Archivio Tag: Cronaca Nera

Ferrara, 62enne trovata morta in casa: si indaga per avvelenamento. I carabinieri stanno interrogando una donna

Morta dopo essere stata avvelenata. E’ questa la pista privilegiata dagli inquirenti che indagano sulla morte di una pensionata 62enne, trovata la notte tra venerdì e sabato in una abitazione di via Ortigara a Ferrara. E’ al vaglio dei carabinieri e della Procura ferrarese la posizione di una persona, condotta in caserma per essere interrogata: secondo le indiscrezioni riportate dai giornali locali, si tratterebbe della figlia della vittima.

La donna, vedova e madre della 38enne, è stata trovata morta nella sua casa – in posizione seduta, ormai esanime, sul corridoio – dai carabinieri, intervenuti insieme ai vigili del fuoco he hanno aperto la porta dell’appartamento. La morte risalirebbe ad alcuni giorni fa: i militari sono infatti intervenuti su segnalazione di conoscenti che non riuscivano a contattare la 62enne. A quanto si è appreso la donna sarebbe deceduta per avvelenamento. I carabinieri hanno sentito familiari e amici.

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Omar Confalonieri, la coppia drogata con lo spritz e poi lo stupro della donna. Un caso sospetto anche a Bergamo

Omar Confalonieri, l’agente immobiliare arrestato a Milano per aver stordito una coppia con benzodiazepine per poi abusare della donna, potrebbe aver agito anche a Bergamo. C’è un caso sospetto di una giovane narcotizzata e poi violentata nel ‘curriculum’ criminale dell’uomo già condannato per lo stesso reato e riabilitato dopo un percorso di recupero. Gli atti del procedimento, che è stato però archiviato, sono stati chiesti oggi dal pm di Milano Alessia Menegazzo e dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella ai colleghi bergamaschi. Gli inquirenti milanesi, inoltre, stanno ricostruendo tutti i contatti dell’uomo per accertare se ci siano altre le vittime, oltre a quella per cui è stato condannato a Monza e alle due ragazze che si sono presentate agli investigatori.

L’uomo, che sarà interrogato lunedì dal giudice per le indagini preliminare, deve rispondere di una lunga serie di reati: violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e lesioni personali aggravate. Dopo aver messo la droga negli spritz offerti alla coppia, si è offerto di accompagnare l’uomo e la donna fino alla macchina. Per le successive sei ore, l’uomo è rimasto nella loro casa. Confalonieri aveva due borse di abiti femminili utilizzati per vestire la vittima. Uno stupro pianificato e premeditato visto che stando alle indagini aveva comprato la droga il giorno prima dell’incontro e prima di andare nel bar dove sono stati offerti i drink.

I due, che dovevano acquistare un box, sono stati ritrovati dai parenti, a letto, ancora storditi, e la loro bimba piccola. Gli esami in ospedale hanno poi confermato l’utilizzo della droga dello stupro. Le telecamere sul balcone hanno ripreso quello che è accaduto. Dopo la denuncia i carabinieri hanno perquisito la casa di Confalonieri e sequestrano lo scontrino dell’acquisto di benzodiazepine, sex toys e sul cellulare contatti con alcuni spacciatori. Le indagini proseguono perché gli inquirenti temono che le vittime possano essere tante.

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Nada Cella, lo scooter sequestrato all’ex insegnante indagata sarà sottoposto all’esame del luminol

Le nuove indagini sulla morte di Nada Cella, la giovane segretaria massacrata nel 1996 nello studio del commercialista dove lavorava a Chiavari, prevedono anche l’utilizzo di una tecnica per la caccia di macchie di sangue sviluppata negli anni passati e che ha permesso anche la risoluzione di numerosi casi. Un motorino è stato sequestrato dalla Squadra mobile di Genova questa estate ad Annalucia Cecere, l’ex insegante indagata per l’omicidio. La polizia scientifica effettuerà utilizzerà il luminol e altre analisi tecniche sul mezzo, custodito in un autosoccorso di Cuneo. La donna lo avrebbe portato da Chiavari a Boves, in provincia di Cuneo, e lo teneva in un box.

