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Omicron: efficacia vaccino crolla, ma risale al 75% con tre dosi. Le previsioni che spaventano Londra: “Almeno 25mila morti entro aprile”

Un crollo dell’efficacia per AstraZeneca ed un calo significativo per Pfizer. Due dosi di vaccino contro il Covid non sono sufficienti a scongiurare il contagio da variante Omicron: il dato emerge dal nuovo rapporto della Health Security Agency, l’agenzia britannica per la sicurezza sanitaria. La buona notizia, però, è che la cosiddetta dose booster alza significativamente la protezione fino a circa il 75%. Lo studio si è basato sull’analisi di 581 casi da variante Omicron e migliaia di Delta: viene stimata una trasmissibilità molto elevata e una crescita esponenziale dei casi. La conclusione è che entro Natale nel Regno Unito si potrà arrivare a oltre un milione di infezioni. Ma non è l’unico data a spaventare il governo di Londra: uno studio della London School of Hygiene & Tropical Medicine prevede tra le 25mila e le 75mila vittime entro aprile, ovvero nei prossimi 5 mesi.

Le prime analisi nel Regno Unito rispetto alle varianti Omicron e Delta confermano che i vaccini sono meno efficaci a fermare la nuova variante. Secondo le stime dell’Hsa, due dosi di Astrazeneca non offrono protezione dal contagio con Omicron, mentre la protezione con due dosi Pfizer si abbassa a circa il 40%. In entrambi i casi, però, la terza dose fa risalire la protezione dal contagio al 75%. È ancora troppo presto, invece, per capire se ci sia un calo anche nella protezione dal rischio di una malattia grave. Per ora, l’agenzia britannica per la sicurezza sanitaria ha comunque confermato che i vaccini offrono una buona protezione contro casi gravi di Covid per i quali è necessario il ricovero.

Il rapporto britannico segnala anche un aumento del numero di reinfezioni: il 7% dei casi di Omicron riguarda persone che avevano già contro il coronavirus, mentre questo dato si ferma allo 0,4% per quanto riguarda Delta. Ma il confronto che più preoccupa è quello che riguarda la trasmissibilità: il 19% dei casi di Omicron ha provocato focolai familiari contro l’8,5% con Delta. Per questo motivo, come la variante Delta è diventa in breve tempo quella predominante, l’agenzia britannica stima a questo punto che entro la metà di dicembre oltre la metà dei casi nel Regno Unito saranno della variante Omicron. I contagi crescono esponenzialmente, con un tempo di raddoppio a tre giorni. Per questo, conclude l’agenzia, se la crescita dovesse continuare immutata si potrà arrivare a oltre un milione di infezioni entro la fine del mese.

Sulla scorta di questi dati, il governo di Boris Johnson si interroga sulla necessità di adottare nuove restrizioni, oltre al “Piano B” appena entrato in vigore. E a mettere ulteriori pressioni su Downing Street arriva lo studio riportato oggi dal Guardian: gli esperti della London School of Hygiene & Tropical Medicine stimano che nello scenario più ottimistico (bassa fuga immunitaria di Omicron dai vaccini e alta efficacia dei booster), si prevede un’ondata di infezioni che potrebbe portare ad un totale di 175.000 ricoveri ospedalieri e 24.700 decessi tra il primo dicembre di quest’anno e fine aprile 2022. Lo scenario più pessimista preso in esame dagli esperti (elevata fuga immunitaria dai vaccini e minore efficacia dei richiami) prevede un’ondata di infezioni che rischia di portare a un picco di 492.000 ricoveri ospedalieri (circa il doppio di quello registrato a gennaio 2021) e 74.800 decessi entro aprile.

I due scenari, specifica lo studio, non tengono conto di ulteriori misure restrittive che potrebbero essere introdotto. Gli esperti però sottolineano la necessità di nuove strette, perché ritengono che indossare la mascherina e lavorare da casa non siano restrizioni sufficienti. Nonostante le incertezze su Omicron “queste prime proiezioni aiutano a guidare la nostra comprensione dei potenziali futuri in una situazione in rapida evoluzione”, ha sottolineato Rosanna Barnard, che ha co-diretto la ricerca, precisando che “il nostro scenario più pessimistico suggerisce che potremmo dover sopportare restrizioni più rigorose per garantire che il servizio sanitario nazionale non sia sopraffatto: è fondamentale che i responsabili delle decisioni considerino il più ampio impatto sociale di queste misure, non solo l’epidemiologia”.

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Europei 2021: “Complimenti all’Inghilterra per la vittoria”, la frase diventa virale e Ikea già festeggia

Mancano più di 24 ore al fischio iniziale della finale dell’Europeo tra Inghilterra e Italia ma i tifosi inglesi stanno già festeggiando la vittoria? No, non proprio. È una trovata social tutta italiana, una vera e propria ‘gufata’ che consiste nello scrivere su Twitter: “Complimenti all’Inghilterra per la vittoria di Euro 2021“, nella speranza che accada l’esatto opposto. Questa frase scaramantica va avanti dall’inizio del torneo, perché cambiare proprio ora?

Qualcuno ci crede davvero. Primo fra tutti il tifoso britannico Lewis Holden che si è tatuato la coppa sulla gamba ‘L’Inghilterra campione’. “Lunedì tutti vorranno farlo, io invece già lo ho”, ha detto al Manchester Evening News. E gli fa compagnia anche Ikea UK. Ebbene sì, il sito britannico del famoso marchio svedese di arredamento e oggettistica ha pubblicato sui propri profili social un bicchiere a forma di trofeo con il riferimento al coro inglese ‘It’s coming home’ (Sta tornando a casa). Il costo? Nessuno: “Priceless”, si legge accanto al prodotto. Insomma, un botta e risposta che rende l’atmosfera più frizzantina che mai. E allora che dire? “Complimenti all’Inghilterra che ha già vinto il suo trofeo”.

