Archivio Tag: Silvio Garattini

Covid, l’annuncio di Pfizer-Biontech: “Si va verso l’ok al vaccino per i bimbi da 6 mesi a 11 anni a inizio 2022”

Ora c’è una data, seppur indicativa: inizio 2022. E’ quando potrebbe entrare in scena il vaccino anti Covid prodotto da Pfizer-Biontech per i bambini dai 6 mesi agli 11 anni. A confermarlo è stata la stessa azienda alle agenzie di stampa. I risultati della sperimentazione “prevediamo saranno disponibili nella seconda metà del 2021. Se la sicurezza e immunogenicità saranno confermate – è quanto dichiarato all’Ansa dai vertici della società – speriamo di ricevere l’autorizzazione per la vaccinazione di questi bambini più piccoli entro l’inizio del 2022″. Lo scorso marzo, Pfizer e BioNTech hanno inoculato il proprio vaccino ai primi bambini sani in uno studio globale di fase 1/2/3 per valutarne ulteriormente sicurezza, tollerabilità e immunogenicità nei bimbi.

Quella del vaccino indirizzato ai più piccoli, tuttavia, non è l’unica novità di giornata che riguarda Pfizer Biontech. In una nota ufficiale, infatti, il presidente e amministratore delegato Albert Bourla ha sottolineato che “la vaccinazione continuativa oltre il 2021 è fondamentale poiché COVID-19 continua a diffondersi rapidamente in tutta Europa e nel mondo – ha spiegato – Più di un anno dopo, continuiamo ad accresce le conoscere sulla COVID-19 e stiamo lavorando per determinare se, analogamente all’influenza stagionale, la vaccinazione annuale possa fornire la protezione più duratura“.

Non solo. Riferendosi quindi alla firma del contratto con la Commissione europea per la fornitura di 1,8 miliardi di dosi del vaccino per il periodo 2021-2023, il CEO e co-fondatore di BioNTech, Ugur Sahin, ha affermato che “ci sono prove crescenti che COVID-19 continuerà a rappresentare una sfida per la salute pubblica per anni. Questo contratto con la Commissione europea – ha commentato – garantirà che dosi sufficienti di COMIRNATY siano disponibili per tutti i cittadini dell’UE nel 2022 e 2023″. Con queste “dosi aggiuntive e i nostri continui investimenti in ricerca e sviluppo volti ad adattare il nostro vaccino per affrontare varianti nuove ed emergenti, continueremo ad avere un impatto significativo negli sforzi dell’UE per proteggere la salute pubblica”, ha aggiunto. Pfizer e BioNTech, si legge nella nota delle aziende, sono impegnati nello sviluppo continuativo del vaccino, inclusa la valutazione di una potenziale dose di richiamo e una versione aggiornata del vaccino per affrontare potenziali varianti.

Tornando sulla campagna vaccinale indirizzata ai più piccoli, da registrare la presa di posizione del farmacologo Silvio Garattini, presidente dell’Irccs Mario Negri: “E’ molto importante vaccinare i ragazzi contro Covid, perché pur essendo spesso asintomatici possono infettare gli altri – ha detto – Ha un senso anche considerato che frequentano le scuole. E, per questo, se si dovesse cominciare prima di settembre sarebbe anche meglio. Io – ha continuato Garattini – sono del parere che dobbiamo accelerare le vaccinazioni a tutti e in tutto il mondo”. Il tutto mentre, come confermato dal ministro della Salute Roberto Speranza, dovrebbe arrivare il 28 maggio il via libera all’uso del vaccino Pfizer nei 12-15enni.

L’articolo Covid, l’annuncio di Pfizer-Biontech: “Si va verso l’ok al vaccino per i bimbi da 6 mesi a 11 anni a inizio 2022” proviene da Il Fatto Quotidiano.

 – Leggi

Vaccini Covid, Silvio Garattini: “Il rigore scientifico non venga diminuito da urgenza, pressioni politiche o economiche”

