stato americano del Michigan. Una sentenza di 178 pagine su una delle peggiori crisi sanitarie pubbliche nella storia degli Stati Uniti per cui è incriminato di Rick Snyder, il politico repubblicano governatore dello stato dal 2011 al 2019. È stato lui a nominare i manager che hanno deciso la mossa al risparmio che ha portato acqua inquinata nelle case degli abitanti di Flint. Gran parte degli indennizzi, 600 milioni, saranno pagati dallo Stato del Michigan, la città di Flint contribuirà per 20 milioni e 6,25 milioni arriveranno da due società, la Mclaren Healt e la Rowe Service. Tolti 200 milioni di dollari di spese legali, l‘80% di quello che rimane è destinato ai bambini.

Infatti lo Stato è accusato di aver ripetutamente ignorato i rischi di usare tra il 2014 e il 2015 il fiume Flint come bacino idrico senza trattare adeguatamente le sue acque, mentre si stava costruendo un nuovo impianto vicino al lago Huron, a 246 chilometri di distanza. L’allarme è stato lanciato nel 2015, quando il dottore Mona Hanna-Attisha ha pubblicamente riportato elevati livelli di piombo nei bambini, così partì una prima campagna di sensibilizzazione sul tema alla quale parteciparono molti personaggi del mondo dello spettacolo nati nel Michigan, da Aretha Franklin a Eminem. “L’accordo raggiunto qui oggi è un notevole risultato per molte ragioni, non ultimo il fatto che essa stabilisce un programma di compensazione globale”, ha dichiarato il giudice Levy, che ancora non ha stabilito la tempistica per la divisione del risarcimento. Si aprirà presto un processo in cui le famiglie che hanno firmato per gli indennizzi, più della metà dei 95mila abitanti della città, dovranno presentare le prove dell’avvelenamento con esami del sangue o risultati neurologici.

Entusiasta anche Ted Leopold, uno dei principali avvocati nel contenzioso, che ha dichiarato: “Questo è un giorno storico e importante per gli abitanti di Flint, che finalmente inizierà a vedere la giustizia servita”. Infatti in America si è parlato del disastro idrico come di “razzismo ambientale”, dato che la popolazione nella città è prevalentemente di colore. Melissa Mays è un’assistente sociale di 43 anni, vive a Flint e i suoi tre figli hanno avuto problemi di salute e difficoltà di apprendimento proprio a causa del livello di piombo ne loro corpo. “Molte delle cure per i miei figli non sono coperte dall’assicurazione – ha detto -, molte cure sono supplementari e costano. Ma abbiamo fatto la storia”. Mays ha detto che spera che almeno questa sentenza stabilisca un precedente per i casi di avvelenamento. Ma la saga di Flint non è ancora finita. Nove persone, tra cui l’ex governatore Snyder, andranno presto a processo per crimini per i quali si sono dichiarati innocenti.

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Etiopia, l’esercito governativo arresta 17 missionari Salesiani. Fonti locali: “Trasportati in un luogo segreto”

Le forze militari del governo etiope hanno arrestato il 5 novembre scorso 17 tra sacerdoti, fratelli e impiegati in un centro gestito dai Salesiani nella zona di Gottera, ad Addis Abeba. Un’azione alla quale non è ancora stata data una spiegazione ma che testimonia la crescente tensione nel Paese, dopo che nove gruppi ribelli si sono uniti per rovesciare il governo centrale, arrivando fino alle porte della capitale. Secondo quanto riporta l’agenzia Fides che cita fonti locali, gli arrestati sono stati tutti portati in un luogo segreto dove adesso sarebbero detenuti. La stessa agenzia ha poi ricevuto e pubblicato un messaggio dei Salesiani in Etiopia con il quale si invita a “pregare per la pace e l’unità del Paese”: “La notizia dell’arresto di sacerdoti, diaconi e laici etiopi ed eritrei che vivevano nella casa provinciale dei Salesiani – ha commentato don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeisha – ci lascia sgomenti. Non riusciamo ancora a comprendere quali siano i motivi alla base di un atto così grave”.

Tutto avvenuti in un clima di tensione che ha alzato l’allerta dell’esecutivo guidato dal premier Abiy Ahmed Ali, già allarmato per l’ipotesi di un aumento dei combattenti tigrini alle porte di Addis Abeba. Tra i gruppi che hanno dichiarato guerra al governo ci sono l’Esercito di liberazione degli Oromo (Ola) e il Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Tplf), impegnato da oltre un anno in una guerra civile contro il primo ministro etiope. I nove gruppi hanno affermato che stanno formando un fronte unito “per invertire gli effetti nocivi del governo sui popoli dell’Etiopia e nel riconoscimento del grande bisogno di collaborare e unire le forze in direzione di una transizione sicura nel Paese”. Non è chiaro come e se l’alleanza, chiamata Fronte unito dell’Etiopia federalista e delle forze confederaliste, avrà un impatto sul corso del conflitto che il governo di Abiy ha definito una “guerra per garantire la nostra esistenza”.

Tplf e Ola sono ben conosciuti dal governo di Addis Abeba, che li considera due gruppi terroristici, ma gli altri sette alleati sono sconosciuti, come detto da un funzionario all’agenzia Afp in condizioni di anonimato: “Non conosco la maggior parte di essi, non so quante persone e quali risorse abbiano”. Ma il loro potenziale preoccupa non poco i vertici militari, con il ministero della Difesa che ha invitato i veterani a riarruolarsi nelle forze armate “per tutelare il Paese da una cospirazione per disintegrarlo”.