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Europei a Wembley, governo Uk ammette: “Il rischio focolaio c’è con migliaia di persone in un solo posto. Ma siamo fiduciosi”

“C’è sempre un margine di rischio nella vita. Sono fiducioso che non vi sarà un grande focolaio, ma ora non possiamo garantirlo”. C’è “fiducia” da parte del governo britannico ma nessuna certezza sul fatto di potere impedire che le semifinali e finale a Wembley per gli Europei si trasformino in eventi di diffusione del virus. Ad ammetterlo apertamente è te è stato il ministro delle Attività Produttive Kwasi Kwarteng che, intervistato a radio Lbc, ha dichiarato: “Io penso che che siamo in grado di gestire il rischio, ma non possiamo dire che i rischi non esistano quando si hanno migliaia di persone in un un luogo”, ha detto Kwarteng, difendendo anche la fine generalizzata delle restrizioni annunciata per il 19 dal premier Boris Johnson malgrado il rimbalzo di contagi Delta e osservando come la gente e il business non possano avere “allo stesso tempo” le riaperture che chiedono e la pretesa d’una sicurezza assoluta sul Covid.

Le sue dichiarazioni arrivano mentre nel Regno Unito continua ad avanzare la mutazione ex indiana, che fa toccare il record di contagi da gennaio e il picco di decessi da aprile. Il tutto mentre il governo Tory di Boris Johnson conferma la rimozione delle restrizioni dal 19 luglio, motivato dalla convinzione che la ripartenza non sia più rinviabile nonostante la diffusione del virus, e mentre Wembley – appunto – si riempie con oltre 60mila tifosi per le gare conclusive degli Europei. Eventi che, ammette Kwarteng, presentano il rischio di un focolaio, anche se le autorità britanniche sono “fiduciose” di poterlo tenere a bada.

Intanto, malgrado il rimbalzo dei contagi e i problemi perduranti legati alle infezioni prolungate, il 90% dell’intera popolazione residente nel Regno Unito ha ormai gli anticorpi del Covid. Il dato, che rappresenta una stima diffusa dall’Office for National Statistics (Ons) calcolata sulla base degli ultimi test, indica una quota dell’89,7% in Inghilterra, di oltre il 91% in Galles e quasi l’85% in Scozia e Irlanda del Nord. Dati incoraggianti che, però, anche in prospettiva, non indicano un rallentamento dei contagi. Il ministro della Sanità Sajid Javid ha infatti parlato della prospettiva di arrivare a 100mila casi al giorno di Covid per fine estate dopo il ‘liberi tutti’ generalizzato del 19 luglio, convinto che la diffusione di massa dei vaccini nel Regno possa rappresentare “un muro di protezione” per limitare il numero di ricoveri e di morti. I casi, poi, potranno salire a 50mila già entro il 19.

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Nel Regno Unito le restrizioni anti-Covid prorogate per altre 4 settimane: slitta la data del 21 giugno

L’ipotesi circolava da settimane, sollecitata da esperti e scienziati e motivata dall’aumento dei contagi e dei ricoveri dati in particolare dall’incalzare della variante Delta, cioè quella indiana. E ora, scrive Bbc, è arrivata l’ufficialità: il Regno Unito ha deciso di rinviare di quattro settimane la sospensione delle restrizioni, che era stata fissata per il 21 giugno. L’emittente britannica, che cita fonti dell’esecutivo, sottolinea che la decisione, sottoscritta da esponenti di spicco del governo, implica tra le altre cose che i locali notturni resteranno chiusi e che la gente sarà incoraggiata a continuare il lavoro a distanza dove possibile. Il rinvio verrà annunciato ed illustrato con una conferenza stampa in giornata dal premier Boris Johnson. La proroga delle restrizioni sarà oggetto di un voto alla Camera dei Comuni.

Nei giorni scorsi il ministro della Salute britannico Matt Hancock aveva dichiarato che la variante Delta era “del 40% più trasmissibile” rispetto a quella inglese, ma venerdì il dato è stato rivisto da Public Health England (Phe), che alza il tasso al 60%. Lo stesso istituto conferma anche che il 90% dei nuovi casi in Inghilterra sia dovuto alla mutazione: nel Regno Unito finora sono stati diagnosticati 42.323 casi, con un aumento di 29.892 infezioni rispetto a una settimana fa, secondo dati del sistema sanitario inglese. E da giovedì a venerdì le infezioni sono risalite a 8.125 rispetto ai 7.393 del giorno precedente, il livello più alto da febbraio, con 17 vittime. Anche la British Medical Association aveva lanciato un appello a ritardare l’allentamento delle ultime restrizioni ancora in vigore a causa del “rapido incremento” dei casi. Una richiesta che oggi è stata definitivamente accolta da Downing Street

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Uk, gli esperti che sequenziano il virus: “Ecco quando le varianti sono preoccupanti. Le loro evoluzioni incognite dopo i vaccini”

La variante indiana preoccupa il governo britannico in vista del rilassamento di tutte le restrizioni il prossimo 21 giugno e con l’avvicinarsi delle vacanze estive. Nel Regno Unito il consorzio Covid-19 Genomics Uk (Coh-Uk), che per primo ha individuato la variante inglese B.1.1.7, è tra i centri di sequenziamento genomico più importanti del mondo. Abbiamo fatto il punto sulle varianti e sulla loro pericolosità con il dottor Alessandro Carabelli, a capo del gruppo di ricerca del consorzio che individua e analizza le mutazioni.