Ma perché da un vecchio motorino potrebbe arrivare una svolta? Una testimone, nei giorni successivi al delitto, aveva raccontato di aver visto, proprio la mattina della morte di Nada la Cecere sotto lo studio di Soracco mentre andava via sul suo motorino. Per gli investigatori, coordinati dal procuratore Francesco Pinto e dal sostituto Gabriella Dotto, sul veicolo potrebbero esserci dunque ancora possibili tracce di sangue e di Dna nel caso in cui l’ex insegnante avesse ucciso Cella. Intanto la procura ha incaricato il genetista Emiliano Giardina, il professore dell’Ignoto 1 di Yara Gambirasio, di estrarre e comparare il Dna trovato in vari reperti.

Oltre a Cecere, difesa dall’avvocato Giovanni Roffo, sono indagati il commercialista Marco Soracco e l’anziana madre. Questi due, difesi dall’avvocato Andrea Vernazza, sono accusati di false dichiarazioni al pm per avere mentito sui reali rapporti tra il professionista e l’ex insegnante. A fare riaprire il caso è stata la determinazione della criminologa Antonella Pesce Delfino, insieme all’avvocata Sabrina Franzone, che ha riletto gli atti della vecchia indagine scoprendo particolari sottovalutati ed errori macroscopici nelle indagini iniziali. Tra gli elementi non presi inizialmente in considerazione anche alcuni bottoni trovati all’epoca in casa dell’indagata uguali a uno trovato sotto il corpo della segretaria. Ma non solo. Tra le carte la criminologa ha scovato una vecchia intercettazione in cui la donna diceva a Soracco di “non riuscire a togliersi di mente quella scena”. Per cercare di risolvere il giallo gli inquirenti hanno risentito decine di testimoni, compresi una decina di preti, ma anche gli investigatori dell’epoca. Tra gli ultimi sviluppi di cui si è avuta notizia anche chiamate di questa estate finiti agli atti in cui la Cecere avrebbe minacciato la criminologa. L’ex insegnante era stata indagata quasi subito ma nel giro di due settimane la sua posizione era stata archiviata. Per gli inquirenti Cecere avrebbe ucciso per gelosia nei confronti di Soracco, che avrebbe avuto un interessamento invece per la segretaria, e per prendere il suo posto di lavoro. Adesso quella vecchia moto potrebbe restituire un possibile indizio dopo 25 anni.

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Torino, 52enne ucciso con un colpo di pistola nella sua auto vicino al San Giovanni Bosco

È stato ucciso con un colpo di pistola alla tempia l’uomo ritrovato senza vita lunedì pomeriggio all’interno della propria auto vicino all’ospedale San Giovanni Bosco a Torino. La vittima, 52 anni e operatore della Croce Verde secondo La Stampa, era riversa sul sedile della propria automobile, una Fiat Punto, in via Gottardo, nella periferia nord della città. Stando alle prime informazioni raccolte dagli agenti della Squadra Mobile che indagano per omicidio, il 52enne era incensurato.

A chiamare i soccorsi è stato un passante che si è accorto dell’uomo accasciato in auto e pensando a un malore ha avvertito il 118. I sanitari giunti sul posto hanno scoperto, invece, che l’uomo era stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa e hanno quindi chiamato le forze dell’ordine. Gli investigatori della Mobile stanno ricostruendo l’accaduto e gli ultimi momenti di vita della vittima: tra i primi accertamenti da compiere anche stabilire l’ora del decesso.

Articolo in aggiornamento

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Mostro di Firenze, sopralluogo high-tech nel bosco degli Scopeti che fu scena di un crimine. La questura: “Anche per un docufilm della Rai”

Sopralluogo a sorpresa della polizia scientifica nel bosco di Scopeti di San Casciano Val di Pesa (Firenze), luogo dell’ultimo omicidio attribuito al cosiddetto Mostro di Firenze, il serial killer che tra il 1968 e il 1985 insanguinò il capoluogo toscano e la sua provincia uccidendo otto giovani coppiette. A mobilitare gli investigatori non sono state solo le indagini che portarono la procura fiorentina ad attribuire quattro dei duplici omicidi a Pietro Pacciani (poi assolto in appello e morto nel 1998 prima della nuova sentenza) e ai suoi compagni di merende, ma anche esigenze “cinematografiche”: la realizzazione di un docufilm. La pellicola, targata Rai, sarà incentrata sul delitto che lì fu commesso, quello dei francesi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, poi ritrovati il 9 settembre 1985 da un cercatore di funghi.

