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Trasferimenti irregolari di calciatori nigeriani minorenni, la Fifa sanziona lo Spezia: ‘Mercato fermo per 4 sessioni e 460mila euro di multa’

Mercato bloccato per quattro sessioni a partire dalla prossima finestra invernale, sia a livello nazionale che internazionale, e una multa da 500mila franchi svizzeri (circa 460mila euro). È questa la maxi-sanzione comminata dalla Fifa allo Spezia Calcio per aver violato le norme sui trasferimenti internazionali di giocatori minorenni ed emersa dopo un’indagine portata avanti dal Dipartimento di Esecuzione Regolamentare della Federazione. Insieme alla società ligure, ad essere colpite dalle sanzioni sono anche la USD Lavagnese 1919 e la Valdivara 5 Terre, entrambe obbligate allo stop sul mercato per quattro sessioni e a pagare una multa di 4mila Franchi svizzeri a testa (3.685 euro circa).

La Commissione ha spiegato che la vecchia proprietà del club spezzino, che aveva già patteggiato con la Figc per 60mila euro di multa, ha violato l’articolo 19 del Regolamento Fifa sullo status e sul trasferimento dei giocatori avendo portato in Italia parecchi calciatori nigeriani minorenni usando un sistema finalizzato ad aggirare il suddetto articolo, oltre alle norme nazionali sull’immigrazione. Nonostante ciò, a pagare la sanzione saranno i nuovi proprietari della società ligure.

Nello specifico, come spiegato in un articolo di Domani, dietro a queste manovre c’era l’ex patron e imprenditore italo-nigeriano Gabriele Volpi che, oltre alla società ligure, aveva coinvolto anche il Rijeka e il Football College Abuja. Fu lo stesso Volpi che, nel 2019, venne indagato e poi archiviato con l’ex furbetto del quartierino Gianpiero Fiorani in un’inchiesta simile che coinvolgeva sempre la società ligure. In poche parole, i giovani ragazzi nigeriani venivano portati minorenni in Italia per partecipare a dei tornei giovanili. Ma quando arrivava il momento di tornare a casa, questi rimanevano nel Paese come minori non accompagnati, in maniera illegale, continuando a giocare per le squadre dilettantistiche che servivano come appoggio fino al compimento del 18esimo anno di età, quando le promesse del calcio erano a quel punto pronte per firmare un contratto professionistico con la società spezzina. La Procura di La Spezia ha inoltre aperto un’inchiesta per immigrazione irregolare.

Da parte sua, la società ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Fifa: “Il Club è sorpreso ed estremamente deluso da questa sentenza – si legge in un comunicato – Le presunte irregolarità imputate allo Spezia Calcio sono avvenute nel periodo compreso tra il 2013 e il 2018, quindi sotto la precedente amministrazione del club. Tutti i membri della precedente proprietà e del team di management appartenente ad essa attualmente non ricoprono ruoli di responsabilità all’interno del club. Quando il nuovo gruppo proprietario ha acquisito lo Spezia Calcio, nel febbraio del 2021, l’indagine Fifa non è stata esposta in maniera adeguata. Il Club è stato informato soltanto ad aprile e ha agito immediatamente per condurre un controllo interno su tali accuse, per dimostrare che le irregolarità non riguardano l’attuale proprietà”.

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Eni Nigeria, dopo le polemiche procura e tribunale siglano la pace con un comunicato: “Il pm non vince e non perde i processi”

Il “pubblico ministero come organo di giustizia non vince e non perde i processi, ma in conformità alle norme costituzionali li istruisce”. È una nota firmata dal presidente del Tribunale di Milano Roberto Bichi, dal procuratore Francesco Greco e da altri vertici del Palazzo di Giustizia, che arriva dopo un incontro e sigla la “pace” dopo le polemiche dei giorni scorsi in seguito all’assoluzione degli imputati del processo Eni-Nigeria. “Il Giudice terzo (…) verifica la tesi dell’accusa e della difesa – si legge ancora – e decide in piena autonomia”.

