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Usa, in due diverse sparatorie sei morti e 25 feriti in Tennessee e Pennsylvania

Negli Stati Uniti non si fermano gli episodi violenti e le sparatorie. Sono oggi i morti sono stati sei, mentre almeno 25 sono rimaste ferite. Tre le persone uccise e 14 colpite non mortalmente vicino ad un nightclub a Chattanooga, in Tennessee. Due persone sono morte in seguito alle ferite d’arma da fuoco, una dopo essere stata travolta da un’auto mentre tentava di fuggire. Tra le persone colpite anche un minore. Da una prima ricostruzione ci sarebbero stati più tiratori. La polizia ritiene che si tratti di un episodio isolato e ha lanciato un appello a chiunque possa fornire informazioni. Ignoto per ora il movente della sparatoria.

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Tre decessi e almeno 11 feriti invece in una sparatoria a South Street, la zona della movida di Filadelfia in Pennsylvania (FOTO). In questo caso un agente ha sparato al presunto assalitore, ma non è chiaro se questi sia rimasto colpito, ha spiegato l’ispettore Pace in una conferenza stampa. Nessun arresto è stato fino a ora effettuato. La polizia ha recuperato due armi.

Ieri una donna morta e altre 8 persone sono state colpite in una serie di sparatorie avvenute in un’area commerciale di Phoenix, in Arizona. Secondo la ricostruzione fornita dalla polizia, circa 100 persone si erano raccolte per una festa quando è scoppiata una lite fra diversi gruppi. È stato di un morto e cinque feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta venerdì a Chester nei pressi di Richmond in Virginia. Gli agenti giunti sul posto hanno trovato un uomo gravemente ferito da colpi di arma da fuoco e poi deceduto sul posto mentre altre cinque persone sono state portate in ospedale.

Due giorni fa il presidente Joe Biden ha chiesto al Congresso di vietare l’acquisito delle armi d’assalto: “Dobbiamo vietare le armi d’assalto. Quante altre carneficine siamo disposti ad accettare?” ha detto l’inquilino della Casa Bianca di fronte al ripetersi infinito di tragedie legate alla facilità con cui negli Usa si acquistano pistole e fucili. Rivolgendosi direttamente agli americani in un discorso in prime-time, il presidente chiede al Congresso di agire perché in America non è più tollerabile che le scuole e gli ospedali siano “campi di sterminio”.

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Covid, in un mese 40% di contagi in più negli Usa. Licenziati 103 marines no vax. A New York raddoppiata la percentuale di positivi

Gli Usa fronteggiano una nuova nuova ondata di contagi provocati da covid: i nuovi casi del coronavirus Sars Cov 2 hanno registrato un incremento del 40% nell’ultimo mese con quasi 120.000 nuove infezioni al giorno e una media di 1.330 morti al giorno. A risentirne sono gli ospedali che registrano una impennata di ricoveri e in alcuni casi hanno i reparti vicino al limite di capacità. Difficilissima la situazione in moltissime terapie intensive che – secondo gli ultimi dati del ministero della Sanità Usa – hanno il 78% dei letti pieni. Solo a Baltimora nel Maryland (poco meno del 70% della popolazione vaccinata) le ospedalizzazioni sono salite addirittura del 72% in sole due settimane.

E “Omicron diventerà senza dubbio presto la variante dominante in Usa”, ha detto oggi l’immunologo Anthony Fauci. Il consigliere della Casa Bianca ha spiegato: “La variante Omicron ha quella che definiamo la capacità di raddoppio in tre giorni”. Ossia i contagi raddoppiano ogni tre giorni. Da oggi inoltre stanno scattando una dopo l’altra le cancellazioni di lezioni in presenza in varie scuole e college del Paese. Alcune università stanno mantenendo gli esami di fine anno in persona – sempre con prova di vaccinazione da parte degli studenti – ma stanno eliminando tutte le attività non strettamente accademiche. È il caso di Princeton e della New York University. In allerta la Cornell University dove sono stati scoperti 903 casi di cui una “alta percentuale” sono causati da Omicron.

