Archivio Tag: Tennis

Jannik Sinner e il grande gesto di sportività: si prende gli applausi del pubblico di Umago – VIDEO

Jannik Sinner è pronto per giocare la semifinale all’Atp 250 di Umago: il derby con Franco Agamenone in quello che è già un torneo storico per gli italiani in quanto tre azzurri hanno raggiunto il traguardo. Negli ottavi l’altoatesino aveva incontrato lo spagnolo Jaume Munar superandolo per 6-4 6-4. Proprio in quel match il 20enne di Sesto Pusteria è stato protagonista di un gesto di grande sportività. Sul punteggio di 6-4 4-3 30-0 in suo favore, Sinner si è cimentato nel serve & volley, ma non ha chiuso il punto con la prima volée. Munar ha perciò potuto tentare un passante che il nostro giocatore è riuscito a intercettare e spedire dall’altra parte del campo. Nel farlo, però, ha urtato la racchetta contro la rete. Il giudice di sedia, seppur a due passi, non si è accorto della scorrettezza assegnando il punto all’altoatesino. A accorgersene è stato lo spagnolo che ha chiesto all’arbitro l’assegnazione del quindici. Il giudice di sedia ha chiesto conferma a Sinner che sportivamente ha ammesso di aver colpito la rete prendendosi gli applausi dell’avversario e del pubblico presente.

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Jannik Sinner e il grande gesto di sportività: si prende gli applausi del pubblico di Umago – VIDEO

Jannik Sinner è pronto per giocare la semifinale all’Atp 250 di Umago: il derby con Franco Agamenone in quello che è già un torneo storico per gli italiani in quanto tre azzurri hanno raggiunto il traguardo. Negli ottavi l’altoatesino aveva incontrato lo spagnolo Jaume Munar superandolo per 6-4 6-4. Proprio in quel match il 20enne di Sesto Pusteria è stato protagonista di un gesto di grande sportività. Sul punteggio di 6-4 4-3 30-0 in suo favore, Sinner si è cimentato nel serve & volley, ma non ha chiuso il punto con la prima volée. Munar ha perciò potuto tentare un passante che il nostro giocatore è riuscito a intercettare e spedire dall’altra parte del campo. Nel farlo, però, ha urtato la racchetta contro la rete. Il giudice di sedia, seppur a due passi, non si è accorto della scorrettezza assegnando il punto all’altoatesino. A accorgersene è stato lo spagnolo che ha chiesto all’arbitro l’assegnazione del quindici. Il giudice di sedia ha chiesto conferma a Sinner che sportivamente ha ammesso di aver colpito la rete prendendosi gli applausi dell’avversario e del pubblico presente.

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“Untold”, la storia del tennista Mardy Fish che ruppe il tabù dell’ansia da prestazione nello sport

New York, 3 settembre 2012. All’Arthur Ashe Stadium di New York, Roger Federer (numero 1 del ranking mondiale) è già nei corridoi off-court a firmare autografi prima di disputare l’incontro dei quarti di finale degli Us Open di tennis in attesa dell’avversario, l’americano Mardy Fish, ottavo al mondo. Dopo qualche minuto riceve una notizia: Fish è negli spogliatoi ma non scenderà in campo, ha appena dato forfait. “Ero arrivato al limite. Boom! L’intero peso dello stress mi aveva inondato interiormente”. È proprio Mardy a confessarlo nel documentario a lui dedicato: “Fish vs Federer” diretto da Chapman Way e Maclain Way della serie originale Netflix “Untold” (che ha già raccontato la pugile Christy Martin e il campione di decatlon Caitlyn Jenner) disponibile da oggi sulla piattaforma.

