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Letizia Moratti: “I medici di base? Mancano per organizzazione, non per numero”. Polemica con le associazioni di categoria

I medici di base mancano per “una questione di organizzazione, non di numero”. È la frase, pronunciata dall’assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti a “Bergamo Tv”, che apre le porte alle polemiche degli interessati. “Lavorano per un numero di ore profondamente diverso rispetto alle ore di chi lavora all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie. Questo ovviamente è quello che crea la percezione di carenza”, ha poi proseguito sulle pagine dell’edizione bergamasca de Il Corriere della Sera. “Lo abbiamo sollevato a livello di ministero, il ministro ci ha confermato di aver avviato con i medici di medicina generale un’interlocuzione per poi riferirci rispetto a questo tema, siamo in attesa”, ha concluso.

Sono arrivate le risposte da parte delle associazioni di categoria, come la Fimmg – Federazione Italiana medici di medicina generale, e le riporta lo stesso Corriere Bergamo: “Stupore, preoccupazione e tanta amarezza”. Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano e del sindacato Snami parla invece di “Dichiarazioni vergognose” e aggiunge: “La Regione scredita i medici di famiglia. Farebbe comodo dare la torta della medicina del territorio a qualche gruppo privato”. La Cgil ha invece invitato Moratti a “non cercare colpevoli ma soluzioni. Chiediamo di entrare a pieno titolo e organicamente in un sistema sanitario nazionale pubblico”. Il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni suggerisce all’assessore “di passare una giornata nello studio di un medico di base”.

Fra i nodi alla base dello scontro c’è la forma di contratto che coinvolgerà i medici di medicina generale all’interno del Sistema sanitario nazionale. Al momento sono liberi professionisti convenzionati con il ministero della Salute, ma la Commissione Salute delle Regioni, di cui Moratti è vicepresidente, vuole ripensare questa formula. Una delle possibilità comprende l’inserimento dei medici come dipendenti (e non più liberi professionisti, quindi). Non tutti i sindacati, però, sono concordi con questa soluzione.

Nel frattempo prosegue il flusso di risposte all’assessore, come quella riportata dal Corriere di Gianluigi Spata, Federazione regionale degli Ordini dei medici. Si è espresso con una lettera consegnata a Palazzo Lombardia: “L’orario di apertura degli ambulatori, proporzionale al numero dei pazienti, è sancito dall’Acn (accordo collettivo nazionale), ma di fatto sono solo numeri che non riflettono la reale tempistica del quotidiano lavorativo della medicina territoriale, che non è fatta solo di visite ambulatoriali , ma anche di visite domiciliari e di attività sul territorio, di espletamento delle attività burocratiche, di numerosissimi contatti con i pazienti mediante nuovi e tradizionali mezzi di comunicazione”.

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Il silenzio imbarazzato dei consiglieri eletti coi voti dell’ultradestra: Valcepina ‘fugge’ in moto. Sardone (Lega): “Antifascista? Non sono fascista”

Quasi sette ore di silenzio, durante le quali è stato pressoché impossibile avvicinare i consiglieri di Fratelli d’Italia coinvolti nell’inchiesta di FanPage. Nel giorno del primo Consiglio comunale della nuova amministrazione di Milano, Chiara Valcepina e Francesco Rocca, pizzicati dalle telecamere mentre partecipano ad aperitivi elettorali in cui è d’obbligo fare il saluto romano e ipotizzare di risolvere la questione dei flussi migratori ricorrendo alle bombe, erano attesi da decine di giornalisti. Sarebbe stato utile chiedere loro di dare spiegazioni sui presunti finanziamenti in nero destinati alla campagna elettorale. Ma i due consiglieri, “protetti” dagli altri tre eletti del partito di Giorgia Meloni, si sono tenuti a distanza dai cronisti, tanto che – addirittura – Valcepina è uscita dall’ingresso posteriore di Palazzo Marino, direttamente dal cortile interno, a bordo di una moto. La stessa esponente di FdI, in giornata, ha inviato al sindaco Giuseppe Sala e a tutti i colleghi una lettera in cui si dichiara lontana dalle posizioni “fasciste, razziste e antisemite”, accusando i giornalisti di FanPage di aver montato l’inchiesta “ad arte”.