Carabelli, che cos’è Cog-Uk e di cosa si occupa?
Dall’inizio della pandemia abbiamo sequenziato più di 470mila virus nel Regno Unito (su un totale di 1.5milioni di sequenze a livello globale) e attualmente sequenziamo il 60% dei casi positivi giornalieri, circa duemila. In generale se guardiamo ai 4 milioni e mezzo di casi nel Regno Unito, qui abbiamo sequenziato l’8-10% dei casi, un dato eccezionale al paragone con altre nazioni, Francia, Spagna e Italia che hanno fornito 25mila sequenze a parità di casi positivi. Senza il sequenziamento non saremmo stati in grado di progettare i vaccini utilizzati in questo momento. Ci permette di studiare i focolai e come il virus si trasmette nella comunità e negli ospedali. Abbiamo un progetto chiamato Hospital-Onset Covid-19 infections Study (Hoci) con cui stiamo cercando di dimostrare come il sistema del sequenziamento quando è attivo negli ospedali e nelle case di cura, dunque fornendo dati in tempo reale sulle infezioni di Covid-19, è in grado di fare la differenza nel permettere di arginare potenziali focolai.

Che cos’è la variante indiana che anche l’Oms ha classificato come “preoccupante”?
Siamo ancora nella fase iniziale di ricerca su questa variante che comprende i tre sottotipi: B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3. Quello preoccupante è il sottotipo 2 che in Gran Bretagna nel giro di poche settimane ha fatto aumentare i casi da una decina a un migliaio e dunque è considerato ‘preoccupante’ in termini di maggior trasmissibilità. Il Regno Unito ha depositato 1778 sequenze di questa variante mentre l’Italia ha inserito 49 sequenze sulla piattaforma internazionale Gisaid. Sulla base delle nostre ricerche siamo piuttosto certi che B.1.617.2 abbia una trasmissibilità paragonabile alla variante inglese B.1.1.7, e per ora sembra che possa avere una capacità di infettare le cellule superiore al virus originario di Wuhan. Dovremo osservare cosa accadrà nelle prossime settimane. Da un lato stiamo studiando la trasmissibilità facendo esperimenti in laboratorio per vedere il grado di infettività nelle cellule, dall’altro lato, con test immunogenici vogliamo capire se gli anticorpi generati nei sieri sottoposti a vaccinazione sono in grado di neutralizzare questa variante.

Finora sembra che i vaccini siano efficaci sulla variante indiana.
Non ci sono evidenze di una loro inefficacia. Dati preliminari di laboratorio suggeriscono una leggera diminuzione dell’attività neutralizzante di alcuni sieri, dovuti alla presenza di una mutazione, chiamata L452R. Sappiamo però poco sull’effetto di altre mutazioni presenti in questa variante come la T478K. Dobbiamo ottenere più dati e studiare casi di contagio nelle persone vaccinate. In una casa di cura a Dehli, 33 membri dello staff precedentemente vaccinati con Oxford/Astrazeneca sono stati trovati tutti positivi con la variante B.1.617.2. Sebbene nessuno si sia ammalato seriamente, queste sono le situazioni che dobbiamo monitorare con grande attenzione. Scienziati che sono associati al nostro consorzio stanno utilizzando i sieri prelevati da pazienti vaccinati con i tre vaccini in commercio qui nel Regno Unito: AstraZeneca, Pfizer e Moderna.

Quante sono le varianti? E perché sono da considerarsi preoccupanti?
La variante è un virus che presenta un set ben preciso di mutazioni. Ci sono migliaia di varianti che stanno circolando ma molte sono neutrali perché non cambiano il fenotipo del virus. Quelle invece che sono categorizzate come ‘preoccupanti’ sono la B.1.1.7 identificata da noi nel Kent, la B.1.351 identificata in Sudafrica, la P.1 identificata in Brasile e quella indiana del sottotipo 2. In Gran Bretagna abbiamo anche una quinta variante, una modificazione della B.1.1.7 che ha subito l’ulteriore mutazione E484K, e che è in lista anche se ha un numero limitato di 166 casi in Regno Unito mentre in Italia sono state depositate 8 sequenze. Parliamo di variante “preoccupante” quando c’è evidenza di una più alta trasmissibilità, se il virus presenta livelli di resistenza all’immunità, se la variante aumenta la severità della malattia, se riduce l’efficacia dei trattamenti terapeutici. Nel Regno Unito in questo momento abbiamo poi 7 varianti ‘sotto indagine’ e 11 ‘sotto monitoraggio’ perché, nonostante non ci sia evidenza scientifica, studi sulle loro singole mutazioni suggeriscono un possibile effetto. Queste classificazioni comportano l’attivazione di procedure diverse messe in atto dalle agenzie sanitarie per cercare di studiare queste varianti e arginarne la crescita.

Avere individuato mutazioni simili e cicliche nelle varianti può volere dire che il virus è in fase declinante?
Nelle varianti preoccupanti abbiamo notato che le mutazioni del virus sono simili. Il virus ci mostra alcune vie preferenziali nel modo con cui evolve e questo è importantissimo se vogliamo pensare ai vaccini di prossima generazione. Ma non possiamo dire quale sarà il suo comportamento in futuro. Ci sono come dei blocchi di mutazioni che portano ad un cambio della funzionalità del virus. Per capirci, possiamo paragonarli ai transformers, che prima partono come delle macchine e poi diventano robot, con gli stessi pezzi ma acquisendo una funzione diversa. La proteina Spike presenta una regione importante per il legame con il recettore che è espresso nelle membrane delle cellule umane dunque è importante nel processo di infezione. Alcune mutazioni come la N501Y e la E484K aumentano la capacità di legame della proteina Spike con questo recettore. Poi abbiamo il dominio N-terminale che è una regione più laterale bersaglio di alcuni anticorpi. La “Furin cleavage site” invece è una regione importantissima in cui un enzima prodotto dalle cellule umane (Tmprss2) taglia la proteina spike in due sub unità permettendo così al virus di diventare più contagioso. In questa regione ritroviamo mutazioni tra cui P681H, osservata nella variante inglese B.1.1.7 e P681R nei tre sottotipi indiani. In realtà però non si può parlare di un declino del virus, perché non si sa se le varianti abbiano la capacità di trasformarsi in qualcosa di altro, certo continueranno ad accumulare mutazioni. E soprattutto non sappiamo come si comporteranno sotto la pressione evolutiva in un contesto con un alto numero di vaccinazioni a livello della popolazione.