Lo aveva detto otto mesi fa: era “pensabile” che un vaccino anti Covid fosse “approvato entro fine anno”. E oggi che alla fase III della sperimentazione, con ottimi risultati annunciati sull’efficacia, sono arrivati almeno quattro candidati (Pfizer, Moderna, Oxford-Astrazeneca e il russo Sputnik V su cui la comunità scientifica si mostra scettica) Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri, risponde ai dubbi e alle perplessità sulla sicurezza di questi composti pensati e sviluppati in tempi inimmaginabili fino a un anno fa. Lo scienziato, 92 anni di cui quasi 70 al servizio della scienza, parla a 24 ore dalla somministrazione del vaccino antinfluenzale: “Sono stato vaccinato. Finalmente. Anche se ne mancano ancora molte di dosi. C’è ancora molto da aspettare. Speriamo che quelli che vogliono possano essere vaccinati”. Garattini, che farà il vaccino anti Covid quando sarà approvato, chiede un “continuo monitoraggio” sui possibili effetti collaterali “che non si sono visti nel breve termine” e che “il rigore scientifico non venga diminuito da urgenza, pressioni politiche o economiche”. E sul Natale dice: “Non è una cosa fondamentale o senza la quale non possiamo vivere, è fondamentale invece evitare di finire all’ospedale o peggio”.

Allora abbiamo diversi candidati vaccini in dirittura d’arrivo…
Sì, abbiamo alcuni che sono più avanti. Anche se magari ce ne saranno altri: sappiamo che ci sono 42 vaccini in corso di studio clinico a vari livelli. Può darsi che ci sia anche qualche sorpresa

Per Moderna e Pfizer sappiamo che è stata usata una tecnica innovativa (Rna messaggero). In molti si chiedono se ci possono essere effetti pericolosi a lungo termine. Ci sono rischi ipotizzabili?
Non lo sappiamo, dobbiamo aspettare. È difficile fare gli indovini. Sappiamo che nell’ambito dei pochi mesi in cui c’è stata la sperimentazione gli effetti collaterali sono sostanzialmente quelli degli altri vaccini. Cose comuni come mal di testa, senso di fatica, poca febbre. Proprio perché sono usate nuove metodologie è importante richiedere che ci sia un continuo monitoraggio, anche quando il prodotto sarà messo in commercio per essere attenti che non ci siano effetti che non si sono visti nel breve termine.

Per quanto tempo?
L’importante è che si cominci a monitorare. Poi si vedrà quello che succede. Dipenderà anche dal fatto se il vaccino risolverà i nostri problemi. Può darsi che il virus muti e quindi ci sia bisogno di un vaccino ogni anno oppure ogni due anni.

C’è chi teme che questi vaccini sviluppati con nuove tecniche possano apportare modifiche nel nostro Dna. È davvero possibile?
Sono stati fatti studi sperimentali che hanno stabilito che non ci sono alterazioni. Si possono fare tutte le ipotesi, ma l’importante è che si continui lo studio e ci sia il monitoraggio adeguato. Vedremo man mano i dati, non possiamo fare diversamente. Non è che possiamo dire non vacciniamo perché c’è la possibilità che fra 5 anni ci sia un effetto collaterale: se fosse così allora non dovremmo usare nessun farmaco.

I dubbi sulla sicurezza. Possiamo spiegare che una volta che sono stati superati tutti i passaggi previsti dai protocolli il vaccino deve essere considerato sicuro?
Gli effetti collaterali sono valutati su circa 50-60mila persone (tra gruppo di controllo e quelli trattati) e diciamo che con questi numeri si ha una buona idea. Si farà una valutazione globale quando ci saranno tutti i dati, con le autorità regolatorie che devono valutare attentamente anche considerando il fatto che miliardi di persone verranno vaccinate. L’importante è che il rigore scientifico non venga diminuito dall’urgenza o da pressioni politiche o economiche. Questo è un punto molto importante

Quali informazioni ancora mancano per avere un quadro definito e chiaro?
Ne mancano ancora tante. Prima di tutto dobbiamo sapere quale sarà alla fine la percentuale di anziani reclutata, perché sono quelli più a rischio. Se fossero pochi non avremmo la conoscenza della reale efficacia. Dobbiamo sapere, al di là della formazione di anticorpi, qual è la protezione dalla mortalità e dalla malattia grave. Dobbiamo sapere se sono stati inseriti nella sperimentazione anche anziani con fattori di rischio. Dobbiamo sapere quanto durerà l’efficacia, quante dosi. Ci sono dati che ancora mancano, ma certamente saranno disponibili appena studi saranno terminati.

Una volta ricevuta l’approvazione di tutti gli enti preposti lei il vaccino lo farà? Avrà dubbi?
No, lo farò. Leggerò nel frattempo, ma i dati stanno già uscendo. Oxford ha pubblicato gli studi di fase II: quindi se uno li vuol leggere i dati ci sono. Inclusi gli effetti collaterali e la risposta immunitaria. Il problema è un problema di comunicazione. Se dico io non farò il vaccino se non conosco quello che è successo o farò il vaccino quando avrò tutti i dati sono due frasi che hanno lo stesso significato, ma hanno un impatto molto diverso su chi ascolta. Bisogna stare attenti a non destare allarmi o eccessi di fiducia. Ci vuole responsabilità ma anche conoscenza dei meccanismi della comunicazione.