Chi invece ha provato a dare qualche spiegazione, poiché coinvolta dall’inchiesta “Lobby Nera” per via della vicinanza col movimento neofascista Lealtà Azione, è stata la consigliera della Lega, ed eurodeputata, Silvia Sardone. Alla domanda di dire, per fugare ogni dubbio una volta per tutte, di essere antifascista, Sardone ha preferito rispondere che “non sono fascista. Sono filoisraeliana e filoamericana, chi mi dipinge come ‘fascista’ non ha capito nulla. Sono stata persino ad Hammamet alle commemorazioni di Bettino Craxi”. Non ha però dichiarato di essere antifascista.

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San Donato, troupe di Rai News rapinata sul luogo dell’incidente aereo

Ieri domenica 3 ottobre un Piper PC-12 è precipitato in via Marignano all’angolo via 8 ottobre 2001 a Milano, nella zona sud ovest della città ai confini con San Donato Milanese, poco dopo il decollo dall’aeroporto di Linate. A bordo del velivolo c’erano otto persone: il pilota, il copilota, cinque adulti e un bambino, tutti morti. Tra i tanti giornalisti sul posto per raccontare i fatti, anche la troupe di Rai News che è stata rapinata, tanto da dover rimandare il collegamento di qualche ora così da riuscire a recuperare altra attrezzatura. Per quanto riguarda l’incidente si attende che venga recuperata la scatola nera: “Stiamo aspettando i tecnici di Enac per questo tipo di indagini”, ha spiegato Carlo Cardinali, funzionario dei Vigili del Fuoco di Milano.

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Un tappeto di colori invade Piazza Duomo: a Milano arrivano le coperte di Viva Vittoria contro la violenza sulle donne – FOTO











Un tappeto di colori ha invaso la Piazzetta Reale di Milano, di fianco al Duomo. Almeno 5mila coperte fatte a maglie o all’uncinetto sono state stese a terra per la mega installazione del progetto Viva Vittoria, per combattere la violenza contro le donne, che, dopo aver fatto tappa a Roma, davanti a Castel Sant’Angelo a fine settembre, è arrivato nel capoluogo lombardo.

Iniziata a Brescia nel 2015, si tratta a tutti gli effetti di un’opera di design creata con l’obiettivo di contrastare la violenza di genere e per sostenere il reinserimento in società delle donne che hanno subito violenza. L’opera è composta da migliaia di quadrati di maglia a ferri o uncinetto cucini insieme con un filo rosso, simbolo dell’unione fra le donne, fino a formare migliaia di coperte.

L’iniziativa milanese ha avuto il sostegno del sindaco Beppe Sala e ha visto la partecipazione di Alessandra Kustermann, ginecologa primario della clinica Mangiagalli dove ha creato il centro Soccorso Violenza Sessuale e Domestica.

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Fratelli d’Italia, Vittorio Feltri a ‘La Zanzara’: “Fidanza? È peggio di un cog…e. Tanto vince Sala, lo sanno tutti”. Scontro con Parenzo

L’inchiesta di Fanpage su Fratelli d’Italia a Milano? Nel comportamento di Carlo Fidanza c’è anche un aspetto coglionesco, anzi è anche qualcosa di peggio di un coglione, perché quelle cose non si fanno e basta”. Così, ai microfoni de “La Zanzara” (Radio24), Vittorio Feltri, capolista di Fratelli d’Italia alle amministrative di Milano, commenta la vicenda della lobby nera milanese nel partito guidato da Giorgia Meloni.


Il giornalista, che, come è tradizione nel programma radiofonico, si rende protagonista di un vivace battibecco con David Parenzo, aggiunge: “Sicuramente è stato un brutto colpo, non è una bella storia. Ma io che c’entro? Chi se ne frega, io non sono iscritto a Fratelli d’Italia. Certo, la cosa mi è dispiaciuta, perché sapere che uno dei tuoi compagni di viaggio ha combinato delle cose di questo tipo non può farti piacere”.