Proprio a New York la percentuale di persone positive al Covid è raddoppiata in tre giorni fra il 9 e il 12 dicembre: un balzo che – secondo uno dei consiglieri del sindaco uscente Bill de Blasio – indica il diffondersi della variante Omicron. “Non abbiamo mai visto prima questo a New York”, ha twittato Jay Darma, professore alla Cornell e consigliere per la salute pubblica. Negli ultimi sette giorni la città ha registrato una media di 2.899 di casi positivi al giorno.

Intanto gli Usa procedono con i licenziamenti degli appartenenti alle forze armate che rifiutano il vaccino diventato obbligatorio. Il corpo dei marines ha cacciato 103. La notizia, riportata dalla Cnn, arriva nello stesso giorno in cui l’esercito ha annunciato di aver rimosso per lo stesso motivo sei ufficiali, compresi due comandanti, e che quasi 4.000 soldati si sono opposti all’immunizzazione. La percentuale di vaccinati nelle forze armate Usa è comunque alta: circa 98% nell’esercito e nella marina, 97,5% per l’aviazione e 95% per i Marines. Due giorni fa l’Air Force aveva congedato 27 piloti agli inizi di carriera e quindi giovani: nessuno di loro ha cercato un’esenzione religiosa o sanitaria. L’Air Force aveva concesso al suo personale fino al 2 novembre per la vaccinazione e in migliaia di sono rifiutati o hanno cercato di ottenere qualche tipo di esenzione. Gli Stati Uniti hanno superato le 800mila vittime.

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Usa, maxi risarcimento da 626 milioni alla popolazione di Flint per l’acqua contaminata: “Rischi ripetutamente ignorati”

Il giudice federale Judith Levy ha approvato un accordo da 626 milioni di dollari per le migliaia di vittime di intossicazione per via di acqua contaminata con piombo a Flint, nello Stato americano del Michigan. Una sentenza di 178 pagine su una delle peggiori crisi sanitarie pubbliche nella storia degli Stati Uniti per cui è incriminato di Rick Snyder, il politico repubblicano governatore dello stato dal 2011 al 2019. È stato lui a nominare i manager che hanno deciso la mossa al risparmio che ha portato acqua inquinata nelle case degli abitanti di Flint. Gran parte degli indennizzi, 600 milioni, saranno pagati dallo Stato del Michigan, la città di Flint contribuirà per 20 milioni e 6,25 milioni arriveranno da due società, la Mclaren Healt e la Rowe Service. Tolti 200 milioni di dollari di spese legali, l‘80% di quello che rimane è destinato ai bambini.

Infatti lo Stato è accusato di aver ripetutamente ignorato i rischi di usare tra il 2014 e il 2015 il fiume Flint come bacino idrico senza trattare adeguatamente le sue acque, mentre si stava costruendo un nuovo impianto vicino al lago Huron, a 246 chilometri di distanza. L’allarme è stato lanciato nel 2015, quando il dottore Mona Hanna-Attisha ha pubblicamente riportato elevati livelli di piombo nei bambini, così partì una prima campagna di sensibilizzazione sul tema alla quale parteciparono molti personaggi del mondo dello spettacolo nati nel Michigan, da Aretha Franklin a Eminem. “L’accordo raggiunto qui oggi è un notevole risultato per molte ragioni, non ultimo il fatto che essa stabilisce un programma di compensazione globale”, ha dichiarato il giudice Levy, che ancora non ha stabilito la tempistica per la divisione del risarcimento. Si aprirà presto un processo in cui le famiglie che hanno firmato per gli indennizzi, più della metà dei 95mila abitanti della città, dovranno presentare le prove dell’avvelenamento con esami del sangue o risultati neurologici.