Ci sono stati finanziamenti pubblici imponenti ad aziende private per cercare di arginare la pandemia. Lei è sempre stato un fautore della ricerca pubblica. Cosa ne pensa?
Di fronte all’urgenza questo è un dato positivo. È positivo che abbiano potuto lavorare con grande velocità perché non avevano problemi economici. C’è stata una grande mobilitazione in tutto il mondo, però questo si deve ripercuotere sul resto. Che il vaccino sia per tutti e che il prezzo sia basso.

Questa emergenza e tutte le vite perse hanno convinto la politica dell’importanza della ricerca e della ricerca pubblica?
Non vedo cambiamenti rispetto al passato. È importante la ricerca pubblica anche per controllare la ricerca privata. I politici degli ultimi decenni certamente non hanno avuto molto a cuore la ricerca indipendente e pubblica. Noi oggi siamo il paese che ha la metà dei ricercatori della media dei paesi europei e abbiamo una grande perdita di intelligenze che vanno via perché non ci sono le condizioni per lavorare bene in Italia. Abbiamo anche la metà della spesa rispetto al pil della media dei paesi europei. L’idea della politica è che la ricerca è una spesa, invece è un investimento. Senza non può avere innovazione né un servizio sanitario nazionale che sia in grado di rispondere a tutte le esigenze di salute della popolazione.

L’immunologo Anthony Fauci ritiene che con il 70% dei vaccinati nell’autunno del 2021 avremo una “quasi normalità”
Fauci conosce bene il suo mestiere, però bisogna qualificare quello che dice. L’America è un paese privilegiato perché ha speso moltissimo per comperare in anticipo molte dosi di vaccino. Noi, come Europa, abbiamo firmato l’accordo con Moderna qualche giorno fa. Il problema è sempre qual è il livello di organizzazione. Noi da aprile con Medici senza frontiere avevano fatto un appello al governo perché si occupasse molto rapidamente della possibilità dei vaccini. Dall’averli a disposizione a somministrarli c’è tutto una organizzazione che va prevista. L’orizzonte dipende molto dalle capacità del paese di fare tutto quello che è necessario. Se si farà il necessario la previsione di Fauci si potrà considerare accettabile.

Un orizzonte a breve termine è invece il Natale. In molti sperano di festeggiare…
Siamo di fronte all’eventualità di aumentare le malattie, di riempire gli ospedali, di contare altri morti. Si deve fare il sacrificio e festeggiare il Natale fra qualche mese o festeggiare quello del 2021. Non è una cosa fondamentale senza la quale non possiamo vivere, è fondamentale evitare di finire all’ospedale o peggio.

C’è qualcosa che vuole aggiungere alla nostra chiacchierata?
Voglio dire e non dobbiamo stancarci di ripetere che, per il momento, l’unica certezza che abbiamo a disposizione sono le regole che ci siamo dati: mascherina, distanziamento, evitare gruppi numerosi, lavaggio frequente delle mani. E tutti, giovani e anziani, lo devono capire perché senza di quello resteremo in emergenza.

L’articolo Vaccini Covid, Silvio Garattini: “Il rigore scientifico non venga diminuito da urgenza, pressioni politiche o economiche” proviene da Il Fatto Quotidiano.

 – Leggi

Coronavirus, la richiesta di Medici senza frontiere: no a brevetti su test e vaccini. E a me viene in mente Bennato

Sul vaccino la lezione più grande me l’ha ricordata Edoardo Bennato. Il perché, però, ve lo dico dopo.

Qualche giorno fa, nel corso della trasmissione Agorà, il presidente dell’Istituto ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’ di Milano, Silvio Garattini ha parlato di cosa dovrebbe accadere nel momento in cui ci sarà un vaccino contro il Covid-19.

“Se verrà realizzato negli Usa, ci si occuperà di darlo prima negli Usa” ha spiegato, sottolineando la necessità che arrivi ovunque. “Se necessario – ha detto – si potrebbe anche pensare ad abolire il brevetto per permettere a tutti di realizzarlo”. Che poi è una proposta avanzata nei giorni scorsi da diversi scienziati.