Come state studiando le varianti?
Nel nostro consorzio abbiamo sviluppato ad esempio il Cog-Uk mutation explorer: una piattaforma con cui forniamo dati e analisi in tempo reale sulle mutazioni che stanno circolando nel Regno Unito. Oltre all’identificazione di nuove varianti, è importante monitorare le mutazioni che si accumulano sulle varianti stesse. Qui per esempio riportiamo tutte le mutazioni che, aggiunte a quelle della inglese B.1.1.7, hanno un potenziale effetto sull’immunità. I numeri dei casi sono molto bassi e finora queste mutazioni molto probabilmente non hanno apportato nessun tipo di vantaggio al virus ma non sappiamo se, in un contesto di alta vaccinazione, queste forniranno al virus meccanismi per evadere l’immunità generata dai vaccini. Siamo estremamente ottimisti rispetto all’efficacia dei vaccini contro le varianti attuali, ma dovendo considerare tutti i possibili scenari c’è la possibilità che qualche nuova variante in un futuro non troppo lontano possa sviluppare resistenza ai vaccini.

Potremo viaggiare quest’estate?
Dopo l’estate 2020 abbiamo visto un incremento dei contagi in Europa. All’inizio pensavamo che la mutazione A222V della variante B.1.7.7 avesse aumentato le abilità del virus. In realtà studi epidemiologici hanno confermato che l’aumento dei casi era legato agli spostamenti, con importazioni ed esportazioni del virus in varie nazioni. Dobbiamo fare tesoro di quanto imparato la scorsa estate. Molto probabilmente tamponi e controlli continueranno ad essere impiegati in uscita ed ingresso nei paesi.

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A Londra zero morti Covid per la prima volta da sei mesi. Nel Regno Unito inizia l’allentamento delle restrizioni

Nel giorno in cui il Regno Unito procede con i primi allentamenti nelle misure restrittive, Londra – scrive Bbc – comunica per la prima volta da settembre di non avere registrato morti per Covid. Il dato si riferisce al 28 marzo e l’emittente ricorda che nella capitale è stato registrato il 12% di tutti i decessi causa Sars-Cov-2 in Gran Bretagna, tanto che nei momenti di picco ad aprile le vittime accertate sono arrivate a 230 al giorno. I dati sono stati diffusi dal Public Health England, dopo che le cifre nazionali diffuse domenica parlavano di un totale di 19 decessi in tutto il Paese. L’indicazione giova del ritardo statistico su parte dei dati del weekend, ma comunque conferma una tendenza al calo delle vittime ai minimi da inizio pandemia. I medici londinesi parlano di risultato “fantastico” notando la parallela riduzione dei ricoveri, con non più di una media di “1 o 2 morti ogni due giorni” nelle terapie intensive.

L’allentamento delle restrizioni – Intanto, con quasi 34 milioni di dosi somministrate (oltre 30 milioni di persone sottoposte alla prima iniezione, secondo l’aggiornamento di ieri, e oltre 3 milioni e mezzo di richiami), il paese si appresta da oggi a compiere i primi significativi passi in direzione di un allentamento delle restrizioni, ma il premier Johnson invita alla cautela. Sarà consentito incontrarsi all’aperto in gruppi di sei persone di due nuclei familiari diversi (la ‘regola del sei’, già applicata anche in passato), anche all’interno di giardini privati, mentre potranno riprendere le attività sportive all’aperto.

L’allentamento sarà accompagnato dal lancio di una campagna governativa che sottolineerà il rischio legato alle riunioni di più persone appartenenti a nuclei famigliari diversi all’interno di spazi chiusi, con tanto di consigli degli psicologi su come resistere alle pressioni di parenti e amici che vorrebbero indurre ad infrangere le regole. In una dichiarazione divulgata in nottata, il premier ha esortato alla prudenza: “Dobbiamo restare cauti, con i casi in aumento in Europa e nuove varianti che minacciano la nostra campagna vaccinale. Malgrado le aperture di oggi, ciascuno deve attenersi alle norme“.

Lo studio: “Dopo la prima dose riduzione del 62% dei contagi” – Nuovi studi confermano poi l’impatto significativo dei vaccini anti Covid (Pfizer e AstraZeneca) già dopo una singola dose. Una ricerca condotta stavolta da un team della prestigiosa University College London (Ucl) su una campione di 10mila anziani di 86 anni d’età media – dopo aver verificato nelle scorse settimane un’efficacia fra l’80% e oltre il 90% dei 2 sieri contro le forme acute d’infezione e contro il rischio di morte – rilevano ora un effetto di riduzione del 62% di tutti i contagi (inclusi quelli lievi) anche fra una delle categorie più vulnerabili, gli ospiti delle case di riposo, dove nella prima fase della pandemia si sono registrati focolai micidiali di diffusione del virus.