Entusiasta anche Ted Leopold, uno dei principali avvocati nel contenzioso, che ha dichiarato: “Questo è un giorno storico e importante per gli abitanti di Flint, che finalmente inizierà a vedere la giustizia servita”. Infatti in America si è parlato del disastro idrico come di “razzismo ambientale”, dato che la popolazione nella città è prevalentemente di colore. Melissa Mays è un’assistente sociale di 43 anni, vive a Flint e i suoi tre figli hanno avuto problemi di salute e difficoltà di apprendimento proprio a causa del livello di piombo ne loro corpo. “Molte delle cure per i miei figli non sono coperte dall’assicurazione – ha detto -, molte cure sono supplementari e costano. Ma abbiamo fatto la storia”. Mays ha detto che spera che almeno questa sentenza stabilisca un precedente per i casi di avvelenamento. Ma la saga di Flint non è ancora finita. Nove persone, tra cui l’ex governatore Snyder, andranno presto a processo per crimini per i quali si sono dichiarati innocenti.

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Gabby Petito, i resti umani ritrovati appartengono al fidanzato Brian Laundrie: svolta nel giallo dell’omicidio della youtuber 22enne

Svolta nel giallo sulla morte della 22enne newyorchese Gabby Petito. I resti umani rinvenuti in Florida, in un parco naturale nella regione di Tampa, sono quelli del fidanzato Brian Laundrie, il 23enne fidanzato di Gabby sospettato di essere l’assassino della ragazza, trovata il mese scorso strangolata all’interno della Teton National Forest in Wyoming. L’identificazione dei resti è stata comunicata dall’Fbi. I due fidanzati erano in vacanza e stavano compiendo un viaggio on the road attraversando vari stati Usa. La scoperta di resti umani è stata fatta durante le ricerche di Laundrie in una zona della Carlton Reserve di North Port che fino a poco tempo fa era sommersa dall’acqua, un’area paludosa abitata da diverse specie di serpenti e alligatori. Da qui la difficoltà incontrata dai medici legali per identificare la vittima. Fondamentale per il riconoscimento anche il contributo della famiglia del ragazzo, che ha partecipato attivamente alle ricerche.

I resti giacevano vicino al luogo in cui erano stati trovati alcuni oggetti appartenenti a Laundrie, tra cui uno zainetto, un block notes e alcuni vestiti. Nelle vicinanze anche lo scheletro di un cane. “Le probabilità che si tratti dei resti di Brian sono altissime”, aveva ammesso l’avvocato della famiglia Laundrie , Steven Bertolino. Finisce così la vera e propria caccia all’uomo iniziata dopo il ritrovamento di Gabby Petito. Resta da capire se il ragazzo si sia suicidato o se le cause della morte siano altre. La verità potrebbe essere contenuta nel suo block notes che, secondo quanto riportano i media, è fortemente deteriorato ma che potrebbe essere in parte recuperato.

Gli investigatori fin dall’inizio hanno legato la morte di Petito ai rapporti divenuti molto tesi tra i due fidanzati, come emerge anche da alcuni video girati durante il viaggio, anche quello degli agenti che li avevano fermati. Una volta scomparsa Gabby, Brian era tornato dalla famiglia in Florida, rifiutandosi però di parlare con gli investigatori e decidendo poi di darsi alla macchia. Di lui si erano perse le tracce dal 13 settembre. L’unica incriminazione che al momento gravava su di lui è quella di aver usato due carte di credito di Gabby dopo la morte della ragazza.

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Sottomarino nucleare della marina americana ha un incidente nel Mar Cinese Meridionale: lo scontro con un “oggetto non identificato”

Un sottomarino nucleare della Marina militare americana ha fatto un incidente mentre era in fase di immersione nelle acque del Mar Cinese Meridionale. La collisione del Uss Connecticut sarebbe avvenuta sabato scorso, contro “un oggetto non identificato” e l’imbarcazione è rimasta danneggiata. Come riporta il Washington post i marinai rimasti lievemente feriti sono 15 e il sottomarino, secondo fonti ufficiali, è comunque rimasto operativo. Sono ancora in corso accertamenti su quanto accaduto e verifiche sull’imbarcazione per valutare “l’entità dei danni”.

Un portavoce della Marina americana ha reso noto che il sottomarino è adesso in navigazione verso il territorio americano di Guam, nel Pacifico, e ha assicurato: “L’impianto di propulsione nucleare dell’USS Connecticut e le strutture non sono stati coinvolti e restano pienamente operativi”.