Circa la campagna elettorale a Milano, Feltri commenta: “È una rottura di coglioni e poi non m’importa niente, ma comunque non mi sono affaticato. Non ho fatto nessun comizio, sono andato solo a salutare Giorgia Meloni in piazza Duomo e basta. E non ho messo soldi per fare la campagna elettorale: mi è stato chiesto di aderire e ho accettato perché ho molta simpatia per la Meloni e la stimo molto. È certo che a Milano vinca Sala, ormai lo sa chiunque. Io mi sono candidato semplicemente perché voglio portare dei voti a Melania, cioè alla Meloni”.

Critica tagliente all’intero centrodestra (“è una coalizione del cazzo”) e frecciata finale al leader della Lega: “Salvini non si è posizionato benissimo negli ultimi tempi. Mi aveva candidato a presidente della Repubblica, ma poi io gli ho detto che nel suo comportamento degli ultimi tempi non si è rivelato molto coerente. Prima fa il governo con Conte e i 5 Stelle, poi si è dimesso senza spiegare il motivo preciso. Successivamente si è rimesso coi 5 Stelle e con l’avversario storico, che è il Pd. E quindi non mi è sembrato un comportamento coerente. Gliel’ho fatto notare e lui si è arrabbiato. Ma chi se ne frega“.

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Milano, l’Anpi si appella agli elettori: “Non date il voto a liste e candidati fascisti”. Bernardo un mese fa costretto alla giravolta

Il tempo di tirare un sospiro di sollievo che Luca Bernardo, candidato sindaco di Milano per il centrodestra, si ritrova di nuovo accerchiato tra un botta-risposta con Sala e l’accusa di contiguità con l’estrema destra. Il presidente dell’Anpi di Milano anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla resistenza faranno un appello pubblico non più a liste e candidati, ma direttamente ai cittadini perché “non votino liste con candidati non dichiaratamente antifascisti”. Una posizione che, nella città medaglia d’Oro della Resistenza, può far presa nella corsa elettorale che si gioca tra il centro e la periferia. Può diventare anche un grimaldello ulteriore perché la Lega è ormai dilaniata tra la linea moderata di Giorgetti e quella di Salvini. La seconda per altro è diventata plasticamente minoritaria sulla questione green pass e no-vax , con tanto di scavalco sia dei governatori del Carroccio che degli esponenti con impegni di governo.

La polemica, va detto, in città c’è sempre stata, dai tempi della Moratti, De Corato e del centrodestra a Palazzo Marino che ha sempre strizzato l’occhio alla galassia dei movimenti della destra radicale. E’ successo anche stavolta, alla vigilia della tornata elettorale alle porte. Il 27 agosto scorso il consigliere regionale Max Bastoni, candidato con la lista di Bernardo per Palazzo Marino, aveva inaugurato il comitato elettorale in via Pareto 14, nei locali milanesi del movimento di estrema destra Lealtà Azione. Allora fu la segreteria metropolitana del Pd a sollevare la questione della scelta di condividere gli spazi con “un movimento che ogni anno organizza le celebrazioni al Campo X del Cimitero Maggiore, tra saluti romani e inni ai caduti di Salò”. Bernardo all’epoca dichiarò che “non c’è differenza tra fascisti e antifascisti”, scatenando polemiche che lo costrinsero poi alla giravolta repentina: “Sono antifascista come tutti gli italiani, si condannino tutte le ideologie folli”.

Stavolta però l’Anpi si rivolge direttamente agli elettori. Il presidente della sede provinciale di Milano Roberto Cenati anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla Resistenza (Anpi ma anche Aned, Fiap e Partigiani Cristiani) faranno ai cittadini un appello perché non diano il voto alle liste e ai candidati che non si dissociano dal fascismo. “A 76 anni dalla liberazione di Milano lo avrei considerato scontato”, dice Cenati. “In questi mesi però il nostro accorato appello ai candidati e ai partiti non ha sortito, evidentemente, gli effetti sperati”. Nel frattempo infatti il quartier generale del consigliere regionale Bastoni è rimasto negli stessi locali. Ha anche ribadito di “impegnarsi per far confluire i voti dell’estrema destra su Luca Bernardo”. Ma l’Anpi alza il livello della richiesta spostando la responsabilità della scelta sugli elettori: “A questo punto confidiamo siano loro a dare un segnale, noi non arretriamo sul fatto che chi si candida a governare Milano debba necessariamente ispirarsi ai valori della Costituzione e della Resistenza”.