Lo studio indica un risultato pressoché identico per Pfizer e AstraZeneca: con un calo secco del 56% dei contagi dopo 4 settimane dalla prima dose e del 62% dopo 5 settimane. E questo nel pieno dell’impennata della diffusione dell’aggressiva ‘variante inglese’ del coronavirus. “I nostri dati suggeriscono dunque che entrambi i vaccini sono efficaci anche tra le persone più fragili e più anziane” già con la prima iniezione, ha notato la dottoressa Maddie Shrotri, una delle responsabili della ricerca, evidenziando aspettative ancor maggiori dopo i richiami (che il Regno ha deciso di rinviare a dopo 12 settimane per ottimizzare l’uso delle forniture vaccinali disponibili e somministrare inizialmente quante più prime dosi possibile, secondo una strategia che si sta rivelando vincente).

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Margaret Thatcher, trent’anni fa finiva l’era della lady di ferro ‘madrina’ della Brexit

di Eleonora Vasques

Esattamente trent’anni fa si concludeva l’ultimo mandato del governo di Margaret Thatcher, la “lady di ferro” che governò il Regno Unito dal 1979 al 1990. Leader del partito Conservatore dal 1975, Margaret Roberts, sposata Thatcher, rimane un personaggio controverso per la storia della Gran Bretagna. Infatti, molte delle sue scelte continuano a far discutere: per fare alcuni esempi, la guerra nelle Falkland del 1982, passando per il braccio di ferro con il sindacato dei minatori a metà degli anni Ottanta, fino al suo approccio molto duro nei confronti dell’allora Comunità economica europea all’inizio degli anni Novanta. Uno dei motivi principali per cui forse il “fenomeno Thatcher” fa ancora oggi così tanto discutere può essere legato agli effetti che il “thatcherismo” ha tuttora sulla nostra società.

Miss Thatcher ha determinato dei cambiamenti economici, sociali e politici che in parte erano già in atto: come afferma lo storico Dominic Sandbrook (specializzato in storia contemporanea post-guerre mondiali), in un’intervista per la Bbc, “la Gran Bretagna era chiaramente un paese molto diverso nel 1990 rispetto al 1979. Era più aperta, ambiziosa, cosmopolita e più progressista, ma anche molto più aggressiva, individualista e diseguale”.

Molti dei suoi sostenitori le hanno dato il merito di aver rivitalizzato il settore finanziario, dando un nuovo slancio internazionale alla City (e non solo) e hanno valutato positivamente la privatizzazione di diverse attività di matrice pubblica, e l’inserimento del concetto di “concorrenza” anche all’interno di settori rimasti pubblici. Al contrario, i suoi oppositori sottolineano gli effetti collaterali delle sue politiche, quali i tagli alla spesa pubblica, l’indebolimento del welfare state, il processo di de-industrializzazione del Centro e Nord del paese, che hanno portato ad un incremento del tasso di disoccupazione della Gran Bretagna (con un picco di quasi 3 milioni di disoccupati nel 1983) e a una configurazione economica del paese fortemente diseguale. Infatti, mentre il Sud cresceva e il Regno Unito si riposizionava come attore mondiale, il Centro e il Nord del paese entravano in recessione.

Molte politiche e idee thatcheriane sono ancora vive in Gran Bretagna, ma la cosa più curiosa e paradossale che i britannici hanno ereditato da quel periodo storico è forse ciò che più sta minacciando il settore finanziario da lei rivitalizzato: l’euroscetticismo britannico. Il biografo ufficiale della Iron Lady Charles Moore spiega in un’intervista all’Economist che è difficile ipotizzare la posizione di miss Thatcher nei confronti del referendum sulla Brexit (e a mio avviso, sarebbe anche scorretto cercare di dare una risposta).

Tuttavia, Moore stesso racconta che le scelte della Thatcher in politica estera hanno certamente ispirato una nuova generazione di euroscettici. Questo non significa che il Regno Unito fosse precedentemente un paese europeista: dalla nascita della Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) fino agli anni Ottanta, l’atteggiamento britannico è sempre stato interessato ma diffidente.

Miss Thatcher aveva ben presente i vantaggi economici che derivavano dal far parte del mercato unico, che non aveva intenzione di abbandonare, ma si è sempre opposta alla cessione di alcune parti di sovranità nazionale verso la Comunità. In un famoso estratto durante una seduta alla House of Commons, dove riportava i risultati del Consiglio europeo di Roma del 1990, la lady di ferro ha riferito ai suoi colleghi: “Il Presidente della Commissione, il signor Delors, ha detto, in una conferenza stampa l’altro giorno, che vorrebbe trasformare il Parlamento Europeo nel braccio democratico della Comunità, la Commissione nel suo potere esecutivo e il Consiglio dei Ministri nel suo Senato. No! No! No!“.

L’eco di quei “No” non si è mai fermata e non è rimasta inascoltata. Da allora l’euroscetticismo è cresciuto nel paese, soprattutto tra i giovani di quegli anni, diventati classe dirigente oggi. Ma prima di spiegare come questo sia stato possibile, bisogna ricordare che il dibattito sull’Europa in Gran Bretagna è stato impostato, sin dall’era Thatcher, nel seguente modo: essere favorevoli al libero scambio di merci e capitali, e ai vantaggi che esso comporta, senza però cedere ulteriore sovranità all’Europa. Questa posizione ha sempre rassicurato la City; quante volte abbiamo sentito dire, prima del referendum del 2016, che lo scenario della vittoria del Leave era quanto mai improbabile, poiché ai britannici “non conveniva uscire”? Questa sicurezza non ha tenuto conto dei voti di quelle zone del Centro e del Nord del paese de-industrializzate, impoverite e oserei dire, dimenticate: le stesse che si sono scontrate negli anni Ottanta con le politiche thatcheriane.