Le autorità hanno precisato l’USS Connecticut non ha colpito un altro sommergibile, mentre un ufficiale ha ipotizzato possa trattarsi di una nave affondata, un container o altro oggetto non registrato.

Foto d’archivio

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Facebook, la whistleblower Frances Haugen testimonia davanti al Senato Usa: “Instagram è pericoloso per la salute mentale dei teenager”

“Sono qui perché credo che i prodotti di Facebook mettano in pericolo i bambini, indeboliscano la nostra democrazia e producano divisioni“. Lo ha detto – testimoniando di fronte alla subcommissione per la tutela dei consumatori del Senato Usa – Frances Haugen, la whistleblower della compagnia che ha consegnato alle autorità di controllo documenti e rapporti riservati poi pubblicati dal Wall Street Journal nella serie Facebook files. Tra cui anche quello che svelava il funzionamento di XCheck, il software che permette ai sei milioni di utenti in “white list” di postare contenuti proibiti ai comuni mortali. Haugen, 37enne product manager con una carriera passata in Google e Pinterest, ha lanciato l’allarme a proposito degli effetti di Instagram sulla salute mentale degli adolescenti (che hanno portato allo stop del progetto “Instagram kids”) e della diffusione di fake news, chiedendo ai parlamentari Usa di intervenire.

Si tratta della prima apparizione pubblica della “talpa” di Menlo Park dopo aver rivelato – domenica scorsa – la propria identità. Haugen ha dichiarato di aver fatto questa scelta perché considera Facebook “pericoloso” nella sua forma attuale. Nemmeno le autorità di controllo, ha spiegato, possiedono le informazioni necessarie a tenere sotto controllo la piattaforma e prevenire i suoi potenziali danni. “I vertici della compagnia sanno come rendere Facebook e Instagram più sicuri, ma non apporteranno i cambiamenti necessari perché hanno messo i profitti astronomici davanti alle persone. Nessuna autorità può affrontare il problema, perché Facebook non vuole che sappiano abbastanza sulle sue cause: altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di un whistleblower”, ha spiegato. “È necessaria un’azione del Congresso, non risolveranno questa crisi senza il vostro aiuto. Non c’è nessuno al momento che possa chiedere conto della responsabilità a Mark Zuckerberg, tranne lui stesso”.

Le ricerche interne della compagnia di Mark Zuckerberg – ha detto Haugen durante l’audizione – mostrano che la dipendenza da Instagram “danneggia materialmente” la salute e il rendimento scolastico di oltre il 6% dei teenager, causando disturbi come depressione, ansia e anoressia e alimentando il bullismo: “Su Instagram non c’è via di fuga, i bulli seguono i bambini nelle loro case, nelle loro stanze”. Haugen ha inoltre spiegato come, all’interno di Facebook, il team responsabile della crescita spesso lavori con obiettivi opposti rispetto a quello che si occupa della sicurezza. E come molte iniziative messe in campo dal secondo siano state “disfatte da nuovi progetti per la crescita che hanno reso inefficaci i rimedi” studiati dal primo. Nello stesso tempo, il portavoce di Facebook Andy Stone replicava su Twitter che “Frances Haugen non ha lavorato sulla sicurezza dei bambini o su Instagram o ricerche su questi temi e non ne ha alcuna conoscenza diretta“.

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Cerca di allontanare il cane di 54 chili dalle sue figlie ma viene attaccata: mamma muore sbranata

Aveva accettato di badare al cane di un suo caro amico e, siccome conosceva la pericolosità dell’animale, l’aveva chiuso in una stanza, proprio per tenerlo lontano dalle figlie piccole. Non si sa come, però, il cane – un incrocio tra un pitbull e un bulldog, dal peso di 54 chili – è riuscito a liberarsi. Così, quando se lo è visto arrivare, ha tentato di allontanarlo dalle bambine facendogli scudo con il suo corpo ma lui l’ha attaccata e sbranata. Così è morta Amber LaBelle, 42 anni, du Myrtle Point, in Oregon, Stati Uniti: la tragedia è avvenuta proprio sotto gli occhi delle figlie, che hanno subito dato l’allarme chiamando i vicini.