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Milano, il prete arrestato per abusi sui minori respinge le accuse. “Scioccato e provato da quello che sta accadendo”

Don Emanuele Tempesta, arrestato con l’accusa di abusi sessuali su minori nega ogni addebito. “Accuse infamanti, sono scioccato e provato da quello che sta accadendo” ha dichiarato nell’interrogatorio di garanzia. Secondo le accuse sarebbero sette i minori tra i 7 e gli 11 anni che avrebbero subito abusi da parte del prete in otto episodi distinti. Ma davanti al Gip di Varese, Stefano Colombo, il sacerdote 29enne ha negato ogni coinvolgimento nei fatti che sarebbero accaduti tra febbraio 2020 e maggio 2021 tra le mura della sua abitazione dove i bambini andavano a giocare alla playstation.

Le testimonianze dei minori sono state raccolte in forma protetta e alla presenza di psicologi dalla procura di Busto Arsizio. Il computer e altri dispositivi elettronici del sacerdote sono stati sequestrati dagli inquirenti che stanno esaminando il contenuto. Intanto, don Tempesta, arrestato mentre si trovava in viaggio con i ragazzi dell’oratorio a Bardonecchia è agli arresti domiciliari in una località segreta scelta dalla Diocesi di Milano e nella parrocchia di Busto Garolfo è arrivato il vicario episcopale monsignor Luca Rimondi.

L’inchiesta è partita da alcune famiglie dopo che i figli hanno raccontato cosa accadeva a casa del prete mentre giocavano ai videogiochi. La Diocesi di Milano è stata la prima a divulgare la notizia, avendo cura di tenere i bambini che partecipavano al campo estivo a Bardonecchia all’oscuro dell’arresto. Il prete, infatti, dopo essere stato avvicinato dagli agenti in borghese della squadra mobile di Milano e informato dei fatti, ha comunicato ad uno degli animatori di dover andare a casa. A quel punto, ai bambini è stato impedito di utilizzare il cellulare per non causare turbamenti, mentre i genitori erano in contatto con gli animatori del campo.

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Europei, esplode la gioia dopo la vittoria con l’Inghilterra: tifosi in festa salgono sul tetto del tram a ballare a Milano

Vittoria Italia agli Europei di calcio, tifosi in festa salgono sul tetto dei tram in zona Navigli a Milano.

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Gay Pride 2021: da piazza Vittorio Emanuele a Roma all’Arco della Pace a Milano, ecco i principali appuntamenti del 26 giugno

Quello del 2021 non è un mese del pride come altri. Se la pandemia ha impedito tutte le manifestazioni della comunità Lgbt+ nel 2020, quelle del 2021 saranno infuocate dall’enorme dibattito di questi giorni attorno al Ddl Zan. Dopo le polemiche legate alla presa di posizione da parte del Vaticano, secondo il quale la riforma viola il Concordato tra Stato e Chiesa, le parate della comunità Lgbt+ si faranno ancora più rumorose. Così, a Roma e Milano, sabato 26 giugno sono previste un serie di appuntamenti per festeggiare l’amore in tutte le sue forme.

Nella capitale, dopo un mese molto intenso di manifestazioni, incontri e concerti, la comunità Lgbt+ (ma non solo) si riunirà in piazza Vittorio Emanuele, nel cuore della città, alle 17, per uno degli ultimi – e più sentiti – appuntamenti del mese. Nel rispetto della normativa anti-Covid, alla manifestazione non saranno presenti mezzi a motore né carri, ma resta obbligatorio l’uso della mascherina e il rispetto del distanziamento. “Sfileremo con i nostri corpi, con tutto l’orgoglio e l’entusiasmo che ci accompagna fino a piazza della Repubblica” fanno sapere dall’organizzazione. Rispetto alle edizioni passate, però, l’evento si estenderà su un percorso più breve e soprattutto, secondo le direttive della questura, se il numero dei partecipanti dovesse essere molto alto, il corteo si sposterà fino in piazza della Repubblica.