Tuttavia, il mancato scontro tra i due tennisti è solo il culmine di un lungo racconto che ha il suo centro d’attrazione altrove, nella mente dell’atleta. Per secoli, infatti, si è creduto al diktat “mens sana in corpore sano” – in realtà un’invocazione agli dei del retore romano Giovenale, che però lo sport ha distorto, appropriandosene – secondo cui essere un atleta equivale a essere un eroe che la gloria pone al di sopra dei propri limiti. Per questo, ha stupito la giapponese Naomi Osaka quando sabato scorso 4 settembre – dopo aver perso al terzo turno degli US Open – ha comunicato di voler prendere una pausa dalla pressione sportiva e di non sapere quando tornerà a giocare a tennis; come pure il ritiro della ginnasta statunitense Simone Biles dalla quasi totalità delle gare nel corso delle Olimpiadi di Tokyo non più tardi di un mese fa, e le sue dichiarazioni riguardo alla tensione psicologica causata dallo stress da prestazione.

È, infatti, questo il focus del documentario: quanto pesano le aspettative? Mardy Fish, oggi che è diventato allenatore del team USA della Coppa Davis, ripercorre con filmati d’epoca e immagini inedite la sua carriera, che sboccia già sotto il peso di un’aspettativa enorme. Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, il tennis mondiale era stato dominato da atleti a stelle e strisce: John McEnroe, Pete Sampras, Andre Agassi. Nel 1988, la United States Tennis Association è preoccupata di cosa verrà dopo tali leggende e si chiede: si può creare un campione? Così, indice un programma di reclutamento per ragazzi: solo i migliori arriveranno alla famosa Saddlebrook Academy. Tra questi nel 1993 a dodici anni anni c’è Mardy Fish insieme al fraterno amico e rivale Andy Roddick, anche lui presente nel documentario. Vengono allenati fisicamente, tecnicamente e anche psicologicamente. Due volte a settimana, un mental coach gli insegna come mantenere la solidità mentale, e cioè “lavorare a testa bassa” e “niente piagnistei, proteste, o scappatoie”.

Inesperto ma talentuoso, il debutto da professionista arriva nel 2000. Fish ha una carriera ondivaga: nel 2003 è tra i primi 20 al mondo, ma nel 2005 è alla posizione 225. Con infortuni e posizionamenti negativi, inizia a disattendere le speranze di pubblico, commentatori e spettatori. Su di lui grava un’enorme delusione. “Prima il campo era il mio paradiso – racconta Fish nel documentario – ma poi ho iniziato ad avere tanti pensieri, e il cuore mi iniziava a battere più veloce. Ho iniziato a cercare su Google: disturbi d’ansia, attacchi di panico, malattia mentale”. A queste prime crisi da stress, Mardy grazie al suo team riesce a reagire. Si rimette in campo e in modo graduale (47° nel 2006, 37° nel 2007, 24° nel 2008), giunge ad essere 8° nel biennio 2010-11, battendo anche Nadal all’ATP Master di Cincinnati.

L’ansia e il panico, però, non sono scomparsi della sua vita e torneranno in quei famosi quarti di finale contro Federer. Mardy racconta di aver preso la sua decisione in macchina con la moglie, mentre si dirigevano allo stadio. “Poi sono crollato. Il tennis mi era stato portato via completamente”. Dopo settimane di clausura domestica, Mardy decide di vedere uno specialista che gli diagnostica un grave caso di disturbo d’ansia. Con una lunga psicoterapia, coadiuvata da farmaci e meditazione, lo aiuta ad fronteggiare i suoi problemi e, ancora più importante, a parlarne in pubblico, cosa che lo renderà un’icona dello sport mondiale. È stato, infatti, tra i primi a denunciare i danni che la pressione e lo stress possono causare in uno sportivo: “Mostrare debolezza e paura – dichiara – è una parte enorme dell’essere atleta”. Anche perché l’ansia non si sconfigge definitivamente. “È una lotta giornaliera, che però vinco ogni giorno”.

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Berrettini racconta il suo anno straordinario tra Covid e infortuni nel documentario realizzato da Red Bull (video)

Red Bull presenta “One Extraordinary Year” un documentario che parla delle storie personali di atleti d’elite, provenienti da diversi paesi, alle prese con la complessità di un anno molto difficile. Per lanciare il documentarioun contenuto speciale su Matteo Berrettini: una serie di video, alcuni girati dal tennista romano con il suo smartphone, che ci danno la possibilità di entrare dietro le quinte di questi mesi, partendo dalla quarantena a Melbourne prima degli Australian Open, passando per l’infortunio che lo ha costretto al forfait negli ottavi, fino ad arrivare al ritorno alla vittoria all’ATP 250 di Belgrado.