Di queste zone si sono ricordati alcuni partiti populisti, come l’Ukip sotto la leadership di Nigel Farage, il quale, sfruttando il sentimento dell’antipolitica, ha costruito una narrazione anti-establishment contro l’Europa; anche se solo di circa due punti percentuali, il Leave ha trionfato nel referendum sulla Brexit del 2016. Se si guarda infatti ai risultati dell’epoca, c’è una netta differenza tra i voti nella capitale (e nei dintorni) e i voti nelle midlands e nel Nord del paese (Scozia esclusa). Lo stesso Boris Johnson, nel dicembre 2019, è riuscito ad ottenere i voti delle ex “roccaforti Labour” del Nord, probabilmente proprio a causa di quel motto, Get the Brexit Done.

Certamente ci sono anche altre concause che hanno portato alla Brexit, e ci sarebbe molto altro da dire rispetto a Margaret Thatcher. Tuttavia, non si può escludere che la politica thatcheriana abbia rafforzato, soprattutto in ambito conservatore, un sentimento antieuropeista che può aver ulteriormente favorito il processo di uscita del Regno Unito dall’Ue. È interessante rilevare una saldatura creatasi tra un certo antieuropeismo del partito conservatore britannico di matrice thatcheriana con l’antieuropeismo anti-establishment proprio di quelle aree che la politica della Lady di Ferro ha sacrificato per perseguire la propria politica economica. E la Brexit, che è il risultato di tale saldatura, potrebbe contribuire in maniera significativa a rendere la Gran Bretagna un attore di minore importanza nello scacchiere internazionale nei prossimi decenni.

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Coronavirus, a Liverpool torna il lockdown: le immagini dall’alto della città semi-deserta

Ieri il governo britannico ha esteso i blocchi dovuti al coronavirus anche alla città di Liverpool, assieme a molte altre città del nord dell’Inghilterra. Più di un quarto del Paese si trova sotto regimi di restrizioni rigorose. Misure simili per limitare la socializzazione e gli spostamenti fuori casa sono state imposte nella vicina Warrington, nel nord-ovest, e nel Middlesbrough e Hartlepool nel nord-est. Prima dell’annuncio, circa 16 milioni di persone dei 66,8 milioni del Regno Unito erano già soggetti ad alcune restrizioni locali. Londra è attualmente esente ma la capitale è in allerta a causa dell’aumento dei casi e dei ricoveri ospedalieri. Le nuove regole a Liverpool vieteranno gli incontri sociali tra famiglie diverse, tranne che all’aperto. Inoltre, ai residenti è stato consigliato di evitare le case di cura e di viaggiare solo per motivi “essenziali”, che includono la scuola o il lavoro. Come si vede nel video, in città la circolazione delle persone è già estremamente ridotta.

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Coronavirus, picco di casi in Francia: 13.500 in 24 ore. La Germania torna ai numeri di aprile. Uk, Jonhson pronto a nuove restrizioni

In Francia i numeri sui contagi continuano a fare paura, con lo spetto di un nuovo lockdown che incombe sull‘Europa. Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 13.498 nuovi casi, ha reso noto la sanità pubblica in serata. Per il secondo giorno consecutivo è stata così superata la soglia dei 13mila casi, quasi 300 in più rispetto a ieri, con 58 nuovi focolai segnalati.

Nell’ultima settimana i casi di coronavirus sono cresciuti esponenzialmente in praticamente tutti i Paesi del Vecchio Continente e la tanto temuta “seconda ondata” del virus sembra essere imminente oltre che, come ha rilevato il premier britannico Boris Johnson, inevitabile. Tanto che il premier si dice pronto a maggiori restrizioni, ma a Londra un migliaio di manifestanti contrari alle misure di lockdown, alle mascherine e al distanziamento sociale per l’epidemia di coronavirus, in nome dello slogan “Resist and Act for Freedom” (Resisti e agisci per la libertà) si è radunata a Trafalgar Square, dove ci sono state tensioni e qualche tafferuglio con la polizia. Ma i dati preoccupano, e per due giorni consecutivi si batte il record di contagi in 24 ore: sono stati registrati 4.422 nuovi casi, 100 in più rispetto al giorno precedente. È il numero più alto dall’8 maggio. Il bilancio complessivo è di oltre 390mila casi. Le nuove vittime sono 27, 41.759 in totale.

In Germania, intanto, sono stati registrati quasi 2.300 nuovi casi, come non accadeva da aprile, mentre in Francia i contagi e i decessi (balzati a 13.215 e 123, record di questa fase) sono tripli rispetto al Regno di Elisabetta. La Spagna è stata costretta ad annunciare un nuovo giro di vite persino nella capitale Madrid. Preoccupano anche la Repubblica Ceca, la Danimarca, l’Olanda: quest’ultima, ha detto il premier Mark Rutte, studia “misure regionali” dopo i quasi 2 mila casi di giovedì, molti dei quali nelle città più grandi, il quarto record consecutivo di contagi giornalieri. Anche la Grecia è pronta a una stretta su Atene.

A preoccupare non è solo l’aumento dei contagi ma soprattutto il numero di ospedalizzati, di ricoveri in terapia intensiva e di decessi. Per questo i governi stanno intervenendo con provvedimenti sempre più restrittivi delle libertà di movimento, incalzati dai moniti dellOrganizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che parla di “grave situazione contagi in Europa” chiedendo così ai vari Paesi un approccio diverso, prendendo come esempio positivo la Svezia, criticata nei mesi scorsi da numerosi esperti per le mancate restrizioni messe in campo dal governo, soprattutto in tema di sostenibilità e coinvolgimento dei cittadini: “Bisogna riconoscere – ha detto la funzionaria Catherine Smallwood – che la Svezia ha evitato l’incremento di casi” nell’ultimo periodo “che si sta verificando in altri Stati, in particolare in Europa occidentale, e penso che ci siano lezioni da imparare dall’approccio svedese, in particolare sulla sostenibilità e il coinvolgimento dei cittadini“.