Qualche settimana fa l’organizzazione umanitaria Premio Nobel per la Pace, Medici senza Frontiere ha chiesto ai governi che non vengano depositati brevetti su farmaci, test diagnostici e vaccini utili per la risposta alla pandemia di Covid-19, ma che si adottino invece “misure alternative quali il controllo dei prezzi, al fine di garantire la disponibilità e la riduzione del costo dei prodotti, oltre che il salvataggio del maggior numero di vite umane”.

Di fatto, sarebbe un suicidio dal punto di vista della reputazione per un’azienda brevettare un vaccino e imporlo a prezzi alti. Gli Stati, poi, concorderanno l’eventuale prezzo con le aziende in grado di garantire la fornitura. Ma è interessante osservare cosa sta già accadendo intorno a noi.

Medici senza Frontiere segnalava i casi di Canada, Cile, Ecuador e Germania, dove sono stati presi provvedimenti “emettendo una licenza obbligatoria per farmaci, vaccini e altri strumenti medici destinati al trattamento del Covid-19” e ricordava che la casa farmaceutica Gilead aveva rinunciato alla designazione speciale di ‘farmaco orfano’ (anche se non si era ancora impegnata a non applicare i brevetti a livello globale) per il suo antivirale remdesivir, farmaco potenziale per il Covid-19, che le avrebbe consentito in via esclusiva di ricavare esorbitanti profitti dalla vendita.

Sempre se fosse stato efficace contro la pandemia, ma sappiamo come è finita, almeno per il momento. Il Financial Times ha, infatti, anticipato che la prima sperimentazione dell’antivirale in Cina si è rilevata un flop perché il farmaco “non ha migliorato le condizioni dei pazienti o ridotto la presenza del patogeno nel sangue”. Medici senza Frontiere ricordava anche il caso del produttore americano di test diagnostici Cepheid, definendolo “un altro esempio di come si può fare profitto speculando durante una pandemia”.

Appena ricevuta l’autorizzazione rilasciata dalla Fda per l’uso di un test rapido Covid-19 che fornisce risultati in 45 minuti, l’azienda ha annunciato che avrebbe fatto pagare 19,80 dollari per ogni singolo test nei paesi in via di sviluppo, compresi i paesi più poveri al mondo, dove le persone vivono con meno di due dollari al giorno. “Prezzi elevati e monopoli comporteranno il razionamento di medicinali, test e vaccini, e che ciò contribuirà solo a prolungare questa pandemia” la denuncia di Medici senza Frontiere.

E allora mi vengono in mente due storie italiane, una recentissima e una vecchia, come quelle che piacciono a me. La prima riguarda l’azienda farmaceutica statunitense Abbott, che ha vinto la gara bandita dal governo per la fornitura di test sierologici in Italia, offrendo gratuitamente 150mila kit e portando a casa la vittoria, contro ogni pronostico (in molti erano convinti che il bando fosse stato cucito su misura per la piemontese Diasorin).

Ma la vera sorpresa l’ha fatta la Abbott: appena il giorno dopo l’annuncio della vittoria della gara (su 72 partecipanti) che ha procurato all’azienda americana una notevole pubblicità, la multinazionale ha pensato bene di comunicare che entro maggio saranno pronti altri 4 milioni di test sierologici. Ma a pagamento. Una tempistica che pare abbia lasciato con l’amaro in bocca Palazzo Chigi.

E poi c’è l’altra storia, quella vecchia. Me l’ha ricordata Edoardo Bennato perché, in una trasmissione Rai la cui replica è andata in onda in questi giorni, ha dedicato una sua canzone meravigliosa, ‘L’isola che non c’è’ al virologo polacco Albert Bruce Sabin, naturalizzato statunitense. Fu lui a sviluppare il vaccino più diffuso al mondo contro la poliomielite, una malattia virale acuta molto contagiosa responsabile di migliaia di morti, soprattutto tra i bambini. Ne furono vaccinati milioni tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.

In Italia divenne obbligatorio nel 1966 e debellò la malattia. Sabin non brevettò mai il vaccino e rinunciò allo sfruttamento commerciale da parte dei colossi farmaceutici affinché il prezzo rimanesse basso. “Tanti insistevano che brevettassi il vaccino – raccontò – ma non ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo”.

L’articolo Coronavirus, la richiesta di Medici senza frontiere: no a brevetti su test e vaccini. E a me viene in mente Bennato proviene da Il Fatto Quotidiano.

 – Leggi

Translate »