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Internazionali d’Italia, a Roma si misura la forza del tennis azzurro: Berrettini, Sinner e un tabù che dura da 40 anni

Il banco di prova più sentito e importante per riportare definitivamente in auge il nostro tennis: la 78esima edizione degli Internazionali d’Italia rappresenta uno spartiacque, la prima occasione per misurare fino a che punto sia arrivata la crescita di Matteo Berrettini, Jannik Sinner, del movimento azzurro in generale. Le prime risposte le avremo domenica 9 maggio, quando prende il via il Masters 1000 di Roma, massimo torneo tennistico italiano, che dagli ottavi di finale tornerà anche ad avere il pubblico (al 25% della capienza). Dopo tanti anni di grandi delusioni e speranze disattese, al Foro Italico la voglia di vedere un italiano ad alti livelli si incontro con la crescita di questa nuova e talentuosa generazione azzurra.

I successi italiani prima del tabù – A Roma gli Internazionali sono sempre stati d’Italia ma poche volte degli italiani. Almeno negli ultimi 43 anni. In questo lasso di tempo solo Filippo Volandri è riuscito a raggiungere la semifinale. Era il 2007 e il tennista livornese – da wild card – venne sconfitto dal cileno Fernando Gonzalez 6-1 6-2 dopo aver battuto il numero uno del mondo Roger Federer al terzo turno. Un exploit memorabile quanto isolato, dato che da allora l’Italia ha collezionato appena tre quarti di finale: Andreas Seppi nel 2012 (sconfitto da Federer 6-1 6-2), Fabio Fognini nel 2018 (battuto da Rafael Nadal 4-6 6-1 6-2) e Matteo Berrettini nel 2020 (estromesso dal norvegese Casper Ruud 4-6 6-3 7-6). Per ritrovare un azzurro in semifinale a Roma bisogna tornare indietro fino agli anni Settanta, quando il tennis italiano primeggiava ad altissimi livelli. Dal 1978 al 1973 il trio formato da Tonino Zugarelli, Adriano Panatta e Paolo Bertolucci mise insieme ben tre finali e una semifinale. Dei quattro che trionfarono in Coppa Davis nel 1976, solo Barazzutti non ha mai trovato grandi soddisfazioni al Foro Italico, spingendosi per due volte fino ai quarti di finale nelle edizioni 1976 e 1980. Prima di loro gli Internazionali d’Italia erano stati spesso terreno di conquista di giocatori nostrani. Ci sono stati i titoli pionieristici di Emanuele Sertorio e Giovanni Palmieri (1933 e 1934) e i successi di Fausto Gardini (1955) e Nicola Pietrangeli (1957 e 1961). A questi si devono aggiungere le finali di Giuseppe Merlo (1955 e 1957), Gianni Cucelli (1951), Giorgio De Stefani (1934), Uberto De Morpurgo (1930) e ancora di Giovanni Palmieri (1935) e Nicola Pietrangeli (1958 e 1966). Una lunga serie di nomi e di successi che servono a capire quanto gli italiani abbiano avuto un posto importante nella storia degli Internazionali d’Italia. Non c’è stato sempre un tabù Roma per gli azzurri.

Roma 2021 come prima chance per la svolta – Perché questa edizione dovrebbe essere diversa rispetto a come siamo stati abituati negli ultimi 40 anni? Perché è lecito e giusto aspettarsi un exploit dagli azzurri quest’anno? Mai il nostro tennis maschile si era presentato al Foro Italico con così tanti interpreti e con così tante possibilità di fare bene. Per la prima volta dopo tanto tempo gli azzurri sono attesi come veri protagonisti della rassegna, insieme ai soliti Rafael Nadal e Novak Djokovic (non ci sarà invece Roger Federer). Un’abbondanza non solo nelle quantità ma anche nelle qualità, che è il prodotto di almeno due anni di progressione costante dell’intero movimento. Nel 2019 la vittoria nel 1000 di Montecarlo di Fabio Fognini ha anticipato la semifinale agli Us Open di Matteo Berrettini, il suo ingresso in top 10 e la sua qualificazione alle Atp Finals di Londra. Nel 2020 invece c’è stata la crescita di Jannik Sinner, con primi quarti di finale Slam (al Roland Garros) e il primo successo Atp a Sofia. Senza dimenticare la vittoria di Lorenzo Sonego ad Antalya nel 2019, le prestazioni Slam di Salvatore Caruso e i primi lampi di classe di Lorenzo Musetti a Roma nel settembre scorso. Un’onda azzurra che ha preso ad accelerare proprio in questi primi mesi di 2021.