E non va meglio oltre i confini europei: sono oltre 951mila i morti in tutto il mondo e più di di 30,5 milioni di casi confermati. Secondo gli ultimi dati della John Hopkins University sono stati altri 230.884 i contagi mondiali nelle ultime 24 ore. Il Brasile sale a 4,4 milioni di contagi – terzo dopo Usa (6,7) e India (5,3) – e Israele apre le celebrazioni del Capodanno ebraico sotto la cappa di un secondo lockdown nazionale già operativo (primo Paese del pianeta a ricorrervi), oltre che di dati da record mondiale di casi in rapporto alla popolazione.

Germania – Sono quasi 2.300 i nuovi contagi da coronavirus registrati nelle ultime 24 ore in Germania, il livello più alto dallo scorso aprile. Lo riferisce il Robert Koch Institut (Rki), il centro epidemiologico tedesco: si tratta di 2297 infezioni, portando il numero complessivo a 270 mila. Sono 6, sempre nelle 24 ore, i decessi registrati, per un totale di 9.384. I guariti, sempre stando al conteggio del Koch Institut, sono 239mila. Il livello più alto di contagi giornalieri era stato registrato tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, con circa 6.000 infezioni. In agosto solo una volta si era tornati a superare i 2.000 contagi al giorno.

Regno Unito – Boris Johnson trascorrerà il weekend valutando se decidere nuove restrizioni anti Covid dopo aver detto che il Regno Unito “ora sta assistendo ad una seconda ondata”. Negli ultimi giorni i contagi hanno sfiorato la quota di 5 mila al giorno (+32% dalla settimana scorsa) per la prima volta dallo scorso 8 maggio. Nelle ultime 24 ore i contagi hanno toccato quota 4.422. Per questo, secondo quanto riporta la Bbc, il governo britannico sta valutando il divieto degli incontri tra gruppi familiari diversi e la riduzione degli orari di apertura per pub e ristoranti. Al momento già 13,5 milioni di britannici, circa un quinto della popolazione, sono soggette a restrizioni varate nei giorni scorsi per cercare di rallentare la marcia del virus. Venerdì il premier aveva detto che non “vuole adottare misure di lockdown” ma che è necessario rafforzare quelle di distanziamento. “Chiaramente quando guardiamo a quello che sta succedendo ci si chiede se si debba fare di più della regola del sei fissata lunedì“, ha aggiunto riferendosi alla provvedimento che vieta le riunione di oltre sei persone.

Spagna – La Spagna rimane il Paese più in crisi: nelle ultime due settimane qui sono morte 825 persone, in media 60 al giorno, e i reparti di rianimazione ospitano già 1331 dei 10 mila ricoverati per Covid. A preoccupare è soprattutto l’area di Madrid: per questo da lunedì 37 distretti saranno soggetti al lockdown per frenare l’aumento del Covid-19. Il provvedimento riguarda oltre 850mila persone, che saranno sottoposte a restrizioni per i viaggi e agli assembramenti. I residenti potranno lasciare la loro zona solo per andare al lavoro, a scuola o per assistenza sanitaria. Gli incontri sociali saranno limitati a sei persone, i parchi pubblici saranno chiusi e le attività commerciali dovranno abbassare la saracinesca entro le 22. La Spagna ha il maggior numero di casi di coronavirus in Europa, e Madrid è di nuovo la regione più colpita. Secondo i dati della Johns Hopkins University, i nuovi casi sono 625.651 e i tassi di infezione nella regione di Madrid sono più del doppio della media nazionale, come afferma il governo spagnolo. Il Paese era già stato tra i più colpiti dalla prima ondata di infezioni con 30mila morti.

Francia – Cresce l’allarme Coronavirus in Francia, dove nelle ultime 24 ore sono stati individuati 13.215 nuovi contagi, una cifra record mai toccata dalla primavera scorsa quando il Paese era in pieno lockdown, a cui si aggiungono 123 morti. Positivo anche il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, mentre continuano a esplodere mini focolai in tutto il Paese, in particolare nelle università. Macron: “Abbiamo una cosa sola da fare, batterci, batterci, batterci”, ma al momento si tende ad escludere un nuovo lockdown totale.

Russia – Il numero di casi di coronavirus rilevati nell’ultimo giorno in Russia ha superato le 6.000 unità per la prima volta dal 19 luglio. Lo ha detto il quartier generale operativo per combattere la diffusione del coronavirus. Secondo la sede centrale, la crescita giornaliera è stata dello 0,56%, il numero totale di persone infette ha raggiunto quota 1.097.251. Il numero di morti è invece aumentato di 144 casi contro i 134 del giorno precedente e ha raggiunto un totale di 19.339 persone. Secondo il centro il numero totale di morti è l’1,76% di tutte le persone infettate in Russia.

India – Per più di cinque settimane l’India ha segnato il record giornaliero dei casi nel mondo. Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 93.337 nuovi casi, portando il totale a oltre 5,3 milioni contagi su quasi 1,4 miliardi di abitanti. Per quanto riguarda i decessi, sono stati 1.247 in un giorno. Gli studiosi prevedono che entro poche settimane diventerà il Paese più colpito dalla pandemia, superando gli Stati Uniti. Il governo del primo ministro Narendra Modi ha dovuto affrontare aspre critiche da parte dell’opposizione in Parlamento per la gestione della pandemia che ha lasciato milioni di persone senza lavoro. Più di 10 milioni di lavoratori migranti hanno abbandonato le grandi città e sono tornati nei loro villaggi con l’annuncio del lockdown, lo scorso 24 marzo. Questi spostamenti hanno causato la diffusione del virus in tutto il Paese, specialmente nelle zone rurali e più povere.