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Clima, Barack Obama alla Cop26 di Glasgow: “Il tempo sta scadendo. Negli Usa progressi fermati dalle scelte di Trump”

“Il tempo sta scadendo: abbiamo fatto significativi progressi dall’accordo di Parigi ma dobbiamo fare di più”, sia “collettivamente che individualmente”. È l’avvertimento lanciato da Barack Obama nel suo intervento alla Cop26 di Glasgow. L’ex presidente Usa, ha poi attaccato l’ex amministrazione Trump: “Negli Stati Uniti, alcuni dei nostri progressi sulla lotta al cambiamento climatico si sono fermati quando il mio successore ha deciso di ritirarsi unilateralmente dall’Accordo di Parigi nel suo primo anno di mandato – ha detto dal palco – Non sono stato molto contento di questo”. Quindi ha concluso: “Eppure la determinazione dei nostri governi statale e locali e i regolamenti che la mia amministrazione aveva già messo in atto, hanno permesso al nostro Paese di continuare ad andare avanti nonostante l’ostilità della Casa Bianca”.

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Afghanistan, per il Pentagono il raid che ha ucciso 10 civili (tra cui 6 bambini) “non è stato irragionevole”: “Poco tempo per fare verifiche”

Nessuna violazione della legge marziale, ma solo “errori di esecuzione”. È questo il risultato dell’inchiesta interna condotta dal Dipartimento della Difesa americano riguardo al raid con drone effettuato a Kabul, in Afghanistan, il 29 agosto scorso e che ha provocato la morte di 10 civili, tra cui 6 bambini. In quell’occasione, il Pentagono fece sapere che l’attacco, avvenuto a poche ore di distanza dall’attentato Isis all’aeroporto della capitale afghana, aveva neutralizzato un commando dello Stato Islamico che voleva di nuovo colpire lo scalo dal quale, in quei giorni, stavano partendo cittadini afghani e stranieri, personale diplomatico e militare che stavano evacuando il Paese. La verità, emersa successivamente, è che su quell’auto non viaggiava alcun terrorista, ma solo una famiglia innocente.

La Difesa Usa, per bocca del generale Sami Said, ispettore generale dell’Air Force, scarica sul particolare stato emergenziale in cui si trovavano in quei giorni il Paese e le forze militari straniere, dovuto anche all’intensificazione degli attacchi Isis e a un’interruzione delle comunicazioni che ha impedito ai militari di svolgere le necessarie verifiche sul veicolo nei minuti che hanno preceduto il bombardamento, le responsabilità di ciò che è successo.

Le forze americane rimaste sul terreno erano nell’aeroporto, ricorda Said, e l’intelligence pensava che altri attacchi fossero imminenti. Per questo il raid, che ha definito “di autodifesa”, è stato gestito in modo diverso dalle solite operazioni antiterrorismo, in cui viene monitorato anche per giorni un potenziale target. Gli analisti militari hanno avuto poco tempo per valutare i materiali d’intelligence a disposizione che indicavano l’auto, una Toyota Corolla bianca che viaggiava nei pressi dell’aeroporto, come un pericolo. Nello specifico, ha spiegato, non era stato possibile monitorare e seguire il mezzo e i suoi occupanti nei giorni precedenti alla decisione di bombardarlo, come viene fatto invece solitamente quando i militari si apprestano a svolgere operazioni di antiterrorismo. Per fare un esempio, anche nel caso della famosa operazione di Abbottabad, in Pakistan, nella quale venne ucciso il capo di al-Qaeda, Osama bin Laden, l’intelligence monitorò a lungo l’edificio per stabilire con una percentuale d’errore ritenuta accettabile che all’interno si nascondesse il fondatore de La Base, oltre a verificare anche la presenza di bambini nella struttura e permettendo così ai Navy Seal del Team Six di operare con questa consapevolezza.

In questo caso, invece, si è deciso di agire pur non essendo in possesso di queste informazioni preliminari, ha ammesso Said. A questo si è aggiunto un problema tecnico: nel corso del monitoraggio che ha preceduto l’attacco, sono state interrotte le comunicazioni che hanno impedito di poter continuare a vedere il veicolo che era stato localizzato in un posto associato allo Stato Islamico nella provincia del Khorasan. Quando le comunicazioni sono riprese, ha poi aggiunto il generale, mancavano appena due minuti al lancio del razzo e si è optato per l’autorizzazione. In quell’arco ristretto di tempo, però, secondo le immagini e per lo stesso Said, era evidente la presenza di almeno un bambino, anche se “non era al 100% ovvio”, ha detto il generale. Nella fretta dell’azione, ha aggiunto, gli operatori non hanno analizzato a fondo le immagini: “Noi abbiamo avuto tutto il tempo di farlo durante l’inchiesta”, ha detto ancora giustificando il team responsabile del raid. Arrivando alla conclusione che sulla base delle informazioni a disposizione, “in un’operazione complicata in uno scenario complicato”, è stato deciso in modo non arbitrario o negligente che l’auto costituisse una minaccia. “Non è stata una decisione irragionevole, solo non corretta”, ha affermato ancora Said. Costata dieci vite di civili innocenti.

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Covid, l’allarme dell’Oms: “L’Europa è di nuovo l’epicentro della pandemia. Preoccupa il ritmo di trasmissione”

“Il ritmo di trasmissione nei 53 Paesi della regione europea è fonte di grave preoccupazione. E i casi di Covid-19 si stanno nuovamente avvicinando a livelli record“. È l’ultimo allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità tramite il direttore per l’Europa, Hans Kluge. “Se rimaniamo su questa traiettoria – ha spiegato Kluge in conferenza stampa – potremo vedere un altro mezzo milione di morti da Covid-19 in Europa e in Asia centrale entro il primo febbraio del prossimo anno”. “Siamo ancora una volta l’epicentro dell’epidemia”, ha fatto sapere, sottolineando che “i vaccini sono la nostra risorsa più potente, se usati insieme ad altri strumenti”.

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