Oltre al procuratore Greco all’incontro erano presenti i procuratori aggiunti Maurizio Romanelli ed Eugenio Fusco, il presidente vicario del Tribunale Fabio Roia e il presidente dell’Ufficio gip/gup Aurelio Barazzetta. Nei giorni scorsi, il presidente Bichi con una lettera indirizzata al collegio, che ha emesso la sentenza sul caso nigeriano, aveva difeso i giudici Tremolada (presidente), Gallina e Carboni. Missiva nella quale Bichi aveva preso una dura posizione nei confronti dei pm che hanno sostenuto l’accusa nel processo per “la gravità delle insinuazioni fatte circolare”, che hanno messo in dubbio “il carattere di terzietà” del collegio. Con un comunicato, poi, Greco aveva espresso il suo appoggio all’aggiunto Fabio De Pasquale e al pm Sergio Spadaro affermando di essere al loro “fianco”. Inoltre, ad alimentare le tensioni c’erano state le parole del sostituto pg Celestina Gravina nel processo d’appello a carico di due presunti mediatori nel caso Nigeria, la quale aveva addirittura stigmatizzato lo “spreco di risorse” nelle indagini.

Il comunicato di oggi sembra cercare di rasserenare il clima. “La giurisdizione milanese ha sempre rispettato e valorizzato i principi costituzionali del giusto processo e dell’obbligatorietà dell’azione penale, della funzione del pubblico ministero come organo di giustizia – che dunque non vince e non perde i processi, ma in conformità alle norme costituzionali li istruisce -, del ruolo del Giudice terzo che verifica le tesi dell’accusa e della difesa e decide in piena autonomia interpretando le norme e applicandole alla luce dei risultati probatori acquisiti nel processo nel contraddittorio delle parti”.

E ancora: “Su questi principi vi è una comune e condivisa cultura che nessuna vicenda processuale o aspettativa terza potrà in alcun modo scalfire e mai è venuta meno, pur nell’ovvia autonomia e distinzione dei ruoli istituzionali e ordinamentali, anche in occasione di un recente e rilevante processo portato a termine nonostante accertati tentativi di influenza e condizionamento esterno, come acquisito nei procedimenti gestiti nelle sedi competenti”. L’ultimo riferimento è alle indagini in corso sul cosiddetto “falso complotto Eni” e alle dichiarazioni rese dall’ex legale esterno della compagni petrolifera Piero Amara, che hanno portato anche ad un fascicolo archiviato a dicembre a Brescia.

Proprio su questo particolare si era concentrato il comunicato di Francesco Greco la scorsa settimana offrendo l’appoggio totale perché “nonostante le intimidazioni subite hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza”. Una nota che si era resa necessaria proprio in riferimento “ai recenti articoli di stampa sul processo” e che hanno criticato, cercando di delegittimarla, la Procura milanese. I pm avevano chiesto pene fino a 8 anni per gli imputati, tra cui ad ex ad di Eni, e una confisca di oltre un miliardo.

Nella nota Greco ha voluto precisare che “in relazione ai recenti articoli di stampa”, che durante le indagini sulla presunta tangente nigeriana “sono stati imbastiti da un avvocato dell’Eni, presso la Procura di Trani e presso la Procura di Siracusa, due procedimenti finalizzati ad inquinare l’inchiesta” milanese “e a danneggiare l’immagini di alcuni consiglieri indipendenti” della compagnia petrolifera, “segnatamente Luigi Zingales e Karina Litvack; per taluni fatti specifici, gli imputati, tra i quali un magistrato, hanno ammesso gli addebiti e sono già stati condannati. Il procuratore, facendo sempre riferimento all’indagine sul presunto “complotto” ha aggiunto che “nell’azione di inquinamento, chi l’ha ideata e portata avanti ha anche cercato di delegittimare il pubblico ministero di Milano“. Greco, “nel ribadire che in materia di corruzione internazionale l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è rafforzata dagli impegni assunti dallo Stato italiano con la Convenzione Ocse di Parigi del 1997, è al fianco – conclude la nota – dei colleghi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, i quali nonostante le intimidazioni subite, hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza”.

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