La stagione fin qui – Negli Australian Open Fognini e Berrettini si sono fermati agli ottavi (rispettivamente estromessi da Nadal e da un infortunio), mentre negli altri tornei gli azzurri sono stati spesso grandi protagonisti. Tre tornei vinti e due finali. Nel 250 di Melbourne il secondo titolo Atp di Sinner nella finale tutta azzurra contro Stefano Travaglia, a Cagliari il successo – il primo dopo 14 anni di un italiano in un appuntamento casalingo – di Sonego contro Laslo Djere, poi il trionfo di Berrettini a Belgrado contro Aslan Karatsev. A questi vanno aggiunti i quarti di finale nel 1000 di Montecarlo di Fabio Fognini, la semifinale giocata nel 500 di Acapulco dal 19enne Lorenzo Musetti e la finale nell’Atp Cup a squadre persa contro la Russia. Ma sopra tutti questi risultati c’è un exploit che si è concluso con una sconfitta nell’ultimo atto. Quello ancora di Sinner nel Masters 1000 di Miami. La prima finale in un torneo di questa categoria per il 20enne altoatesino ha avuto un sapore inusuale. Mai un azzurro si era spinto così avanti in un 1000 giocato sul cemento. Mai lo aveva fatto così presto. Mai un tennista italiano aveva messo d’accordo così tanti addetti ai lavori circa le sue doti.

La “squadra” azzurra – Sinner, Berrettini, Fognini, Sonego e Musetti (rispettivamente in classifica alla posizione 17, 10, 28, 33 e 82) ma non solo. Dietro a loro il tennis italiano può sfoggiare molto altro. Il già citato Marco Travaglia, Salvatore Caruso e Gianluca Mager hanno ottenuto una wild-card per accedere al tabellone principale del torneo. Marco Cecchinato ha beneficiato del forfait di Sebastian Korda e ha ceduto la sua wild-card per le qualificazioni a Gian Marco Moroni. Tra questi quelli più i forma sono Travaglia e Mager. I due hanno raggiunto rispettivamente una finale Atp e una vittoria Challenger in questi primi cinque mesi di stagione. Non sarà invece del torneo Andreas Seppi. Il 37enne azzurro è attualmente out a causa di persistenti problemi all’anca.

Questi Internazionali d’Italia sono un momento importante anche per un altro motivo: le prossime Atp Finals di Torino. In quanto Masters 1000 il torneo romano mette in palio punti pesanti per la conquista di un posto tra i migliori otto dell’anno. La prospettiva di giocare in casa le Finals può dare ulteriori stimoli. Per l’ultimo torneo del 2021 bisogna guardare la Race (la classifica che tiene conto dei punti conquistati nell’anno solare): Sinner a Berrettini sono in ballo, Fognini poco più indietro. Roma potrebbe aprire un cerchio che si chiuderebbe a fine anno a Torino.

Twitter: @giacomocorsetti

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Roland Garros, Rafael Nadal asfalta Djokovic e conquista il 20esimo Slam della sua carriera: raggiunto Federer

Rafael Nadal compie un’altra impresa e raggiunge Roger Federer in testa alla classifica dei tennisti che hanno vinto più Slam in carriera. Ancora una volta Rafael Nadal. Lo spagnolo vince per la tredicesima volta il Roland Garros al termine di una finale dominata contro il n. 1 del mondo Novak Djokovic. Una partita mai davvero in discussione e terminata con il punteggio di 6-0 6-2 7-5. Per Nadal (86 titoli complessivi) è la terza vittoria su tre finali a Parigi contro il serbo, dopo quelle del 2012 e 2014 (il bilancio negli scontri diretti è di 29-27 per Nole). Questo trionfo ha però entra nella storia del tennis. Nadal centra un obiettivo che solo pochi anni fa sembrava quasi impossibile: il record di 20 Slam finora in mano a Roger Federer.