Come spiegato dalla procura, le operazioni non riguardano solo la piazzola dell’omicidio, pochi metri nell’interno della campagna, tra i pini e bosco ceduo, ma anche la strada comunale, che verrà fotografata per effettuare una serie di misurazioni: potrebbe quindi essere la prima volta che le indagini scientifiche, sia pur destinate anche alla fiction, si espandono oltre la linea degli alberi, interessando un tratto di via Scopeti. Quei luoghi si sono conservati in modo quasi uguale a 36 anni fa mentre si è modificato in varie fasi il sottobosco in cui si accampò la coppia francese.

L’obiettivo dell’intervento è quindi quello di attuare una ricostruzione topografica e forestale della scena in modo da poterla riprodurre davanti alla macchina da presa nella maniera più corretta possibile anche dopo così tanto tempo. Del resto, è la stessa dinamica del crimine a presentarsi complessa: la coppia fu sorpresa in campeggio dall’assassino, che utilizzò un coltello per squarciare la tenda, sparò alla donna provocandone la morte e poi inseguì all’esterno il compagno finendolo dopo un disperato tentativo di fuga nella vegetazione. A quei gesti, seguirono poi, come da prassi del killer, mutilazioni sulla ragazza.

Nei rilievi, sono stati testati nuovi macchinari, tra cui anche un drone, insieme a nuove tecnologie in 3D in grado di rilevare particolari eventualmente ignorati dalle indagini del 1985: allora gli investigatori non disponevano della tecnologia attuale senza contare che, come documentato dalle fotografie scattate dai cronisti dell’epoca, la scena del crimine venne probabilmente inquinata dalla presenza di troppe persone. Tutto il materiale realizzato verrà inviato anche alla procura di Firenze, con la quale è stato concordato il sopralluogo, per eventuali valutazioni: è tutt’altro che escluso, quindi, che possa essere utilizzato per le indagini sui delitti.

“Come ragione di questo rinnovato interesse, sorge spontaneo il quesito se non sia quella di procedere alla rimozione della lapide in memoria delle vittime, al momento non trovando altra spiegazione visto l’orientamento costante manifestato in questi ultimi tre anni dalla procura di Firenze”, ha commentato Vieri Adriani, legale delle vittime. L’ultima fase delle indagini sul Mostro di Firenze, che vedeva indagati un ex legionario di 89 anni, Giampiero Vigilanti, e un medico di 88 anni, Francesco Caccamo, per gli otto duplici omicidi delle coppie di fidanzati, ha visto l’archiviazione di queste posizioni del novembre 2020, quando il gip ha rigettato l’istanza di opposizione all’archiviazione presentata proprio dall’avvocato Adriani. L’episodio non ha posto comunque fine del tutto alle indagini sui delitti attribuiti al Mostro. Come sottolineato anche dal gip nell’ordinanza di archiviazione, sono tutt’ora in corso da parte della procura accertamenti in relazione “al recente ed ultimo rinvenimento di una pistola Beretta calibro 22″, lo stesso tipo di arma che le perizie indicano essere stata usata per gli omicidi, trovata a gennaio scorso in una piazzola lungo la superstrada Firenze-Siena, nei pressi di Tavarnelle. E resta aperto anche un altro filone di indagine, per un presunto depistaggio.

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Cagliari, uccide la moglie a coltellate e poi chiama i carabinieri: 67enne in caserma

Una donna di 60 anni è stata uccisa a Quartucciu, nell’hinterland di Cagliari, dal marito di 67 anni. L’episodio è avvenuto in un’abitazione in via Sarcidano. Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa, il 67enne ha accoltellato ripetutamente la moglie e poi lui stesso ha chiamato i carabinieri. Quando i medici del 118 sono arrivati in casa non hanno potuto fare nulla, la donna era già morta. Sul posto stanno operando i carabinieri della Compagnia di Quartu Sant’Elena e del Comando provinciale di Cagliari. Il 67enne è ora trattenuto in caserma, dove è stato raggiunto dal suo legale.

