Bankitalia, Visco: “Rischio di un forte aumento delle famiglie che non riescono a mantenere uno standard di vita accettabile. Usare bene i fondi Ue: non sono gratis, debito europeo è di tutti”

Per recuperare una crescita accettabile e riprendersi dall’impatto del virus, mantenendo sotto controllo l’enorme rapporto debito/pil, l’Italia deve “trovare la forza di rompere le inerzie del passato”. E ha bisogno di un aumento della produttività del lavoro che richiede “una rottura rispetto all’esperienza storica più recente”. A partire dai “nodi strutturali che per troppo tempo non siamo stati capaci di allentare e che hanno assunto un peso crescente nel nuovo contesto tecnologico e di integrazione internazionale”. Questo il cuore delle tradizionali considerazioni finali del governatore di Bankitalia Ignazio Visco che quest’anno, causa Covid 19, sono state trasmesse in diretta streaming e su Rai2.

Quella causata dalla pandemia, ha ribadito il governatore mentre l’Istat confermava un crollo del pil di portata mai registrata nelle serie storiche, è “una crisi senza precedenti nella storia recente, che mette a dura prova l’organizzazione e la tenuta dell’economia e della società”. Il governo si è mosso “concentrandosi sulla capacità di risposta del settore sanitario e sugli aiuti ai lavoratori, alle famiglie, alle imprese”. Ma “limiti nella disponibilità di attività finanziarie liquide tra i nuclei familiari con i redditi più bassi possono amplificare le conseguenze dello shock, determinando un aumento significativo del numero di famiglie che non riescono a mantenere standard di vita accettabili“. Inoltre “la caduta dell’attività economica ha ridotto le nuove opportunità di impiego, ripercuotendosi in particolare sui giovani che per la prima volta si affacciano sul mercato del lavoro, su chi è abitualmente impegnato in attività stagionali, con contratti a tempo determinato o di apprendistato. Colpisce con maggiore intensità le attività tradizionalmente svolte dai lavoratori autonomi e il lavoro irregolare, ancora troppo diffuso nel nostro paese”.

Più che i numeri, appunto appena aggiornati dall’Istat, contano le valutazioni su come muoversi per superare la crisi. La prima avvertenza del governatore, in passato finito più volte nel mirino del Movimento 5 Stelle e poi anche di Matteo Renzi per la gestione della vigilanza sulle banche, è che “i ritardi rispetto alle economie più avanzate non possono essere colmati con un aumento della spesa pubblica se non se ne accresce l’efficacia e se non si interviene sulla struttura dell’economia”.

L’aspetto principale che “ci differenzia dalle altre economie avanzate” è “l’incidenza dell’economia sommersa e dell’evasione, che si traduce in una pressione fiscale effettiva troppo elevata per quanti rispettano pienamente le regole. Le ingiustizie e i profondi effetti distorsivi che ne derivano si riverberano sulla capacità di crescere e di innovare delle imprese; generano rendite a scapito dell’efficienza del sistema produttivo. Un profondo ripensamento della struttura della tassazione, che tenga anche conto del rinnovamento del sistema di protezione sociale, deve porsi l’obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi”.

Va poi “recuperato il ritardo accumulato nelle infrastrutture, sia quelle tradizionali, da rinnovare e rendere funzionali, sia quelle ad alto contenuto innovativo, come le reti di telecomunicazione, necessarie per sostenere la trasformazione tecnologica della nostra economia”. Ed è necessario migliorare “la qualità del capitale umano, affrontando i problemi di fondo del sistema scolastico, dell’università e della ricerca“. Le differenze “tra istituti e territori perpetuano e amplificano le diseguaglianze di reddito e di opportunità. Gli ambienti che accolgono gli studenti non sono in molti casi sicuri, confortevoli e tecnologicamente adeguati; la preparazione e la motivazione degli insegnanti sono essenziali”.

“Usare i fondi Ue in modo efficiente. Non sono gratis: il debito europeo è debito di tutti” – Le risorse necessarie possono venire “da una ricomposizione del bilancio pubblico, da un recupero di base imponibile e da una riduzione del premio per il rischio sui titoli di Stato, da un uso pragmatico e accorto dei fondi europei“. L’Unione, che ora discute dell’atteso Recovery fund per aiutare i Paesi nella ripresa post emergenza, “è una risorsa formidabile per i suoi cittadini. La dolorosa esperienza della pandemia rende oggi ancora più forti le ragioni, non solo economiche, dello stare insieme. I timori e i pregiudizi reciproci riemersi con la duplice crisi dello scorso decennio, e che pure a tratti sono tornati a pesare su decisioni importanti in questa fase delicata, possono essere definitivamente superati e respinti con il contributo responsabile di ognuno”.

Ma “ogni paese deve utilizzare le risorse messe a disposizione dalle istituzioni europee con pragmatismo, trasparenza e, soprattutto, in maniera efficiente. I fondi europei non potranno mai essere “gratuiti”: il debito europeo è debito di tutti e l’Italia contribuirà sempre in misura importante al finanziamento delle iniziative comunitarie, perché è la terza economia dell’Unione. Ma un’azione comune, forte e coordinata potrà proteggere e contribuire a rilanciare la capacità produttiva e l’occupazione in tutta l’economia europea.

“Si attivi circolo virtuoso tra crescita e politiche di bilancio” – In questo quadro la sostenibilità del debito pubblico, ribadisce Visco, “non è in discussione, ma il suo elevato livello in rapporto al prodotto è alimentato dal basso potenziale di crescita del Paese e al tempo stesso ne frena l’aumento”. Invece, con un tasso di crescita dell’economia compreso tra l’uno e il due per cento “e con la riduzione del differenziale di rendimento dei titoli pubblici italiani rispetto a quelli tedeschi e un avanzo primario della misura indicata sarebbe sufficiente per ridurre il peso del debito sul prodotto di circa due punti percentuali in media all’anno. Crescita e politiche di bilancio si rafforzerebbero le une con le altre, in un circolo virtuoso che il nostro paese è in grado di attivare”.

Lo sconvolgimento causato dalla pandemia “ha natura diversa da quello di una guerra mondiale”, ha concluso Visco, “ed è arduo confrontarne gli effetti. Possiamo partire però da un pensiero maturato proprio immaginando come si sarebbe potuto gestire una grande guerra. Ottant’anni fa John Maynard Keynes scriveva: “… la migliore garanzia di una conclusione rapida è un piano che consenta di resistere a lungo … un piano concepito in uno spirito di giustizia sociale, un piano che utilizzi un periodo di sacrifici generali” – verrebbe da dire, come quelli di questi nostri giorni – “non come giustificazione per rinviare riforme desiderabili, ma come un’occasione per procedere più avanti di quanto si sia fatto finora verso una riduzione delle disuguaglianze”.

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