Oltre ai 13 titoli in Francia, Nadal può contare su 2 Wimbledon, 1 Australian Open e 4 Us Open. Il record condiviso di Slam tra Nadal e Federer rappresenta simbolicamente il punto massimo di uno dei dualismi più grandi che lo sport abbia mai conosciuto. Più grande anche di quello che ha unito McEnroe e Borg. Nessuna rivalità ha mai dato così tanto al mondo del tennis. Nessuna rivalità ha affascinato di più l’immaginario collettivo. Uniti da una forte contrapposizione tennistica ma anche da un profondo rispetto reciproco, nessuno come Federer e Nadal ha saputo attrarre così tanti nuovi appassionati verso il tennis.

Per raggiungere lo svizzero, Nadal non ci ha messo molto. Due ore e quarantuno minuti. A testimonianza di una superiorità totale ma anche delle difficoltà fisiche patite da Djokovic. Carenze figlie della dispendiosa semifinale vinta al quinto set contro il greco Stefanos Tsisipas. Un monologo spagnolo in cui trova spazio anche il secondo 6-0 in una finale giocata tra i due (il precedente era accaduto a Roma nel 2019). Il primo in una finale Slam da Wimbledon 2006, quando a farlo fu Federer e a subirlo fu proprio Nadal. I

Tutti si aspettano la reazione del serbo e l’inizio della solita battaglia punto su punto. Invece Djokovic appare in costante difficoltà, mentre Nadal è perfetto su ogni colpo e in ogni situazione di gioco. Altri due break e anche il secondo set è in ghiaccio. Nole non ne ha per provare a dare una scossa al match. Il controbreak nel terzo parziale serve soltanto ad allungare di poco la finale. L’ace con cui Nadal chiude la sfida è il giusto epilogo di un torneo sontuoso, nel quale non ha concesso nemmeno un set. Come nel 2008, 2010 e 2017.

Per il serbo fallisce l’occasione di riabilitare parzialmente la sua immagine, dopo il “caso Adria Tour” e la squalifica che lo ha escluso dallo Us Open. Un 2020 a due facce quindi. Sportivamente parlando infatti la sua leadership non è in dubbio. La finale di Parigi è stata la prima sconfitta sul campo e la posizione al vertice della classifica è ben salda (Nadal è lontano più di 1000 punti). Oltre a questi dati c’è la vittoria in Australia a gennaio. E proprio dal continente australe ripartirà la caccia del serbo al duo che adesso comanda la classifica degli Slam. I successi di distanza sono ancora tre. Il trionfo di Thiem a New York è stata un’eccezione. Il tennis continua ad essere comandato dai soliti tre. Alle nuove generazioni è consentito, per ora, solo di avvicinarsi. Quando arriverà il cambio al vertice? Anche nel 2020 la risposta a questa domanda è sempre la stessa: il prossimo anno, forse.

Twitter: @giacomocorsetti

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Roland Garros, Matteo Berrettini interrotto più volte in conferenza stampa dallo speaker la prende con ironia: “Mortacci vostra”

Matteo Berrettini ha sconfitto al secondo turno del Roland Garros il sudafricano Lloyd Harris per 6-4, 4-6, 6-2, 6-3. Il numero 8 al mondo accede così alla terza fase del Grande Slam insieme ad altri quattro italiani (record per il nostro Paese nel torneo francese): Jannik Sinner, Lorenzo Sonego, Marco Cecchinato e Stefano Travaglia. Nel corso della conferenza stampa, coi giornalisti collegati da remoto, Berrettini è stato più volte interrotto dagli speaker. Ma l’ha presa con ironia: “Mortacci vostra“, ha scherzato in romanesco.

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