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Alto Adige, uccide un amico a coltellate a Brunico: arrestato 21enne polacco. Procura: “Non ci sono elementi su movente satanista”

Si è presentato al pronto soccorso ferito e, dopo le domande dei sanitari su come se le fosse procurate, ha confessato di aver appena ucciso un amico nel suo appartamento e di aver gettato l’arma del delitto, un coltello, e il cellulare nel fiume. Infine lui stesso ha chiamato il 112 per raccontare tutto. È accaduto la notte del 27 luglio a Brunico in Alto Adige. Per il delitto è stato fermato un polacco 21enne, Oskar Kozlowski, residente da alcuni anni in Italia. La vittima è Maximum Zanella, 30enne d’origine russe, adottato da bambino da una famiglia altoatesina. Secondo le prime ricostruzioni, tra i due era in corso una violenta lite nell’appartamento di Zanella, quando Kozlowski si è avventato sull’amico e lo ha ucciso a coltellate. Entrambi erano noti alle forze dell’ordine come consumatori di stupefacenti.

Il ritrovamento di un teschio nell’appartamento della vittima e il fatto che il fermato, secondo foto pubblicate sui social media, avesse tatuato sul braccio il numero ‘666‘, hanno alimentato voci su un possibile retroscena satanista. La Procura ha però precisato che “sul movente non ci sono ancora elementi” utili. L’appartamento è stato posto sotto sequestro.

La pista del satanismo è stata smentita dai genitori della vittima, Carlo Alberto Zanella, presidente provinciale del Cai, e la moglie. “Il teschio”, spiegano, “è una solo una specie di soprammobile di plastica, nient’altro”. I coniugi Zanella e la loro figlia non si danno pace. Descrivono Maximum come ragazzo “timido e buono”, che in passato “ha compiuto qualche errore come tanti ragazzi”. Da sei anni viveva a Brunico e attualmente lavorava come bagnino nella piscina di Brunico. Genitori e figli si sentivano più volte al giorno, così anche ieri sera quando Maximum sembrava tranquillo. Cosa sia successo nella ore successive lo potrà chiarire solo Oskar Kozlowski, che sarà sentito a breve per l’interrogatorio di garanzia.

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Donne morte nel campo di mais, il 28enne alla guida del trattore: “Sono sconvolto”. Slittano le autopsie

Le indagini per capire come e perché sono morte Sara El Jaafari, 28 anni, e Hanan Nekhla,32 anni, in un campo di mais di San Giuliano Milanese, al confine con Locate Triulzi (Milano) proseguono. I carabinieri stanno analizzando i cellulari trovati accanto al corpo delle due giovani donne trovate senza vita sabato scorso dopo che una venerdì alle 11.30 era riuscita a chiedere aiuto. Una cugina di Hanan ha raccontato che le due ragazze erano usciti con due uomini, anche loro marocchini, nella notte tra giovedì e venerdì. Gli investigatori li stanno cercando perché l’ipotesi è che Sara e Hanan non fossero sole nel campo.

Nel registro degli indagati però al momento è iscritto un solo nome. Quello del bracciante che alla guida di un mezzo pesante, un trattore Grim 3500, ha lavorato nel campo venerdì mattina. “Sono sconvolto da quanto è successo. Non mi sono accorto davvero di nulla” ha detto A. P., 28 anni, al suo avvocato Angela Maria Odescalchi, che ha scelto per difendersi dall’accusa ipotizzata dalla Procura di Lodi. La sua difesa si baserebbe sul fatto che le ruote del mezzo agricolo che conduceva distano circa 3 metri dall’asse della cabina di guida che è, peraltro, sopraelevata. L’uomo ha anche mostrato al proprio avvocato un video per evidenziare quanto poco si possa vedere, rispetto alle ruote in movimento, dalla cabina di guida. In quel momento, poi, la maggior parte del campo presentava piante di mais alte due metri. Quindi, il campo visivo risultava ulteriormente limitato. Saranno, con ogni probabilità, questi gli elementi che l’uomo cercherà di far valere quando sarà chiamato a difendersi.

Intantoper assicurare le garanzie minime a tutti coloro i quali devono partecipare all’accertamento irripetibile non si terrà domani ma dopodomani, 7 luglio, l’autopsia sui cadaveri. Domattina sarà conferito l’incarico al medico legale, consulente della Procura di Lodi, da parte del pm Giulia Aragno.