Questi si erano già allarmati sentendo le grida della donna e non hanno esitato a chiamare i soccorsi. “C’era un altro vicino che tratteneva un cane, un cane piuttosto grande, e io sono passata davanti al cane e sono corsa subito da Amber. In quel momento non era cosciente“, ha spiegato la dirimpettaia a un giornale locale. Amber LaBelle è stata trasportata d’urgenza in ospedale ma le sue condizioni sono apparse subito gravissime: è morta poche ore dopo il ricovero.

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Afghanistan, se si vuole affermare la democrazia è necessario debellare la povertà

di Giovanni Casciaro

La caduta di Kabul, con la fuga degli Stati Uniti e dei loro alleati dall’Afghanistan, è un evento su cui riflettere. L’intervento bellico, “Operation Enduring Freedom”, durato 20 anni, ha provocato altissimi costi umani ed economici. Vi sono stati 241mila morti. La popolazione civile ha pagato il prezzo più alto con oltre 70mila morti; vittime anche fra gli operatori umanitari e i giornalisti; ingenti perdite fra i militari e i poliziotti afghani, i talebani e gli altri oppositori; perdite consistenti fra i militari e i contractor Usa, fra i militari alleati, anche italiani. Vi sono stati molti feriti e traumatizzati, milioni di profughi e sfollati. Un vero disastro umanitario!

Smisurati anche i costi economici. Gli Usa hanno speso oltre 2.300 miliardi di dollari; Italia, Gran Bretagna, Canada, Germania e Francia hanno contribuito con decine di miliardi. Molte di queste risorse sono state assorbite dall’apparato militare, una parte destinate a privilegi e corruzione, pochissime utilizzate per far fronte alla povertà diffusa e oppressiva. Costi elevatissimi per i contribuenti, ma lauti profitti per il settore bellico, vero vincitore di questa come di altre guerre.

È incredibile l’affermazione del presidente Usa Joe Biden: la guerra è stata fatta per “vendicare” l’abbattimento delle Torri gemelle, che fu opera di terroristi di Al Qaeda in massima parte sauditi. E il nome dell’operazione: “Libertà Duratura”? In Afghanistan vi è stata così una ulteriore conferma del fallimento della strategia delle guerre “umanitarie” per “esportare la democrazia”. Si è verificato quanto previsto da Gino Strada, che con Emergency ha dedicato la propria vita a offrire cure alle vittime della guerra. Non solo non è stata “esportata la democrazia”, ma vi è stato un attacco alla libertà d’informazione negli stessi paesi occidentali. Julian Assange, fondatore di Wikileaks, e Chelsea Manning, analista dell’intelligence Usa, sono vittime di una pesante persecuzione per aver osato svelare una verità occultata: quanto sono disumane le “guerre umanitarie”.

Mentre in Italia fu calpestata la democrazia sostanziale quando, malgrado le grandi manifestazioni e una volontà diffusa dei cittadini contro la guerra, il governo decise l’intervento militare. Purtroppo su quelle decisioni si verificò il sostegno di quasi tutti i partiti italiani, e oggi non vi è alcuna profonda riflessione critica su quelle scelte, tutte subalterne agli Stati Uniti. Ai politici occorrerebbe ricordare che se si vuole “diffondere la democrazia”, non si dovrebbero considerare “amici” i governanti autoritari, a volte sostenitori dei gruppi terroristici, solo per mero calcolo economico e geopolitico; non si dovrebbero armare e finanziare gruppi estremisti, come è successo in passato per i talebani da parte degli Usa. Basta con il “realismo” politico o, meglio, con il cinismo dagli evidenti esiti nefasti.

Inoltre, è noto che le popolazioni in povertà possono essere facile preda dell’estremismo politico, religioso e dei signori della droga, e sono in una condizione che ostacola l’esercizio dei diritti politici. Se si vuole affermare la Democrazia è necessario debellare la povertà. Le ingenti risorse impiegate nelle guerre si dovrebbero utilizzare per affermare il diritto al lavoro, all’educazione, alla salute e all’informazione libera. Come si dovrebbe realizzare una equa distribuzione delle risorse, invece dell’attuale ingiusta accumulazione da parte di ristrette minoranze, locali o straniere.