A Milano, invece, dopo le varie “Pride Square” degli scorsi giorni, sabato 26 ci saranno gli eventi clou. Si comincia con l’appuntamento organizzato al Mema Cafè in Largo Bellintani alle 12, che vedrà la presenza proprio del deputato Alessandro Zan e una discussione in merito al disegno di legge da lui presentato. Subito dopo, saltata la rituale parata a causa dell’emergenza Covid, gli organizzatori della manifestazione milanese hanno indetto una “biciclettata arcobaleno“, che culminerà con il mega evento all’Arco della Pace a partire dalle 18 che sarà poi trasmesso in diretta sulla pagina Instagram ufficiale @milanopride – dove migliaia di persone sono attese per festeggiare la comunità Lgbt+.

Sabato 26 giugno, poi, è anche il turno dell’Abruzzo Pride, a L’Aquila, dove sono attese migliaia di persone, sempre nel rispetto delle norme anti-Covid.

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Rho, arrestato per omicidio volontario l’ex compagno della 25enne Tunde Blessing

Tunde Blessing venne uccisa lo scorso 3 maggio e il suo cadavere lasciato non lontano dalla strada dove si prostituiva. Questa mattina, i carabinieri del comando provinciale di Milano hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del suo ex fidanzato, un 34enne di origine ghanese. Il corpo della ragazza, 25enne di origini nigeriane, era stato trovato il 12 maggio nella periferia di Rho, nell’hinterland milanese. La sua identificazione è stata possibile grazie alla tessera sanitaria che sbucava dalla sua borsa abbandonata accanto al cadavere e quando gli investigatori hanno inserito il nome nel database hanno scoperto che risultava una denuncia di scomparsa del 7 maggio.

Stando alle informazioni rilasciate dalle forze dell’ordine, l’uomo aveva raggiunto Tunde Blessing nella zona dove si prostituiva, strangolandola con un elastico. Dopo aver sottratto alla ragazza il denaro contante che aveva con sé, aveva preso i due cellulari che erano nella borsa di lei, portandoli lui stesso a Novara, nell’appartamento della ragazza, presumibilmente per provare a depistare le indagini. La misura cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, su richiesta della procura. L’uomo è ritenuto responsabile di omicidio volontario e furto.

Le ricostruzioni – Il ghanese, identificato fin da subito dai carabinieri come un possibile sospettato, aveva ammesso la sua estrema gelosia già dai primi interrogatori. “Sono una persona gelosa! – riporta Repubblica.it che cita alcuni passaggi del suo interrogatorio io non voglio che la mia ragazza, ad esempio, abbia il numero di telefono di altri uomini”. Nella stessa circostanza, pare anche che l’uomo avesse millantato il fatto che la ragazza fosse incinta di un bambino concepito quattro mesi prima proprio con lui.

“Mi ha detto che suo papà non voleva che sposasse un ghanese – ha continuato l’uomo – e quindi mi ha mandato via da casa”. In merito alla sua gelosia, poi, ha detto “Se Tunde aveva bisogno dì qualcosa doveva chiedere solo a me”. Tanto che il gip scrive: “La visione che ha l’indagato delle relazioni sentimentali è caratterizzata da un ossessivo controllo dell’altro, da insofferenza e mancata accettazione di qualsivoglia forma di autodeterminazione delle persone a sé legate sentimentalmente”. Inizialmente, l’uomo ha affermato di non sapere che la ex fidanzata fosse morta, al contrario di quanto aveva confidato agli amici, come raccontano le intercettazioni. Nella speranza di crearsi un alibi, l’uomo ha detto poi di non essere a Rho il 3 maggio, il giorno in cui la ragazza è stata uccisa. A inchiodarlo è stato però il sistema di videosorveglianza di un’azienda poco distante dalla zona, che lo riprende lì all’ora di pranzo, accanto alla ragazza per mezz’ora.

Poi i due spariscono, assieme ai cellulari della vittima che verranno ritrovati nell’appartamento di lei. A riconoscere l’uomo sono stati i coinquilini della donna, che più volte l’avevano visto in casa e avevano assistito alle liti della coppia prima della rottura. “Se dovessi morire per le botte che prendo da lui, avrete il mio sangue sulla coscienza“, aveva risposto a un’amica che suggeriva di ricomporre.

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