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Secidenne uccisa nel Bolognese, ha confessato l’amico minorenne accusato di omicidio

È stato l’ultimo con cui aveva un appuntamento, l’ultimo ad averla incontrata. E stando a quanto ha raccontato ai carabinieri durante l’interrogatorio, è stato lui a uccidere Chiara Gualzetti, la 16enne ritrovata cadavere a Monteveglio, nel Bolognese. Così nella notte è scattata il fermo di un suo amico, anche lui minorenne, accusato di aver colpito più volte la ragazza, il cui corpo è stato scoperto a pochi metri da casa il giorno dopo la sua scomparsa, avvenuta domenica. A suo carico ci sarebbero anche diversi riscontri oggettivi, oltre alla confessione.

Dal momento in cui si sono perse le tracce della 16ennne, i carabinieri hanno sentito tutte le persone con cui aveva avuto dei contatti: il minore subito sospettato, amiche e amici, tutti quelli che potevano sapere qualcosa della scomparsa. Fino al ritrovamento del corpo ai margini di un bosco, a meno di un chilometro da casa, nel parco dell’Abbazia di Monteveglio, nella zona di colline bolognesi, vicino al confine con Modena.

Il cadavere di Chiara Gualzetti presentava ferite da arma da taglio al collo e sembra altre lesioni, come se qualcuno l’avesse picchiata. Le forze dell’ordine sono state avvisate della scomparsa della ragazza domenica pomeriggio dai genitori. Gli appelli sono stati condivisi sui social e rilanciati anche dal sindaco del Comune di Valsamoggia, Daniele Ruscigno.

Gli investigatori – coordinati dal pm della Procura per i minorenni Simone Purgato – dovranno ora capire se l’omicidio è collegato anche a quelle espressioni cupe e malinconiche, da cui emerge un imprecisato disagio: “Mi dicono che ho un bel corpo, mi dicono che sono intelligente e bella… E va sempre a finire che quando lo dicono, lo dicono per approfittarsi del mio corpo e della mia intelligenza… Oppure spariscono perché si stancano di provare a usare il mio corpo e si stancano della mia intelligenza”, scriveva qualche mese fa. A inizio 2020 Chiara raccontava di una sua ingenuità, di “errori”, di una forza che non riusciva a trovare per affrontare chi, sue parole, la tormentava “da anni con le prese in giro”.

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Torino, 18enne si suicida: aperta un’inchiesta per stabilire se sia stato vittima di omofobia o bullismo

La procura di Torino ha aperto un fascicolo sulla morte di un diciottenne che domenica scorsa si è tolto la vita gettandosi sotto un treno tra le stazioni di Lingotto e Moncalieri. Si indaga per istigazione al suicidio, al momento senza indagati, per stabilire se il ragazzo sia stato vittima di bullismo o di omofobia.

“Non ha retto alle offese, vogliamo giustizia”, spiega la famiglia. La storia del giovane, che non ha lasciato alcuna spiegazione, è riportata dal quotidiano La Stampa. Tra i numerosi messaggi di cordoglio arrivati al suo account Instagram ci sono anche degli insulti e persino un “morte ai gay“. Una delle ipotesi è che il ragazzo non abbia retto ai giudizi e agli insulti che riceveva. “Già da bambino era stato vittima dei bulli – sottolinea la madre – non mi raccontava tutto, ma sentivo che c’era qualcosa che non andava”. “Il problema delle menti chiuse e che hanno la bocca aperta”, aveva scritto lo scorso marzo. “Con il giudizio della gente io ci faccio meravigliosi coriandoli”, gli aveva risposto un’amica.

Alcuni amici hanno riferito che “lo prendevano in giro perché era omosessuale”, mentre il fratello racconta al quotidiano di Torino che il giovane gli aveva confessato di essere preoccupato e “di aver paura di alcune persone”. I genitori intanto chiedono giustizia. “Stiamo cercando la verità – spiega ancora la mamma sui social – mio figlio non è mai stato solo”. “Non ho mai pensato a un gesto estremo, non di sua volontà, non era una persona che pensava di togliersi la vita anzi sapeva che arrivato a 18 anni avrebbe potuto fare le sue scelte. Oggi credo sia stato ingannato, deriso e umiliato, con un carattere così fragile” continua. Gli agenti hanno acquisito i messaggi e hanno parlato con gli insegnanti dell’istituto professionale che il ragazzo frequentava per diventare barman e cameriere, oltre che con i compagni di classe e gli amici.

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