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Coronavirus, Johnson: “Lockdown prosegue. Quarantena per chi viaggia, tranne i francesi”

“Questo semplicemente non è il momento di mettere fine al lockdown”. Il premier britannico Boris Johnson allontana le riaperture nel Regno Unito, concedendo solo alcune possibilità di spostamento per lo più per lavoro e in famiglia. I negozi e le scuole, invece, non apriranno prima di giugno. Poi il primo ministro inglese ha annunciato che, “grazie ai vostri sacrifici siamo adesso in condizioni di iniziare a muoverci verso il livello 3″ di allerta dal livello 4 per l’emergenza coronavirus. Johnson ha quindi sottolineato che “tutti avranno un ruolo da giocare nel tenere il fattore R (l’indice di contagio) basso, restando attenti e seguendo le regole”.

“Dobbiamo rimanere allerta, controllare il virus e salvare vite”, ha aggiunto. Quindi, lui che a inizio emergenza aveva accarezzato l’ipotesi dell’immunità di gregge, ha detto: “È un dato di fatto che adottando le misure di contenimento abbiamo impedito a questo Paese di essere inghiottito da quella che avrebbe potuto essere una catastrofe in cui lo scenario ragionevole peggiore sarebbe stato mezzo milione di morti”.

Nei prossimi due mesi, poi, le decisioni del governo britannico saranno guidate “dalla scienza, dai dati e dalla salute pubblica, non dalla speranza o dalla necessità economica“. Dalla politica però si, visti i distinguo annunciati a stretto giro per i viaggiatori francesi che non saranno sottoposti alle restrizioni previste per gli altri. Quanto all’immediato, i piccoli alleggerimenti delle restrizioni, anche per lo svago, nel Regno Unito inizieranno da mercoledì. Le limitazioni cadono per l’esercizio fisico individuale all’aperto, si potrà prendere il sole nei parchi, guidare la macchina verso altre destinazioni cittadine, fare sport di gruppo ma solo con membri della stessa famiglia. Sempre “nel rispetto del distanziamento” e con controlli e multe più pesanti “per i pochi che violano le regole”.

Cambiano già da lunedì invece le indicazioni sul lavoro, in particolare nell’edilizia e nell’industria manifatturiera. Johnson ha precisato che la raccomandazione non sarà più di andare al lavoro solo se si deve e “lavorare da casa se si può”. Coloro che non possono lavorare da casa sono invece ora “incoraggiati” ad andare al lavoro, seppure evitando il trasporto pubblico, cercando di andare in bici o a piedi e con linee guida per le aziende su sicurezza e distanziamento.

Quanto alle tappe successive della road map verso la Fase 2, il premier britannico ha detto che saranno condizionate alla verifica scientifica della continuazione di un decremento di contagi da coronavirus e al ritorno del tasso d’infezione al livello 1 (ora nel Regno è fra 0,5 e 0,9, ha detto). Con una possibile “riapertura graduale dei negozi” e delle scuole, a partire dalle elementari, non prima di giugno. E, non prima di luglio, un’eventuale “riapertura di alcune strutture dell’industria dell’ospitalità, a patto che siano sicure e garantiscano il distanziamento sociale”.

L’inquilino di Downing Street ha anche annunciato l’intenzione di introdurre presto una quarantena obbligatoria per qausi tutti coloro che viaggeranno nel Regno Unito: la quarantena, che secondo le anticipazioni sarà di 14 giorni e riguarderà tutti i viaggiatori, con o senza sintomi, servirà a rafforzare la sicurezza ai confini man mano che si alleggerirà il lockdown sul fronte interno. Johnson non ha ancora precisato però una data d’entrata in vigore. L’unica certezza è che la misura non riguarderà i viaggiatori francesi nel Regno Unito e i britannici in Francia come ha annunciato Johnson in una nota congiunta con il presidente francese Emmanuel Macron in cui si precisa che “qualsiasi misura su entrambi i lati” della Manica sarà “presa in forma coordinata e reciproca”.

La novità che ha scatenato reazioni politiche più forti riguarda comunque la scelta di accantonare lo slogan “Resta a casa” con “Stai allerta”. Un cambiamento di cui Johnson e i suoi ministri minimizzano la portata (“stare allerta significa stare a casa per quanto più tempo possibile”, ha spiegato un portavoce di Downing Street); ma che non convince né l’opposizione laburista che parla di “scarsa chiarezza”, né i governi di Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Da Edimburgo, Cardiff e Belfast, i responsabili locali, forti su questa materia dei poteri della devolution, hanno fatto sapere che nei rispettivi territori, dove il lockdown era già stato prorogato almeno fino al 28 maggio, rimarrà in vigore la raccomandazione di “stare in casa”. “Lo slogan stay alert è vago e impreciso”, taglia corto la first minister scozzese Nicola Sturgeon, leader degli indipendentisti dell’Snp.

Ad ammonire il governo centrale dai pericoli di una fuga in avanti, ci sono del resto i suoi consulenti scientifici, riuniti nel Sage (Scientific Advisory Group for Emergencies), sulla base di studi come quello della London School of Tropical Hygiene e dell’Imperial Collegesecondo il quale altre 100.000 persone potrebbero morire di Covid-19 nel Regno Unito prima di fine 2020 se il lockdown fosse alleggerito troppo in fretta. Lo sa bene la regina Elisabetta, 94 anni, confinata col quasi 99enne consorte Filippo nel castello di Windsor da marzo, intende dare il buon esempio e non riprendere gli impegni pubblici per mesi: in autunno al più presto. Il periodo d’assenza più lungo dei suoi 68 anni di regno.

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