Infine, data l’evidente corresponsabilità e per senso di umanità, è doverosa la nostra solidarietà a favore del popolo afghano e, in particolare, verso le donne afghane. Per evitare poi una continua tragica ripetizione della storia, bisogna richiedere una politica estera, italiana ed europea, non subalterna alle logiche di guerra, che permetta di realizzare la soluzione dei conflitti e delle crisi in modo pacifico, attraverso le istituzioni internazionali e secondo quanto previsto dalla Costituzione italiana.

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Omicidio George Floyd, l’ex agente Derek Chauvin condannato a 22 anni e mezzo di carcere: “Abuso e particolare crudeltà”

Derek Chauvin, il 45enne ex agente di polizia che il 25 maggio 2020 uccise George Floyd a Minneapolis inginocchiandosi sul suo collo per 9 minuti consecutivi, è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere. Era stato giudicato colpevole di omicidio di secondo grado lo scorso aprile e da allora si trovava in isolamento in carcere. I rappresentanti dell’accusa e i familiari del 47enne afroamericano ucciso, intervenuti in aula, avevano chiesto 30 anni, il massimo della pena. Pronunciando la sentenza, il giudice della Contea di Hennepin Peter Cahill ha spiegato che alla decisione è allegato un memorandum di 22 pagine con le motivazioni. Chauvin, presente in aula dopo due mesi trascorsi in carcere, è rimasto imperterrito. Giacca e cravatta grigio chiaro, ha tenuto il volto coperto dalla mascherina per quasi tutta l’udienza.

“Non sono a conoscenza di tutte le circostanze che sono state considerate, ma la sentenza sembra appropriata“, è il commento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. La decisione “potrebbe essere un punto di svolta per l’America”, ha dichiarato Ben Crump, il legale della famiglia Floyd. “Ma non dev’essere un’eccezione, dev’essere la norma. Continuiamo a batterci per il massimo della pena” negli altri procedimenti legali contro l’ex agente. “La sentenza emessa oggi contro l’agente di polizia di Minneapolis che ha ucciso mio fratello George Floyd mostra che la questione della brutalità della polizia viene finalmente presa sul serio“, dice invece Bridgett Floyd, sorella di George e fondatrice della George Floyd Memorial Foundation.

La pena irrogata è di 10 anni superiore a quella suggerita dalle linee guida per casi simili, una scelta – ha spiegato Cahill rivolgendosi all’ex agente – “dovuta al suo abuso di una posizione di fiducia e autorità, e anche alla particolare crudeltà” mostrata nei confronti di Floyd. Il verdetto ha deluso una larga parte dell’opinione pubblica americana, che lo considera troppo blando. “La mia scelta non è basata sulle emozioni ma sui fatti, e non vuole inviare alcun messaggio“, ha precisato il giudice, pur riconoscendo il turbamento che l’omicidio aveva causato nella comunità. “È stato un episodio doloroso per tutta la Contea di Hennepin, per lo Stato del Minnesota e per l’intero Paese“, ha detto. I lamenti di Floyd (“I can’t breathe“, “non respiro”) mentre moriva soffocato dal peso di Chauvin, diffusi in tutto il mondo grazie al video girato della 17enne Darnella Frazier, avevano dato il via alla maggiore protesta di massa contro la violenza razziale vista negli ultimi decenni, con milioni di persone in marcia per le strade degli Usa. Il gesto del ginocchio puntato a terra, da allora, è diventato un simbolo antirazzista adottato dal movimento Black Lives Matter.

In chiusura del dibattimento, i familiari di George hanno ricordato il dolore vissuto per la sua morte e chiesto il massimo della pena e l’assicurazione che Chauvin sconti tutta la condanna in carcere. “Non ci interessano altre ramanzine, le abbiamo già viste”, ha dichiarato in lacrime Terrence, uno dei fratelli di George. La figlia di 7 anni, Gianna, ha parlato in un video proiettato in aula, dicendo che, se potesse dire ancora dire qualcosa al papà, sarebbe “Ti voglio bene e mi manchi“. “Riconosco e sento mia la vostra sofferenza”, ha commentato il giudice. Chauvin, da parte sua, ha scelto di rompere il silenzio per pochi secondi facendo loro pubbliche condoglianze in aula, con l’augurio di trovare una qualche forma di serenità. Prima di lui si era rivolta al giudice e al pubblico sua madre, Carolyn Pawlenty: “Lo hanno descritto come aggressivo, incurante e razzista, ma voglio dirvi che non è così. È una brava persona”, ha detto, rivolgendosi poi fra le lacrime direttamente al figlio: “Derek, ho sempre creduto alla tua innocenza. Sei il mio figlio preferito“.

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California, giudice annulla il divieto delle armi d’assalto: “Un coltellino svizzero è come il fucile semiautomatico Ar-15”

“Come il coltellino dell’esercito svizzero, il popolare fucile semiautomatico Ar-15 può servire altrettanto bene a difendere il proprio domicilio e la propria patria”. Il passaggio è contenuto nelle 90 pagine di motivazione della sentenza del giudice federale Roger T. Benitez, che ha così annullato il divieto, in vigore da 32 anni (dal 1989) in California, di possedere fucili d’assalto. Per il giudice il bando è stato “un esperimento fallito”. La decisione ha scosso profondamente lo Stato, che entro 30 giorni farà ricorso contro il verdetto, e sconvolto il governatore democratico Gavin Newsom alla luce della crescita del fenomeno delle sparatorie e dei massacri. Per Newsom l’annullamento del divieto costituisce infatti una “minaccia diretta alla pubblica sicurezza”. Benitez, in ossequio al secondo emendamento della Costituzione americana sulla libertà di portare armi, ha scritto che “le armi e le munizioni nelle mani dei criminali, dei tiranni e dei terroristi sono pericolose. È preferibile lasciarle nelle mani dei cittadini responsabili e rispettosi della legge”.

La sentenza della California accende ancora una volta i riflettori sulla circolazione delle armi negli Usa, che solo nel 2019 – scrive Bbc – hanno causato 14.400 omicidi. I Cdc, massima autorità per il controllo della salute pubblica, sempre nel 2019 hanno registrato 38.300 morti complessivi provocati da armi da fuoco, di cui più di 23.900 suicidi. Gli Stati Uniti detengono inoltre il triste primato del primo Paese al mondo per il possesso di armi, circa 120,5 ogni 100 residenti. Al secondo posto solo lo Yemen con 52,8 ogni cento abitanti, come registra sui dati del 2018 il Small Arms Survey.

Numeri impressionanti che, alla luce delle sparatorie avvenute negli ultimi mesi, hanno spinto Joe Biden a chiedere al Senato di approvare due leggi che introducono norme più restrittive sulla circolazione delle armi, definite dal presidente “un’epidemia, fonte d’imbarazzo internazionale per il nostro Paese”. Difficilmente i due provvedimenti saranno approvati, in un Senato diviso a metà e dove la lobby delle armi Nra finanzia da decenni molti influenti esponenti del partito repubblicano.

Fin dagli inizi della pandemia la vendita di armi era schizzata alle stelle in molti Stati, con milioni di americani convinti che l’emergenza sanitaria potesse portare alla disintegrazione dell’ordine pubblico con furti, saccheggi e omicidi. Una sensibile impennata delle vendite si è verificata anche nelle settimane che hanno preceduto le elezioni presidenziali di novembre, dove la vittoria di Biden è successivamente culminata con l’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Trump.

La tensione, intanto, cresce: dallo scorso anno i criminologi americani, ha scritto Cnn, hanno rilevato un aumento delle sparatorie (33% di omicidi in più nelle principali città), deflagrate con la crisi economica causata dalla pandemia e le proteste antirazziste esplose dopo il caso di George Floyd. Soltanto guardando al weekend del Mothers’ Day, la festa della mamma del 12 maggio, secondo i dati del Gun Violence Archive, nel giro di 72 ore si sono verificate 11 sparatorie che hanno provocato la morte di 117 persone e il ferimento di altre 303.

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